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    DONA SUBITO! per il TERREMOTO IN TURCHIA E IN SIRIA

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  • LA FRANCIA PROLETARIA CI RISVEGLIA – LA LOTTA DI CLASSE, SE SEGUE L’ESEMPIO FRANCESE, POTREBBE RINASCERE IN EUROPA

    di Redazione

    I proletari francesi in lotta cosa chiedono? Di vivere in modo dignitoso, di lavorare in modo umano e civile e non da schiavi. Avere la possibilità di metter su famiglia, di avere una casa degna di questo nome e di andare in pensione ad un’età che non sia alle soglie della morte.

    Il proletariato, la classe sociale, che produce la ricchezza di tutte le nazioni, compresa quella francese, che sta lottando per impedire che si sposti l’età pensionabile da 62 anni a 64. Non vogliono e a ragione fare la stessa fine dei lavoratori italiani, che a causa di un sindacalismo confederale compromesso con l’ideologia e la pratica massocapitalista, ha accettato i disvalori dell’impresa privata, permettendo ai governi di “sinistra” e di destra di portare i requisiti per andare in pensione a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne ma con 41 anni di contributi, mentre la pensione di vecchiaia  cui hanno diritto tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria a 67 anni – ma  che aumenterà progressivamente se aumenta la speranza di vita –  potranno andarci se hanno un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.

    Quindi la lotta dei proletari francesi contro il presidente Macron e il governo sta mettendo in evidenza la vera funzione del presidenzialismo che è quella di favorire leggi a vantaggio dei massocapitalisti e che la “democrazia maggioritaria” in Francia, come nel resto dell’Occidente, è una presa per i fondelli nei confronti delle masse popolari.

    Ancora una volta dai proletari francesi abbiamo da imparare… che l’unica alternativa è il socialismo-comunismo.

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  • CREDIT SUISSE: quanto ci costa salvare le banche private. E perché potremmo non riuscirci

    CREDIT SUISSE: quanto ci costa salvare le banche private. E perché potremmo non riuscirci

    *i pipponi del Marrucci*

    Credit Suisse: quanto ci costa salvare le banche private. e perché potremmo non riuscirci

    “Credit Suisse vola a zurigo”, titola il sole 24 ore

    dopo lo spettacolare crollo di ieri, col titolo dell’istituto svizzero che è arrivato a metà giornata a perdere quasi il 30% per chiudere poi a -24,2%, portandosi dietro tutti i titoli bancari europei, oggi è arrivato il tanto sperato rimbalzo, con il titolo che al momento in cui registriamo questo video segna un incoraggiante +21%, e il resto dei titoli bancari tutti con segno positivo

    il tanto temuto contagio è stato, almeno momentaneamente, arginato

    e graziarcazzo

    dopo aver dichiarato pubblicamente svariate volte di non aver bisogno di nessun particolare intervento pubblico, nel pomeriggio di ieri sono cominciate a circolare voci che credit suisse stava facendo pressioni sulla banca centrale svizzera per spingerla a fare una dichiarazione pubblica in grado di rasserenare un po’ i bollenti spiriti

    l’annuncio è arrivato alle 8 di sera, a mercati europei già abbondantemente chiusi, ma con quello di new york, dove il titolo anche è quotato oltre a zurigo, ancora in pieno fermento

    “qualora fosse necessario, la banca nazionale svizzera fornirà a credit suisse la liquidità necessaria”, hanno dichiarato i regolatori elvetici in un comunicato ufficiale

    non è bastato

    per la svolta è stato necessario aspettare le due di mattina, quando a rilasciare una dichiarazione è stata credite suisse stessa

    e come sottolinea giustamente robert armstrong sul financial times, “Quando una banca annuncia alle 2 del mattino ora locale che sta prendendo in prestito dal governo, non è un buon segno. Sia nella crisi immobiliare statunitense che nella crisi del debito sovrano europeo che ne è seguita, annunci come questo hanno avuto la stessa probabilità di alimentare la paura quanto di placarla”

    a questo giro, è andata bene

    quello che credite suisse ha annunciato è che prenderà in prestito 50 miliardi di franchi svizzeri dalla banca centrale 

    in questo modo, se i correntisti continuassero a chiedere di ritirare i loro soldi, non sarebbero obbligati a vendere qualche gioiello, scaduto, di famiglia per avere il contante necessario

    una vita vissuta al limite

    il problema dei liquidi che le banche tengono in cassaforte per fare fronte alle corse agli sportelli infatti è stato esacerbato da alcuni cambi di regole degli ultimi anni

    la legge infatti stabilisce che percentuale del patrimonio le banche devono tenersi sotto forma di contante come riserva

    fino al 2012 in europa era il 2%. oggi è l’1

    negli USA, dal 2020, è 0

    e quando poi qualcosa va male, ecco che arriva il salvataggio

    il salvataggio svizzero è molto simile a quello messo in piedi negli USA dalla FED dopo il fallimento di Silicon Valley Bank per provare ad arginare almeno momentaneamente il patatrack: una marea di soldi pubblici da prendere in prestito facilmente e a condizioni più che generose

    per averli infatti,dichiara la FED, basta presentare come garanzia i famosi titoli del debito del tesoro USA clamorosamente deprezzati, e loro faranno finta che valgono molto di più di quanto non valgono realmente sul mercato

    la banca nazionale svizzera ha annunciato che lei invece come garanzia accetterà soltanto “asset di altà qualità”, ma cosa significhi concretamente nessuno al momento è in grado di dirlo

    quello che è certo, è che non c’è troppo da fidarsi

    tra i vari eventi che hanno portato al crollo in borsa di credite suisse infatti ci sono proprio i sospetti sul corretto funzionamento degli organi interni che devono valutare il vero valore delle obbligazioni che ha in pancia

    “Il Credit Suisse ha affermato di aver identificato “debolezze sostanziali” nei suoi controlli interni sulla rendicontazione finanziaria”, titolava pochi giorni fa sempre il financial times. “l’ultimo colpo a una banca che lotta per risollevare le proprie sorti”, commentava

    ad aver individuato queste “debolezze sostanziali” era stata price waterhouse cooper, il suo revisore

    “la direzione non ha progettato e mantenuto controlli efficaci sulla completezza e sulla classificazione e presentazione degli elementi non monetari nel rendiconto finanziario consolidato”, avevano dichiarato

    insomma, i numeri che risultavano sulla carta, non erano affidabili

    ma oggi è il giorno dei pompieri, e non c’è spazio per andare troppo per il sottile

    affidarsi alle tranquillizzazione di banche, regolatori e sedicenti controllori non si è rivelato sempre proprio saggissimo

    negare anche l’evidenza, è la norma

    per poi rimangiarsi regolarmente tutto

    oggi ad esempio la missione è sostenere che credit suisse non è silicon valley bank, e che quella banca non è saltata perchè c’è qualcosa nel sistema che si è rotto, ma perchè era spazzatura

    fino a pochi giorni fa, la pensavano diversamente 

    secondo moody, una delle tre grandi sorelle del rating, infatti, ancora una settimana fa Silicon Valley Bank valeva un bel A3, e cioè, “basso rischio di credito”

    la buona notizia è che evidentemente, nel tempo, sono migliorati

    fino al giorno prima del crack di Lehman, infatti, il rating di Moody era A2, che è il gradino immediatamente superiore a quello di silicon valley bank

    d’altronde, il management era in buona parte lo stesso. joseph gentile, direttore amministrativo di SVB, prima di raggiungere l’istituto di santa clara, fino al 2007, era stato direttore di una divisione di Lehman

    la linea della difesa comunque è chiara: i due episodi, quello delle banche regionali USA e quello di credit suisse, sono del tutto scollegati, e dipendono da alcuni errori circoscritti facilmente arginabili

    è quello che sostiene con toni che fanno quasi tenerezza il vicedirettore del corriere Daniele Manca

    in California, sostiene Manca, “non hanno capito che con i tassi che aumentano le strategie devono cambiare”

    in Svizzera invece, “era chiaro che inanellare nel giro di un paio d’anni investimenti sbagliati. perdite, fuga dai depositi e dalle gestioni, bilanci da chiarire, poteva avere conseguenze”. soprattutto quando, sottolinea il vicedirettore, hai a che far con “l’ingresso di azionisti mediorentali ricchi quanto poco accorti”

    gli investitori ricchi sono, come sapete, i sauditi, che dopo essere stati coccolati per decenni, da quando hanno osato affrontare l’occidente disertando prima la campagna di arruolamento dell’occidente globale nella guerra contro il resto del mondo, e poi addirittura tornando a parlare di pace e negoziati con l’eterno nemico iraniano, e per di più con la mediazione cinese, sono improvvisamente diventati “poco accorti”

    e a puntare il dito sui sauditi sono proprio tutti, all’unisono

    i sauditi infatti da qualche mese, da quando cioè l’istituto dopo anni di crisi è stato costretto a ricapitalizzarsi, con il 9,9% sono i principali azionisti della banca

    intervistati mercoledi mattina da Bloomberg, alla domanda se avessero intenzione, qualora fosse necessario, di aumentare ulteriormente la loro esposizione, hanno risposto con un laconico “assolutamente no”

    secondo tutti gli analisti, è stata la mazzata decisiva

    certo, gli basta poco

    come hanno ricordato i sauditi infatti, per gli azionisti che superano il 10% scattano tutta una serie di regole aggiuntive sia in svizzera, che in arabia saudita, che alla borsa di new york. e i sauditi che non volevano superare quella soglia l’hanno sempre affermato piuttosto chiaramente. senza nemmeno un posto nel cda, come riporta anche reuters, i sauditi hanno sempre “descritto questo investimento come meramente opportunistico, e che sarebbero usciti una volta acquisito il giusto valore delle azioni”

    insomma, le affermazioni dei sauditi, che siano o state meno il vero innesco, non sono altro che una scusa

    come osserva giustamente sempre armstrong sul financial times, le crisi di questi giorni sono tutte chiaramente collegate tra loro. “Ad un certo punto in ogni ciclo di aumento dei tassi della banca centrale, le cose si rompono e le persone si spaventano. E quella paura cerca un ospite. SVB ha rotto, la paura è stata rilasciata e il Credit Suisse è stato l’obiettivo più debole”

    come ricorda Armstrong infatti, la fuga da credit suisse ha radici piuttosto profonde

    la controllata di credit suisse che si occupa di gestione patrimoniale, nel solo 2022, ha visto crollare il patrimonio di oltre il 27%

    i depositi presso la banca, solo nel quarto trimestre dell’anno scorso, addirittura del 37

    e dopo il fallimento di Silicon Valley Bank, i credit default swap, gli strumenti finanziari che assicurano gli investitori dal rischio di insolvenza, e che quindi più costano, più significa che il mercato crede sia imminente un fallimento, hanno raggiunto la cifra stratosferica di 550 punti base. il record precedente risaliva ad ottobre, quando avevano raggiunto quota 350

    una preda predestinata

    ora, che la vicenda silicon valley bank e quella credit suisse siano molto diverse tra loro è chiaramente pacifico

    come è pacifico che in entrambi casi ci siano delle responsabilità specifiche, e anche degli errori che con qualche accortezza in più nel prossimo futuro possono essere scongiurati

    ma pretendere di farci credere che la concomitanza dei due eventi, il fatto che si siano portati dietro in un batter d’occhio i titoli di tutto il settore, e la prontezza con cui i governi c’hanno voluto mettere una toppa, con i quattrini nostri, siano niente più che piccole crepe in un sistema tutto sommato solido, è sinceramente patetica

    la rassicurazione principale che ci viene rivogata è che le grandi banche europee e americane sono molto più solide di quanto non lo fossero nel 2008

    allora infatti a tenere in piedi i bilanci era una montagna di spazzatura: un castello di carta che si appoggiava su mutui fraudolenti concessi a persone che chiaramente non sarebbero state in grado di pagare e sulla base di valutazioni dei valori degli immobili che dire gonfiati è dire poco

    ora invece a tenere in piedi i bilanci delle banche ci sono asset decisamente più solidi: i titoli del debito pubblico

    ma da diversi punti di vista, la sostanza non cambia, e da un certo punto di vista, potrebbe essere anche peggio

    come scrive il nostro Michael Hudson, “le insolvenze di questi giorni potrebbero essere molto più serie del crash del 2008”

    quello che non cambia, è che ora come allora i conti delle banche sono fasulli

    come i prodotti finanziari spazzatura non avevano minimamente il valore riportato in bilancio, che non teneva conto di quanto facilmente sarebbero arrivati a valere zero al primo soffio di vento, così anche le obbligazioni, che in bilancio vengono riportate con valori che sono fino al 50% superiori a quelle reali di mercato da quando è partita la corsa al rialzo dei tassi di interesse

    ora, ovviamente i titoli di stato deprezzati sono meglio dei prodotti spazzatura del 2008

    per fare pulizia dei titoli spazzatura nel 2008 il compagno Bush regalò alle banche 700 miliardi di soldi pubblici

    ma almeno, una volta tolta di mezzo la spazzatura, il sistema poteva ritrovare la sua sostenibilità

    ora invece, per evitare che gli asset delle banche continuino a crollare, bisognerebbe abbassare i tassi di interesse

    ma con l’inflazione che non accenna a dare tregua, non ci pensano nemmeno

    giusto pochi minuti fa, la BCE ha confermato il tanto atteso ulteriore aumento di 50 punti base, che vista la maretta di questi giorni qualcuno aveva cominciato a mettere in discussione

    insomma, siamo dentro a un vicolo cieco

    come ha scritto anche Larry Fink, presidente di BlackRock, nella lettera annuale agli investitori, è “il prezzo che stiamo pagando per un decennio abbondante di soldi facili”

    dopo le banche regionali USA, sostiene Fink, potrebbe arrivare a breve il turno di un altro tassello del domino: “ i fondi investiti in investimenti illiquidi, come private equity, immobili e credito privato. in particolare se hanno utilizzato denaro preso in prestito per aumentare i rendimenti”

    ma è comunque difficile pensare nel futuro a un ritorno ai tassi bassi

    Fink infatti elenca una serie di fattori che rendono l’inflazione strutturale: dalle tensioni geopolitiche, alla frammentazione dei mercati

    “I leader nei settori pubblico e privato stanno essenzialmente scambiando efficienza e costi inferiori per la resilienza e la sicurezza nazionale”, ha scritto. “L’inflazione persisterà e sarà più difficile da domare per i banchieri. Di conseguenza, credo che sia più probabile che l’inflazione rimanga vicina al 3,5% o al 4% nei prossimi anni”.

    Come prevedeva giustamente l’economist a inizio anno, è il new normal: inflazione sostenuta, tassi alti, e crescita economica bye bye

    con un debito pubblico e privato a livelli mai visti infatti, sarà già difficile pagare gli interessi su quello che già abbiamo. farne di nuovo per investimenti, sarà una chimera

    nel frattempo Goldman Sachs rivede le stime sulla crescita del pil cinese: dal 5,5, al 6%

    a novembre la stima era ferma al 4,5

    “la ripartenza e le riaperture post covid sono state molto più rapide del previsto”, scrivono

    l’occidente unito in guerra contro il resto del mondo e al servizio delle sue banche avanza trionfante

    nel frattempo, se non vi fidate più della vostra banca e non sapete dove mettere i soldini, abbiamo la soluzione che fa per voi: aderite alla campagna di sottoscrizione di ottolinatv su gofundme e paypal

    i quattrini li perderete lo stesso, ma almeno avrete un media che sta dalla parte del 99%

    #CrediteSuisse #SVB #Crisieconomica #CrackBank

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  • ARRIVA STANOTTE NEL PORTO DI PIOMBINO LA NAVE RIGASSIGICATRICE GOLAR TUNDRA

    ARRIVA STANOTTE NEL PORTO DI PIOMBINO LA NAVE RIGASSIGICATRICE GOLAR TUNDRA

    di Paola Baiocchi

    La manifestazione contro il rigassificatore a Piombino, l’11 marzo scorso

    Lunga 293 metri e larga 47, la nave Golar Tundra acquistata da Snam, inizierà le operazioni di manovra per entrare nel porto dopo la partenza dell’ultimo traghetto per l’Elba alle 22.30 e attraccherà alla banchina est della darsena nord entro le due ore successive. Date le dimensioni della nave per tutta la durata delle operazioni il porto toscano sarà interdetto alla navigazione.

    Secondo gli accordo sottoscritti la nave proveniente da Singapore, ridipinta di blu elettrico e rosso pomodoro per mitigare l’impatto ambientale (!) come richiesto dalla Soprintendenza, rimarrà ormeggiata per tre anni. Sono ancora in corso i lavori di costruzione della condotta che collegherà la Golar Tundra alla rete nazionale del gas, ma si prevede che saranno finiti e che la condotta sarà agganciata alla nave entro la metà d’aprile.

    Entro maggio i serbatoi del rigassificatore saranno riempiti con 170mila metri cubi di gas liquido, riforniti da nave metaniere: L’impianto dovrebbe fornire cinque miliardi di metri cubi l’anno.

    Le proteste dei cittadini, organizzati in un comitato che aderisce alla Rete nazionale No Rigass No Gnl e alla campagna “Per il Clima, fuori dal fossile”, continueranno perché la presenza della Golar Tundra in porto, a solo 500 metri dall’abitato, è un reale rischio: in caso di incidente sarà l’intera città di Piombino ad essere colpita, con un effetto esponenzialmente maggiore della strage di Viareggio del 29 giugno 2009 in cui, a causa dell’esplosione di una cisterna contenente GPL, morirono 32 persone.

    Restano nebulosi poi i presunti vantaggi promessi dal presidente PD della Regione Toscana, Eugenio Giani – nominato commissario per il rigassificatore – : sono infatti da quantificare le compensazioni che Giani aveva riunito in un Memorandum inviato al governo. Dagli sconti in bolletta per i cittadini ai soldi per le bonifiche dell’area delle acciaierie, fino agli impianti di energie rinnovabili. Per cui cittadini si sentono due volte ingannati e trattati come “materiale sacrificabile” di fronte “all’emergenza nazionale”.

    Nei prossimi giorni (entro il 24 marzo), Snam dovrà invece indicare – come da accordi con Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana e commissario per il rigassificatore – la destinazione finale della Golar Tundra, dopo i tre anni di permanenza nel porto di Piombino. Lo stesso Giani ha anticipato che sarà, con tutta probabilità, nel mare Adriatico, tanto che molti hanno pensato a un affiancamento alla nave rigassificatrice offshore che sarà posizionata al largo di Ravenna.

  • MANDATO DI ARRESTO PER PUTIN. TRIONFO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE O SOLITO VECCHIO DOPPIO STANDARD?

    MANDATO DI ARRESTO PER PUTIN. TRIONFO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE O SOLITO VECCHIO DOPPIO STANDARD?

    *i pipponi STRAORDINARI del Marrucci*

    mandato di arresto per Putin. trionfo del diritto internazionale o solito vecchio doppio standard?

    per l’internazionale suprematista oggi è giornata di festa

    “crimini di guerra, arrestate putin”, titola la Repubblichina

    il riferimento come sapete è al mandato di cattura emesso dalla corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin, accusato di essere responsabile della deportazione di migliaia di bambini ucraini

    “una decisione che era nell’aria da un po’, ma che è stata anticipata per interrompere la prosecuzione del reato”, commenta sempre la Repubblichina

    il mandato è scattato dopo un’indagine condotta sul campo direttamente dal procuratore capo della corte, l’avvocato inglese Karim Khan, coadiuvato da un team di investigatori coordinati da EuroJust, L’unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea 

    le prove raccolte dimostrerebbero “con ragionevolezza”, notare bene, “con ragionevolezza”, scrivono proprio così, che un numero imprecisato di bambini ucraini ospiti di orfanotrofi, case famiglia ed altri istituti dei servizi sociali sarebbero stati trasferiti illegalmente in Russia e affidati a famiglie russe

    ora, intendiamoci, che forze armate e governo russi da quando è iniziata l’operazione speciale in Ucraina si siano macchiati di una quantità incalcolabile di crimini è piuttosto pacifico

    a parte alcune rarissime eccezioni, è la guerra stessa, in punta di diritto internazionale, ad essere sostanzialmente sempre di per sé un crimine, e la stragrande maggioranza delle singole azioni che vengono effettuate per condurla concretamente ancora di più

    ma ad essere perseguiti, per forza di cose, sono solo una piccolissima parte dei crimini commessi

    quindi inevitabilmente diventa derimente chiedersi chi condanna chi in base a cosa e con quali obiettivi

    in questo caso, riassumendo, come dichiarato dalla corte stessa, ci troviamo di fronte a un mandato emanato con tempistica dettata da motivazioni politiche, seguito a indagini condotte da investigatori che provengono da stati direttamente coinvolti nel conflitto e sulla parte opposta della barricata, e che proverebbero “con ragionevolezza” un determinato crimine

    in qualsiasi tribunale occidentale , assistiti da un buono studio legale, si fanno saltare processi per decisamente molto meno

    d’altronde, non dovrebbe stupire

    per avere un’idea di massima sulle garanzie di imparzialità che la corte penale internazionale è riuscita a fornire dalla sua fondazione, basta andarsi a rileggere quanto scriveva ormai oltre 10 anni fa il compianto Danilo Zolo, giurista di fama internazionale, e probabilmente insieme a norberto bobbio e luigi ferrajoli, il filosofo del diritto italiano più autorevole di sempre

    nel 2011, intervistato dall’ISPI, l’istituto per gli studi di politica internazionale, Zolo ricordava come “il procuratore generale della corte penale internazionale si è finora distinto per il suo ossequio nei confronti delle potenze occidentali, anzitutto Stati Uniti e Gran Bretagna”

    nel mirino in particolare il comportamento adottato nei confronti degli innumerevoli crimini di guerra effettuati nel corso dell’invasione illegale dell’Iraq nel 2003

    Zolo ricorda come il procutore “non ha esitato ad archiviare ben 240 denuncie formalmente presentate alla Procura contro i crimini commessi in Iraq dalle truppe angloamericane nel 2003”

    ma non solo

    “il procuratore”, continua Zolo, “non ha avviato alcuna indagine ed è ricorso ad una motivazione grottesca per l’archiviazione delle denunce. Secondo il procuratore infatti non tenevano conto dell’assenza di qualsiasi “intenzione dolosa” da parte delle milizie anglo-americane che avevano aggredito e poi occupato l’Iraq. A suo parere la strage di decine di migliaia di persone innocenti era stata involontaria”

    dopo l’Iraq, fu il turno del Sudan, con l’incriminazione e la condanna di Omar Al-Bashir, che come ricorda Zolo, “giuristi autorevoli e ben informati come Antonio Cassese hanno giudicato del tutto infondata”

    secondo Zolo, “un’operazione voluta dagli Stati Uniti, che avevano preteso e ottenuto in cambio che i militari e i civili statunitensi presenti in Sudan venissero sottratti alla giurisdizione della Corte”

    “siamo ancora una volta”, commenta Zolo, “di fronte ad una giustizia al servizio delle grandi potenze del pianeta: una “giustizia dei vincitori””

    prima del Sudan, la corte era anche intervenuta a gamba tesa nella crisi libica. in quel caso, secondo Zolo, “Si trattava di dare un aspetto di legalità internazionale ad una guerra di aggressione totalmente contraria alla Carta delle Nazioni Unite”

    in questo caso la richiesta di intervento della corte da parte degli USA fu del tutto esplicita, nonostante, vale sempre la pena ricordarlo, gli USA siano i primi a non riconoscerne la giurisdizione, insieme a Russia, Cina e Israele

    come ricorda Zolo, a chiedere esplicitamente l’intervento della corte in questo caso fu l’allora rappresentante USA alle nazioni unite Susan Rice. Era il 26 febbraio 2011. 5 giorni dopo, sottolineo 5 GIORNI DOPO, la corte emanava un mandato di cattura per 8 cittadini libici, tra cui Gheddafi stesso, il figlio Saif Al Islam, e il capo dell’intelligence Abdullah al Senoussi. ““Le prove sono enormi”, aveva solennemente dichiarato il procuratore” ricorda Zolo, che però sottolinea come non sia mai stato in grado “minimamente di indicare le ragioni della sua certezza”

    strumento indispensabile per affermare il primato del diritto internazionale nelle controversie globali, a causa dell’esercizio spregiudicato della capacità di influenza da parte dello strapotere politico e militare degli USA, e al servilismo dei loro alleati, la corte penale internazionale non ha fatto che screditare l’idea stessa che possa esistere un ordine internazionale basato sul diritto invece che sull’arbitrio e sui rapporti di forza

    le sentenze della corte penale internazionale, sin dalle sue origini, non sono state altro che parte integrante dell’arsenale della propaganda suprematista, e che mano a mano che questa supremazia prende botte e schiaffi da ogni angolo, rischiano di rasentare il ridicolo

    il mandato di cattura nei confronti di Putin è l’ennesima brutta notizia per tutti quelli che ancora sperano di poter evitare la chiamata globale alle armi riaffermando il primato del diritto e il suo esercizio autorevole e imparziale

    nel frattempo, se queste sono le armi rimaste a disposizione dell’occidente globale nella sua guerra senza frontiere al resto del mondo, Putin può continuare a dormire sonni tranquilli

    intanto per lunedi è atteso l’arrivo di Xi Jinping a Mosca

    “Salvaguardare la pace nel mondo e promuovere lo sviluppo comune è il nostro obiettivo di politica estera” ha dichiarato Wang Wenbin, portavoce del ministero degli esteri di Pechino

    “Crediamo sempre che il dialogo politico sia l’unico modo per risolvere conflitti e controversie”, continua Wenbin, “Soffiare sul fuoco, alimentare il conflitto ed esercitare la massima pressione non faranno che alimentare la tensione e peggiorare le cose”

    un approccio che appena una settimana fa, guidati dall’autorevole mediazione cinese, ha portato sauditi e iraniani a riprendere la via del dialogo dopo 40 anni di guerra fredda

    è l’unica speranza concreta che abbiamo

    speriamo che le boutade di una corte priva di ogni credibilità e autorevolezza non rappresentino un ostacolo insormontabile

    di tutto questo parleremo domenica 19 marzo alle 21 in diretta su tutti i nostri canali social con Francesco Dall’Aglio

    mentre sulla visita di Xi a Mosca torneremo approfonditamente lunedi prossimo alle 18 e 30 con un altro bel pippone, e poi in diretta sempre lunedi alle 21 nella nuova puntata di Mondocina

    nel frattempo, se anche voi tifate per chi vuole riaffermare il diritto internazionale e non per chi lo trasforma ogni giorno di più in una barzelletta che non fa manco ridere, aiutateci a costruire il primo media che tifa sempre e comunque pace e amore per il 99%

    aderite alla campagna di sottoscrizione di ottolinatv su GoFundMe ( https://gofund.me/c17aa5e6 ) e su PayPal ( https://www.paypal.com/donate/… ) 

    e chi non aderisce è Carla del Ponte

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  • DUE INDIZI FANNO UNA PROVA?

    DUE INDIZI FANNO UNA PROVA?

    A CURA DELLA REDAZIONE DI RADIO GRAD, RADIO SONAR E RADIO QUARANTENA

    Venerdì 17 marzo 2023: Due indizi fanno una prova? – Sul fallimento di Credit Suisse e sulle prospettive sistemiche

    Diceva Poirot: un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi è una prova. Dopo il fallimento di SVP e Signature anche in Europa compare lo spettro dei crack delle banche. E’ il turno della svizzera che inonda di panico tutto il settore del vecchio continente. Anche i manager di grandi gruppi ammettono che questo potrebbe essere solo l’inizio di una storia sconosciuta.

  • LA CASSAZIONE HA ANNULLATO LE CONDANNE DEI DUE STATUNITENSI PER L’OMICIDIO DEL CARABINIERE CERCIELLO REGA

    LA CASSAZIONE HA ANNULLATO LE  CONDANNE DEI DUE STATUNITENSI PER L’OMICIDIO DEL CARABINIERE CERCIELLO REGA

    di Redazione

    La decisione della Suprema Corte di Cassazione è arrivata ieri in tarda serata: ci sarà un processo bis per Lee Finnegan Elder e Gabriel Natale Hjorth, i due giovani statunitensi accusati di omicidio in concorso per il delitto commesso nei confronti del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate.

    Attenderemo la deposizione delle motivazioni prima di dare un giudizio definitivo sul pronunciamento della Cassazione che ribalta la sentenza della Corte d’Assise che aveva condannato i due statunitensi a 24 e 22 anni.

    Comunque già ora questo completo ribaltamento ci mette in allerta perché quando ad essere accusati di qualche delitto sono dei cittadini statunitensi abbiamo già visto la giustizia del nostro ossequioso paese mettersi sull’attenti e trovare tutti i possibili cavilli per permettere ai cittadini del vertice dell’impero di farla franca, come nel caso della strage della funivia del Cermis dove piloti di caccia USA uccisero, nel 1998 venti persone, perché fecero delle acrobazie non consentite. Ma gli asserviti politici della seconda Repubblica permisero che i quattro marines se ne andassero dall’Italia e vennissero processati ed assolti dalla Corte marziale americana.

    Se dovesse accadere ciò che abbiamo paventato sarebbe l’ulteriore dimostrazione che ci siamo giocati la libertà che i nostri nonni e padri si sono conquistati con la lotta di Liberazione dal nazifascismo e che siamo stati di nuovo occupati. Una volta cacciate le truppe naziste e i fascisti nostrani non ci siamo accorti che nel contempo gli angloamericani ci stavano occupando il paese e ci imponevano le loro regole.

    Forse, come popolo, dobbiamo andare da un buon oculista, visto che non riusciamo a vedere cosa ci accade sotto il naso. Che la perdita della vista sia causata dal fatto che stiamo troppo tempo davanti alla televisione?

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  • INTERVISTA AL GENERALE FABIO MINI

    INTERVISTA AL GENERALE FABIO MINI

    di Redazione

    Questa intervista è di vitale importanza per capire la guerra in cui noi europei ci siamo cacciati grazie alla sudditanza, dei nostri politici, agli interessi USA/NATO. Facciamone tesoro anche per comprendere che per battere i disegni geopolitici dei massocapitalisti USA/NATO occorre una presa di coscienza che va oltre i livelli raggiunti da chi lotta attualmente per la pace.

    Secondo noi serve la creazione di un vastissimo fronte anticapitalista, perché questa è una guerra fatta da una esigua minoranza, che agisce in nome della proprietà privata e delle sue barbare logiche. Contro la barbarie massocapitalista serve comprendere l’insegnamento portato a tutti noi dalla Rivoluzione bolscevica del 1917 che dimostrò inequivocabilmente come si deve operare per giungere alla pace. Serve la forza e la determinazione delle masse proletarie e del suo Partito Comunista per giungere a far girare le armi dei militari contro chi fomenta le guerre: i massocapitalisti. Solo un progetto di società basata sull’eguaglianza, quindi comunista, può impedire che il massacro di russi e ucraini continui.

    Lenin e i bolscevichi, egemoni tra i militari, con le parole d’ordine rivoluzionarie PACE, LAVORO e TERRA AI CONTADINI fecero uscire la Russia dal conflitto e obbligarono i massocapitalisti, per paura della diffusione della Rivoluzione, a porre termine alla prima guerra mondiale.

    Per il loro vero e rivoluzionario pacifismo i comunisti sono odiati dai guerrafondai. La Cina comunista da quando è nata non ha mai aggredito nessun paese. Mentre gli Stati Uniti hanno fatto guerre sia a casa loro che in tutto il mondo per il 93% del tempo, dalla loro creazione nel 1776, vale a dire per 230 dei 247 anni della loro esistenza. Questi sono i fatti.

    Generale Fabio Mini a l’AD: “La guerra permanente in Europa è lo scenario preferito dagli Stati Uniti”


    di Alessandro Bianchi tratto da www.lantidiplomatico.it


    “Per gli Usa la guerra permanente in Europa con uno o più stati che si offrano volontari per alimentarla a tempo indeterminato ha il doppio vantaggio di tenere impegnati gli europei contro la Russia e distoglierla dall’asse con Pechino. Ma, come ho scritto nel libro, i “volontari” per la guerra infinita cominciano a scarseggiare, a partire da quelli da inviare al fronte”. Così a l’AntiDiplomatico risponde il generale Fabio Mini, autore di “L’Europa in guerra” (Paper First, 2023), alla domanda sul ruolo degli Stati Uniti nelle possibili trattative di pace prossime future.

    Mini, una delle voci più coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all’atteggiamento europeo verso il conflitto in corso, è riuscito, con i suoi articoli su Limes e il Fatto Quotidiano, a rompere la propaganda dominante. Quella propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta portando il nostro continente ad un passo da un baratro sempre più visibile.

    Generale del suo ultimo libro mi ha colpito molto il titolo: “L’Europa in guerra”. Lei ha il coraggio di dirlo chiaramente, nonostante l’informazione tenti di mascherarlo ogni giorno con voli pindarici a volte surreali. Con l’invio delle armi all’Ucraina, l’Italia e l’Unione Europea in generale hanno scelto uno status di belligerante attivo?

    Lo status di cobelligeranza europea non sta soltanto nell’invio di armi e non sta nel tempo del conflitto attivo. La guerra ucraina è iniziata in Donbass con la formula della guerra al terrorismo russofono. In questa guerra combattuta con le armi della repressione interna, della guerra civile, dei massacri di persone innocenti l’Europa si è schierata con il governo ucraino fin dall’inizio e ancor prima che cominciasse. L’Europa ha pensato che fosse “soltanto” una questione interna e comunque ha imposto sanzioni, fornito armi, riequipaggiato e ristrutturato l’esercito ucraino distrutto dagli autonomisti nel 2015. Ha esercitato attivamente l’indifferenza per le popolazioni colpite e sostenuto un regime ucraino costituito da coloro che fino ad un giorno prima considerava dei pericolosi neo-nazisti. Ha attivato tutti i canali di guerra psicologica e guerra cyber. Ha imposto la censura di guerra alle popolazioni europee e alimentato le milizie di mercenari e “volontari” internazionali. Di fronte a queste azioni di guerra l’invio di armi è quasi insignificante anche se rappresenta la maggior parte del contributo occidentale.


    In un passaggio molto importante del suo libro Lei scrive ‘la vulgata di moda è sempre la stessa: l’Occidente combatte per il bene e per la democrazia contro il male e l’autocrazia, per la libertà e i diritti umani e per la prosperità contro la dittatura, gli abusi e la povertà. Combatte perché è giusto che sia così: perché esiste un destino manifesto e un popolo eletto, un egemone e tanti vassalli’.  Non crede che il conflitto in Ucraina abbia però dato all’occidente il messaggio chiaro che il resto del mondo non accetti più questa dicotomia autoproclamata?

    Verissimo. Ma questo Occidente non sembra averlo ancora capito. La prima risoluzione dell’assemblea dell’Onu del 2022 sulla condanna della guerra vide l’astensione dei paesi rappresentanti i tre quarti del mondo e ci fu presentata come una vittoria del Bene sul Male. Da allora gli Usa e l’Unione Europea hanno alimentato la guerra in Ucraina e cercato di convincere almeno uno di tali paesi a rivedere la propria posizione. Anche la seconda risoluzione a distanza di un anno ci è stata presentata come una vittoria corale. In realtà non solo ha confermato la prima ma ha ulteriormente rafforzato il fronte degli astenuti segnando il fallimento delle pressioni, promesse, corteggiamenti e minacce esercitate dal cosiddetto Occidente sul resto del mondo.  


    Sulle origini del conflitto nel 2014 non è il caso di tornare. Le ha brillantemente messe in luce in più occasioni anche nei suoi articoli per il Fatto Quotidiano. Concentriamoci sulle possibili alternative per porvi fine a partire dalla proposta cinese in 12 punti. Nel suo ultimo scritto delinea cinque principi e 10 piani d’azione per “riaccendere la speranza” con la premessa che solo un primo passo tra Russia e Stati Uniti possa sbloccare la situazione. L’attuale amministrazione Usa pensa che voglia veramente accenderla quella speranza?

    Francamente No. Ma ci sono condizioni che superano anche la volontà dei governanti. Non mi riferisco alla volontà popolare di cui si riempiono la bocca i cosiddetti campioni di democrazia che la indirizzano dove vogliono con i sondaggi pilotati e le “intenzioni di voto”. Mi riferisco innanzitutto agli effetti della guerra sui loro stessi interessi. Gli Usa hanno facilmente convinto gli alleati e gli europei che la guerra sarebbe durata poco e che quella economica avrebbe spianato la Russia. Così non è stato e il presidente Biden non è più sicuro di poter giocare la carta della vittoria e del depotenziamento russo entro l’anno. Rimane la carta del grande business della ricostruzione che in effetti può dare una mano all’economia statunitense ed europea in palese affanno. Ma anche questa non coincide con l’orizzonte elettorale di Biden e del collasso economico euroatlantico. Paradossalmente gli affari della ricostruzione e quelli del riarmo europeo potrebbero indurre a sospendere le operazioni in Ucraina per il tempo necessario per iniziare a ricostruire e a riarmarsi per poi tornare a distruggere. È un ciclo diabolico, ma se riflettiamo bene è già in atto in tutto il mondo su scala secolare. L’attuale guerra in Europa può averlo accorciato ma non interrotto.



    Dei principi che lei elencava uno in particolare credo sia il vero centro della questione nel medio-lungo periodo. “La soluzione del conflitto deve permettere d’instaurare un nuovo assetto della sicurezza in Europa che non poggi esclusivamente sulle minacce armate e che tenda alla rimozione di tutte le cause e i pretesti di conflitti territoriali.” Senza un progetto di sicurezza che inglobi le richieste russe in un quadro generale il nostro continente è destinato a decenni di destabilizzazioni?

    Certo, questo è lo scenario più plausibile e quello preferito dall’Occidente. Per gli Usa la guerra permanente in Europa con uno o più stati che si offrano volontari per alimentarla a tempo indeterminato ha il doppio vantaggio di tenere impegnati gli europei contro la Russia e distoglierla dall’asse con Pechino. Ma, come ho scritto nel libro, i “volontari” per la guerra infinita cominciano a scarseggiare, a partire da quelli da inviare al fronte.


    Sul campo di battaglia al momento il nucleo delle operazioni è la città di Bakmut che l’Ucraina ha deciso di difendere a costo di enormi danni in termini di vite umane. E’ così importante strategicamente? E cosa permetterebbe ai russi la sua conquista?

    Quasi niente. Bakmut è un simbolo di tutto il Donbass, come lo era Mariupol, che è stata distrutta, conquistata ed ora viene ricostruita dai russi nonostante il conflitto. In termini economici Bakmut rappresenta uno dei diversi centri importanti non tanto e non solo per la Russia e l’Ucraina ma soprattutto per l’indipendenza e l’autonomia delle autoproclamate repubbliche. Ecco perché è stato pesantemente distrutto. Le repubbliche si sono appoggiate ai russi, ma non è detto che vogliano diventarne un bacino di sfruttamento come lo erano per l’Ucraina o l’Urss. C’è poi l’aspetto militare: a Bakmut sta combattendo il gruppo Wagner che ha armamenti leggeri mentre l’esercito russo si sta preparando ad avanzare e nel frattempo martella da lontano tutta l’Ucraina. Il generale Inverno questa volta si è disimpegnato. Il classico gelo invernale che avrebbe consentito l’avanzata di carri su terreno duro non si è verificato e il fango della Rasputina è già all’opera. I carri occidentali con le loro 70 tonnellate sono già in crisi. Basta un affondamento dei cingoli di una ventina di centimetri per far toccare la pancia a terra e impedire il movimento. Devono muoversi sulle strade e questo li rende più vulnerabili.  I carri russi meno pesanti avrebbero maggiori chances ma più l’Ucraina è impegnata a Bakmut, più tempo viene concesso per la preparazione di un’offensiva. Da una parte e dall’altra.


    Generale stiamo assistendo con apprensione anche a quello che accade in un’altra linea rossa per Mosca. In Georgia c’è il rischio concreto dell’apertura di un secondo fronte?

    È quello che vogliono Usa e alleati. È una trappola ma anche in questo caso la Russia potrebbe essere indotta a ficcarcisi dentro. La probabilità che in Georgia e in Transnistria l’Occidente stia bluffando e che all’atto pratico gli Usa non interverrebbero, come già avvenuto nel passato, è molto allettante. E se non fosse un bluff alla Russia rimarrebbe sempre l’opzione del conflitto diretto con la Nato che, contrariamente a quanto pensano i suoi strateghi, non potrà limitarsi allo scontro “convenzionale”.



    Generale oggi è tornata di moda l’espressione “nuovo ordine mondiale”. I non allineati possono tornare ad avere nelle crisi attuali un ruolo comparabile ai tempi della conferenza di Bandung del 1955? Quali altri blocchi si possono prospettare come alleanze alternative e come potenze di pace e negoziali nelle crisi?

    Non credo che si riproponga un movimento di non allineati come quello di Bandung che tuttavia contribuì indirettamente all’equilibro dei blocchi contrapposti. Non solo per le differenze politiche dei vari stati “non allineati”, ma perché di fatto non c’è bisogno di una struttura e nemmeno di una ideologia per astenersi. Così come non c’è bisogno di trattati e alleanze e relativi vincoli per esprimere il proprio dissenso. Questo è ancora l’approccio perseguito dagli Usa, dalla Nato e dall’Unione Europea. Ed è “vecchio”. Il nuovo ordine mondiale non sarà deciso a New York , Washington o Bruxelles. Russia, Cina, India, Brasile, Argentina, Sudafrica, Paesi arabi e mediorientali e altre decine di paesi che rappresentano i tre quarti del Mondo in termini di popolazione e quasi il 90% delle risorse economiche sono già una realtà che non collima con l’idea dei blocchi. E non è nemmeno un segnale di caos perché offrono alternative indipendenti dai diktat dei capibastone. Il cosiddetto Nuovo Ordine è soltanto la presa di coscienza di questa realtà.


    La pacificazione in Medio Oriente in corso, frutto del ritiro Usa e del ruolo diplomatico cinese, ha visto un passaggio chiave con l’accordo di Iran e Arabia Saudita a riprendere relazioni diplomatiche. Che tipo di ripercussioni tutto questo potrà avere sul conflitto in Europa?

    Ho i miei dubbi sul fatto che si tratti di pacificazione, di ritiro di qualcuno e ruolo diplomatico di qualcun altro. A prescindere dalle pressioni esterne l’accordo dimostra che le parti in causa hanno riconosciuto l’insensatezza delle rispettive posizioni ideologiche e le hanno volute accantonare di fronte ai propri interessi. È anche la dimostrazione che gli accordi e gli schieramenti politici lineari e simmetrici non rappresentano più la realtà e non “sigillano” più nessuno. È la dimostrazione che con questa logica le opportunità di cooperazione si ampliano rispetto a quelle del conflitto permanente che ci viene propinato da un secolo.

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  • ARMAGEDDON CRIME. IL TITANO D’EUROPA E LA TERZA ROMA

    ARMAGEDDON CRIME. IL TITANO D’EUROPA E LA TERZA ROMA

    di Redazione

    Questo è l’ultimo saggio dell’ex magistrato Carlo Palermo di cui pubblichiamo l’introduzione come stimolo all’acquisto. Questo saggio fa sintesi e approfondisce il lavoro contenuto nei precedenti volumi LA BESTIA, X DAY, IL PATTO, su come funziona il sistema di potere mondiale, che è anche un potere criminale, quello che il duo Marx-Engels definirono come dittatura della borghesia.

    Una dittatura che è sintesi di un processo interno alle dinamiche del vertice del potere basato sulla proprietà privata e dalla selettiva concorrenza e che si avvale di credenze religiose e pratiche esoteriche funzionali per il raggiungimento del suo disegno antidemocratico.

    Questa forma di potere folle e disumano opera anche nelle cosiddette democrazie attraverso un sistema parallelo a quello visibile che determina il controllo di ogni Stato basato sulla proprietà privata e sul modo di produzione capitalistico e che noi comunisti definiamo massocapitalismo.

    Introduzione

    di Carlo Palermo

    Il mondo mostra i segni del più catastrofico suo declino. Nessuno, però, pare interessato a individuarne la causa, i responsabili, gli eventuali possibili rimedi. Lo stravolgimento inizia nel 2020 con l’emergenza planetaria della pandemia Covid-19 e prosegue con il conflitto in Ucraina divampato nel febbraio del 2022.

    Tutti gli accadimenti appaiono accomunati da un identico strumento utilizzato per guidarne la conduzione: il controllo di massa delle popolazioni. Queste infatti, in breve, si trasformano: divengono fragili e impotenti, sempre più ripiegate su quelle solitudini subite in questa era che viene definita “di transizione”, verso quale tipo di mondo nessuno lo sa. Anche se lo spettro di un’Apocalisse annunciata pare aggirarsi sempre più tra tutti noi, nessuno pare si domandi o si operi per opporvisi.

    All’esame di tali problematiche pervengo in questo libro che rappresenta l’ottavo scritto durante un percorso di ricerca iniziato oltre quaranta anni fa. In quel momento inizio a svolgere le funzioni di giudice istruttore presso il Tribunale di Trento e ad occuparmi di vasti traffici internazionali di droga, armi e massoneria ed anche a scontrami con avversari di elevato livello e pure invisibili. È il 1980. Ho trentatré anni. Dopo altri cinque caratterizzati da aspri conflitti e non solo con ambienti criminali, vengo costretto ad interrompere le indagini che tento di proseguire nella parte opposta dell’Italia, a Trapani. Vi giungo a metà febbraio del 1985. Da una base militare Nato ove inizialmente vengo protetto nella mia persona e nei tragitti per raggiungere la mia nuova sede di lavoro, vengo allontanato con una scusa divenendo in cinque giorni, il 2 aprile del 1985, bersaglio di un’azione terroristica. Una giovane mamma e i suoi due bimbi, per caso presenti sulla strada da me percorsa, rimangono dilaniati al posto mio. Macchie indelebili rimarranno impresse nella mia mente. Nel 1990 abbandono la magistratura ma non la ricerca delle verità.

    Con il trascorrere del tempo, assisto impotente all’oscurarsi e spegnersi, l’una dopo l’altra, di innumerevoli luci che avevano illuminato la mia vita, professionale e personale. Spiego in alcuni libri le mie attività d’indagine incompiute e le successive nuove conoscenze. Solo recentemente riesco a comprenderne alcuni fili conduttori. L’esistenza di una regia occulta del mondo manovrata da una superiore massoneria lentamente si insinua nella mia mente. Nel gennaio del 2020, viaggiando dall’Est all’Ovest del pianeta, individuo riscontri che ne confermano l’odierna operatività.

    Già nei primi anni Ottanta ne avevo percepita l’esistenza. Dopo essere sopravvissuto alla strage di Pizzolungo, pubblico, alla fine del 1992, un mio primo diario, intitolato “L’attentato”. Nella sua copertina mostro l’immagine di una bestia feroce che divora l’Italia ad iniziare dal suo estremo Sud, la Sicilia. Come dal basso avrebbe dovuto proteggere il nostro paese quell’indefinibile entità in cui mi ero imbattuto io così come altri magistrati rimasti poi vittime di analoghi attentati.

    L’esistenza di segreti apparati militari nel nostro paese vengono rivelati tra gli anni 1989-90 da taluni nostri politici che erroneamente ritengono conclusa la contrapposizione ideologica tra l’imperialismo degli Stati Uniti e il comunismo dell’Unione Sovietica. Dietro l’attività ufficiale svolta dalla Nato (creata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale) viene ammessa la presenza sul nostro territorio di apparati segreti: Stay-behind, Gladio, il Centro Studi Scontrino, il Centro Scorpione di Trapani. Nel 1992 riprendo a viaggiare come avevo fatto quando, nella qualità di giudice, avevo rincorso miei imputati di ogni nazionalità del mondo. Questa volta mi avventuro a Mosca, a New York e in altri paesi seguendo fili sottili diversi da quelli individuati dalla nostra magistratura. Nella capitale della Russia e nei centri nevralgici degli Stati Uniti cerco inutilmente nascoste verità tra le oscurate tracce lasciate da Giovanni Falcone prima di rimanere ucciso nella strage di Capaci. Negli anni successivi scrivo altri due libri, Il quarto livello e Il Papa nel mirino. Ai vertici criminali colloco attività direttive svolte da apparati affaristici e militari, servizi segreti anche apparentemente contrapposti tra loro, da una massoneria internazionale egizia presente a Trapani da lunghissimo tempo. Dopo gli eventi dell’11 settembre del 2001, rielaboro Il quarto livello aggiungendovi il sottotitolo Ultimo atto? Percepisco l’esistenza di un piano più complesso, forse l’ultimo.

    Nel frattempo altre guerre e contrapposizioni nel mondo si accompagnano al sopraggiungere del 21° secolo, inizio del terzo millennio. Nel 2014 raggiungo 68 anni. Decido di scrivere l’ultima ricostruzione della mia storia. Sul finire dell’estate, dinanzi al mare e ai colori della Sicilia, comprendo l’importanza di un’antica componente terroristica (palestinese) nascostami dagli investigatori. Mi imbatto anche in altri misteri. Consultando i documenti presenti nella mia vecchia inchiesta di Trento, mi rendo conto dell’attuale operatività di un altro soggetto occulto dal nome che evoca tempi assai remoti: l’Ordine dei Rosa Croce. Il nome e l’operato di questa antichissima confraternita era già presente nei documenti sequestrati nel 1983, sei mesi prima di venire bloccato nelle mie indagini. Di questa consorteria segreta testi antichi e moderni considerano, assai fantasiosamente, fondatore un leggendario personaggio, un certo Christian Rosenkreutz, vissuto dal 1378 al 1484 tra la Germania e paesi dell’Oriente alla ricerca delle conoscenze universali. Il suo corpo sarebbe stato poi rinvenuto intatto 120 anni dopo la sua morte”(cioè nel 1604) quando suoi confratelli ne avrebbero ritrovato il corpo in perfetto stato di conservazione. Il percorso storico e ideologico seguito da tale fratellanza appare lungo e confuso a causa dell’inesistenza di tracce certe e della segretezza delle loro attività. Non è però storico ma criminale il mio approccio con questa misteriosa associazione che compare non al di fuori ma all’interno dei fatti criminali dell’Italia.

    “Cosa può significare una così antica consorteria negli accadimenti della nostra epoca?” Mi domanda la editor della Sperling & Kupfer mentre le sintetizzo (alla fine del 2016) la mia ricostruzione sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio. “Negli anni Novanta emerge un fatto singolare e inquietante”. Su un foglio bianco traccio intanto una linea retta e, sotto di essa, una circonferenza con sopra freccette convergenti nella stessa direzione. “Oggi mi sono reso conto che alcuni magistrati (poi ammazzati) stavano eseguendo indagini che non seguivano una linea retta la quale li avrebbe condotti verso direzioni lontane e sconosciute. Giovanni Falcone, in particolare, nelle indagini sui narcotraffici e nei riciclaggi internazionali, risulta seguire (senza accorgersi) un percorso circolare. Sicché alla fine ritorna all’epoca in cui erano partite le più scottanti inchieste d’Italia. Si imbatte nel periodo e nell’organizzazione in cui era avvenuto il sequestro e l’uccisione dello statista Aldo Moro. In altre parole, gli episodi cruciali avvenuti durante questa lunga epoca presentano una stessa regia. Il cerchio che tende a chiudersi – concludo – addita l’occulta regia massonica che ora ho individuato”. Intitolo “La Bestia” il nuovo libro e lo pubblico nel 2018. Mi spinge ancor più all’interno di questo scenario frammisto ora ad un esoterismo intriso di conoscenze antiche e segrete, perché esse non solo fanno parte dell’arcana antica sapienza da essi studiata ma sono poste a fondamento dell’iniziazione massonica e, quindi, dell’oscuro linguaggio compreso solo dai propri adepti.

    Dopo il libro “La Bestia” ne scrivo subito altri due: “X Day” (nel 2020) e “Il Patto” (nel 2021) che avvicinano la mia ricostruzione sempre di più al presente sino a coincidere con esso. Questa superiore massoneria risulta impegnata ad attuare negli anni Novanta un’operazione militare diretta dagli Stati Uniti. In tale occasione gli apparati segreti non sembrano ispirarsi al vecchio Gladio romano (nome dato all’apparato italiano della struttura segreta denominata Stay-behind – che significa “rimanere indietro” ed appare diretta a contrastare l’ipotizzata invasione dell’Europa da parte dell’Unione Sovietica) ma al 17° capitolo dell’Apocalisse, scritto dall’apostolo Giovanni nemmeno cento anni d.C.. In esso viene descritta (e forse simbolicamente profetizzata) l’ultima battaglia tra il bene e il male, tra l’arcangelo San Michele e Lucifero, tra la Madonna e il Diavolo. Quest’operazione militare – scrivo nel libro “La Bestia” – risulta di fatto avviata poco dopo l’abbattimento del Muro di Berlino affiancata da simbologie esoteriche. Lo scopo in concreto perseguito dagli Stati Uniti è quello di continuare a dirigere un New Word Order (un Nuovo Ordine Mondiale). Insieme, però, viene messo in scena, come al di sopra di un palcoscenico, un terrore diverso da quello in passato posto a fondamento della guerra fredda. L’operazione si articola in plurime attività apparentemente distinte ma in realtà espressione di una stessa regia. Intanto vengono anticipate da un loro prologo simbolico rappresentato a Parigi che evoca la rivoluzione francese. Al centro della Cour Napoléon, la Corte di Napoleone, il 30 marzo 1989 viene inaugurata una originale piramide di vetro e acciaio che racchiude il moderno museo del Louvre, rinnovato per volontà di François Mitterrand, presidente della Repubblica francese dal 21 maggio 1981. A curare da anni l’intera costruzione è il famoso architetto cinese Ieoh Ming Pei, naturalizzato cittadino Usa, premiato il successivo 11.12.1992 a New York dal presidente George H.W. Bush con la medaglia presidenziale della libertà. L’ispirazione egizia del nuovo museo, tuttavia, non solo presenta in chiave moderna i principi di libertà espressi dalla rivoluzione francese e pure scopritore dell’antichissima cultura egizia. Il moderno manufatto mostra al mondo, con occulti simboli, il più satanico marchio del diavolo, che da allora sovrasta la Francia, l’Italia, la Germania, la Spagna, la nascente nuova Europa e pure il New World Order. Qual è questo marchio? All’interno del nuovo museo è esposto il suo gioiello più significativo: una misteriosa grande piramide rovesciata ancorata in alto (come proveniente dal cielo) risulta posta al di sopra del vertice di un’altra piramide più piccola appoggiata a terra come quelle dell’antico Egitto. L’opera, cioè, rappresenta un nuovo e più imponente mondo (invertito) al di sopra di quello presente. Alla realizzazione di quest’opera segue l’esecuzione di una vera e propria operazione militare (che io denomino “La Bestia”) la quale viene attuata in tre atti come se si tratti di un’unica rappresentazione.

    Nel primo avviene la guerra dell’Onu/Nato (con la partecipazione anche dell’Italia) contro l’Irak di Saddam Hussein. Indica al mondo il nuovo avversario degli Stati Uniti (e del pianeta) che legittima l’esercizio del loro potere universale: l’integralismo islamico.

    Nel secondo viene rappresentato (prima in Sicilia e poi nell’Italia tutta) l’attacco mosso da Cosa nostra contro la magistratura e le indagini del Nord su Tangentopoli che colpiscono la corruzione politica. Dalla loro sommatoria segue la cancellazione della Prima repubblica e insieme la nascita della Seconda.

    Nel terzo viene attuato ciò che rimane oscurato dagli altri due fari. Si tratta dell’operazione diretta a far nascere azzoppata la nascente nuova Europa di Maastricht la quale avrebbe potuto alterare i preordinati futuri assetti del mondo. L’accordo si perfeziona sul panfilo della regina Elisabetta d’Inghilterra, il Royal Yacht Britannia, nell’occasione approdato a Civitavecchia il 2 giugno del 1992. L’operazione punirà anche l’Italia (in persona del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti) che scorrettamente ha rivelato i segreti patti atlantici i quali in realtà rimangono prevalenti per gli apparati militari degli Usa, la Nato. In passato il nostro paese non li aveva sempre rispettati intrattenendo affari con gruppi estremisti mediorientali anche formalmente nemici.

    Questo golpe segreto del 1992 (così da me definito nel libro “La Bestia”) avviene sotto la direzione dell’allora nostro funzionario ministeriale Mario Draghi. Colpisce a sangue l’Italia e pure l’Europa. Vengono uccisi i nostri magistrati più significativi (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) le cui indagini troppo si sono avvicinate all’esterna regia degli Usa e della Nato, e pure politici scesi a patti con il Partito comunista italiano o con terroristi dell’area del Mediterraneo vicini alle ideologie leniniste-marxiste (della Olp e di altri paesi arabi come la Libia, il Libano, la Siria, l’Egitto, la Tunisia, la Somalia, l’Irak, l’Iran). Di questi tradimenti era già rimasto vittima lo statista Aldo Moro nel 1978 per essersi troppo avvicinato al PCI. Nel ’92 sarà la volta di Bettino Craxi, di Giulio Andreotti e di altri personaggi della Prima repubblica che avevano tentato di emancipare il nostro paese dall’imperialismo degli Stati Uniti. Dopo l’abbattimento del Muro di Berlino, l’integralismo islamico (scatenato dalla prima distruzione e invasione dell’Irak), avrebbe dovuto sostituire lo spauracchio del comunismo sovietico nel bilanciamento dei poteri internazionali. L’abbattimento delle Twin Towers a New York l’11.09.2001 rappresenterà poi il culmine di quest’altra contrapposizione ideologica e verrà attuata in una data che, anch’essa, additerà una superiore occulta regia tramite riferimenti evidenti a biblici messaggi: richiamerà la punizione di Dio inflitta nei confronti della peccatrice umanità, così come era stato raccontato che fosse avvenuto per gli abitanti di Babilonia, dispersi nel pianeta con l’abbattimento della biblica Torre di Babele (11,9 Gen.) e prima con il Diluvio universale (9.11 Gen). Pubblico il libro “La Bestia” nell’autunno del 2018 e riprendo a viaggiare cercando conferme alle mie scoperte. Raggiungo come racconto nel successivo libro “X Day” – località di tutto il mondo, inOccidente, nell’estremo Oriente, in Africa e soprattutto in Sicilia, a Trapani e ad Erice. Ovunque vado, trovo riscontri rispetto a quanto ho scritto nel volume “La Bestia”. Concludo queste mie ricerche all’inizio del 2020 negli Stati Uniti. Scoperto ad Erice il Sacro Monte dell’antica massoneria egizia posto a fondamento di essa e a Parigi il simbolo dell’avvento della Bestia, rinvengo, negli Stati Uniti (a New York, Washington e ad Alexandria in Virginia) riscontri incontrovertibili sull’esistenza di questo superiore gruppo di potere che risulta follemente ispirato al diavolo e viene esercitato attraverso una sempre più evoluta organizzazione occulta ed esoterica.

    Al ritorno da quest’ultima missione, subentra, apparentemente in modo imprevedibile, l’epidemia planetaria poi denominata Covid-19. Viene dichiarata, in sordina, alla fine del mese di gennaio del 2020, mentre ancora mi trovo negli Stati Uniti. In brevissimo tempo – rimbalzando e moltiplicandosi proprio attraverso il nostro paese – colpisce tutte le popolazioni del mondo. Gli accadimenti di tale periodo additano l’operatività di centri di comando che appaiono diretti a gestire ogni fase degli avvenimenti in corso. Come negli anni Novanta, ciò viene rappresentato con un controllo di massa nell’ottica della ricerca di un mondo migliore fondato su nuove tecniche finanziarie affiancate alla scienza, a moderne tecnologie e a nuovi modelli di una asserita protezione del benessere (fisico) dell’uomo e dell’ambiente, attuando una sempre maggiore compressione dei valori individuali e collettivi delle popolazioni del mondo. Pubblico il libro “X Day” nel dicembre del 2020.

    Nell’aprile del 2021, nel palazzo di giustizia di Trapani che mi aveva ospitato solo qualche mese nel 1985, rinvengo alcuni documenti rimasti nascosti per quarant’anni; precisamente dal 1981 ovvero dall’anno in cui erano stati scoperti gli elenchi degli iscritti alla loggia P2. Questi vecchi atti additano i loro autori e i loro simboli: i Rosa+Croce d’Oro del massone e mago inglese Aleister Crowley e l’Aquila bicipite del Sacro Romano Impero. Abbracciano la storia recente ed anche quella antica dell’Italia e dei paesi coloniali del vecchio continente. Rappresentano la più evidente prova dell’esistenza di quell’organizzazione segreta scoperta da me nel 1983. Allora trovai una lettera scritta con parole deliranti da una persona che si definiva Signore delle Fiamme, Reggente delle Americhe, Architetto dell’Universo, Immortale Rosa+Croce. Questi atti massonici (descriventi rituali iniziatici nonché simboli esoterici e cabalistici) risultano provenire proprio da questa antica confraternita mai venuta alla luce nell’epoca moderna e tantomeno comparsa nelle cronache. Essa addita non già uno sconosciuto ma un notissimo personaggio vissuto tra la fine del 18° e la metà del 19° secolo, Aleister Crowley, un nobile inglese, infarcito ed esaltato di magia, di occultismo, di massoneria, della più assoluta contrapposizione ai valori della Chiesa, definitosi esso stesso la Bestia dell’Apocalisse, assertore delle libertà più estremizzate (nelle pratiche sessuali, nell’assunzione di alcool e droghe, nell’esaltazione della propria bisessualità, in attività sacrificali anche di esseri viventi) che producono effetti moltiplicatori sulle masse con crescita dei proseliti nel mondo, dall’Inghilterra alla Germania (che aveva dato i natali al mitico Christian Rosenkreutz), alla Francia, all’Italia, alla Spagna, all’Africa, all’Asia, alle Americhe. La diffusione di tale cultura accompagna poi, nel 20° secolo, i movimenti New Age e quelli ecologisti degli anni Sessanta.

    L’atto processuale che rinvengo nel 2021 (assai cospicuo nella sua consistenza) costituisce una sorpresa assoluta anche perché come solo oggi vengo a scoprire -“era stato sequestrato dalla magistratura di Milano nel corso delle indagini che riguardavano i più torbidi collegamenti tra il mondo bancario e Anello dei Servizi (con i casi Calvi, Ambrosiano, Sindona, eversione nera), intrecciati (nei traffici di droga, di armi e di denaro) con la massoneria internazionale. Sorprendente è il rinvenimento di tale incartamento tra le carte processuali del più importante Centro massonico egizio di Trapani, luogo in cui mi era stato impedito di indagare e a cui apparivano collegati personaggi autorevoli del nostro passato (civili e militari) che fanno ancora parte del nostro stesso presente. Inquietante è poi il dichiarato oggetto delle arcane conoscenze poste a fondamento di tale occulta massoneria: “il significato della Sophia gnostica con le sue valenze alchemiche, cabalistiche, salomoniche e apocalittiche”. E conferma l’ipotesi apparentemente più azzardata da me formulata in questi ultimi anni: quella di vivere oggi l’attuazione di un progetto massonico scritto da una folle regia, assertamente ispirata al Diavolo, a Satana, a Lucifero, sovrapposta alle istituzioni nazionali e internazionali, occulta, consolidata, ormai giunta alla sua estrema fase di realizzazione, quella apocalittica; quella, cioè, di cui avevo percepito la fase iniziale nei primi anni Ottanta come giudice istruttore di Trento. Nel libro “Il Patto” (pubblicato nell’aprile 2021) rendo noti questi ultimi documenti il cui nascondimento addita il segreto accordo tra le forze politiche di maggioranza e d’opposizione di tenerli nascosti al livello della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2. In una conversazione con l’ex senatore del PCI Sergio Flamigni – che aveva fatto parte di quella Commissione d’inchiesta raccolgo l’esplicita sua affermazione che vi fu un accordo politico diretto a non evidenziare il livello superiore della piramide della loggia P2 rappresentata dalle forze occulte che da sempre governano l’Italia: il Pentagono, i patti atlantici, la Nato. Sei mesi dopo avviene l’ultimo e più agghiacciante evento della nostra epoca, anche questa volta apparentemente in modo imprevedibile: la Russia invade l’Ucraina. Questa viene appoggiata dalla Nato e da quell’Europa fatta nascere indifesa allo scopo evidente di controllarne il suo asservimento agli Stati Uniti.

    Possiamo trovarci – mi domando – di fronte alla continuazione delle precedenti spettacolarizzazioni in apparenza casuali ma forse inscenate attraverso la massoneria? Può imputarsi ad essa anche l’occulta regia già emersa dietro la gestione della pandemia? Di certo,”mentre questa (come i traffici di droga)” non indica i suoi superiori direttori, gli accadimenti in Ucraina (come invece indicano i traffici di armamenti) additano autorità di governo e risultano spartitori dell’intero pianeta, peraltro già in fase attuativa di un nuovo programmato cambiamento globale questa volta denominato Nuovo Ordine Green. Per di più tali odierne contrapposizioni appaiono distintive dell’umanità tra invasi e invasori; tra popolazioni, cioè, che costituiscono espressione di una cultura liberista (quella del capitalismo dell’Occidente, da sempre considerato esempio di democrazia) ed altre formate sulla base di più antiquate ideologie considerate dittatoriali e rivoluzionarie. Gli odierni eventi – dunque – sembra implichino la distinzione dei buoni dai cattivi e la scelta di chi guiderà il futuro di tutti.

    Ancora un’altra domanda si affaccia nella mia mente: cos’altro mi sarei potuto attendere dopo l’avvento della Bestia proveniente dagli abissi, di cui ho individuato sicuri segni nell’epoca più recente? Dopo quanto ho compreso su quest’occulta regia mondiale incentrata sugli ultimi giorni del pianeta reso sempre più invivibile dalla stessa umanità? Dopo avere scoperto il segreto accordo diretto a nascondere le collusioni tra questa suprema massoneria e le massime autorità militari degli Stati Uniti? Non sono stato proprio io ad avere scritto che la lettura degli eventi della storia contemporanea appare una rappresentazione scenica tratta da quanto scritto dall’apostolo Giovanni sull’avvento della Bestia proveniente dagli Abissi, cui sarebbero seguiti i tempi della fine e quindi l’ultima battaglia tra il bene e il male, tra San Michele Arcangelo e Lucifero, tra la Madonna e il Diavolo?.

    Ecco dunque, intanto, individuato un primo elemento che accomuna il passato con il presente e il nostro futuro: l’ultima battaglia, il conflitto finale tra il bene e il male, l’apocalisse, quel mondiale conflitto tra gli abitanti del pianeta da cui dovrebbe emergere la distinzione dei buoni dai cattivi, dei giusti dagli ingiusti, dei peccatori dai giustizieri, delle tenebre dalla luce. Non appare, nella realtà, forse così? Non stiamo forse vivendo un’ultima battaglia per stabilire chi dirigerà il nuovo mondo? E per stabilire a chi dovremo in futuro sottometterci? La risposta a queste domande non si presenta semplice specialmente per chi, come me, vi deve pervenire con la formazione mentale di un giudice ovvero sulla base di carte, di prove, quantomeno di indizi univoci e convergenti. In ogni caso – penso – non si tratta della battaglia profetizzata dall’apostolo Giovanni in cui, alla fine, sul Maligno prevarrà la Madonna e il bene supremo. Ciò che avviene oggi pare di terrena ideazione ed integri l’ultima farsa inscenata sul palcoscenico della follia da parte dall’uomo più esaltato della storia all’inseguimento del potere assoluto di una quasi raggiunta immortalità, da sempre ricercata per divinizzare se stesso attraverso sofisticati controlli di massa funzionali ad ottenere il comando su un’umanità sempre più annichilita, animalizzata ed asservita alla scienza ed alle élite che la dirigono. Si tratta dell’ultima battaglia da combattere per transitare in un nuovo mondo rappresentatoci, da una parte, da chi con grande rumore declama di operare in sua difesa auspicando una nuova arca dell’alleanza, inscenata scimmiottando, anche con robot solari, la propria divina ascendenza e superiore trascendenza; dall’altra parte, da chi cerca di resistervi, contrapponendovi, dal proprio punto di vista, la sua storia e la propria diversa cultura, la quale dai primi viene considerata falsa, di altri tempi e comunque da cancellare. A questo punto, negli scorsi giorni, altro accade all’improvviso, come un fulmine, che, per qualche istante, illumina tutto con la sua luce tenebrosa. Non mi attendevo che oggi potesse accadere. Si sovrappone agli odierni accadimenti e rischiara tutto. Incarna dal passato al presente ciò che sempre ho percepito. Spaventa con il suo messaggio di morte. Indica chi lo ha pronunciato: la Bestia che oggi è presente fra noi. E questa consente di chiudere quel cerchio intuito e inseguito da me, da Falcone, da Borsellino e da tanti altri. Rabbrividisco. Si è palesata d’improvviso, fredda, esplicita, senza equivoci. Non lo ritenevo possibile. Sento accorciarsi il tempo che rimane anche per ultimare questa mia storia. La sua parola è diretta a noi e ai nostri figli, per l’oggi e per il nostro domani, per tutto. Sento quasi venirmi meno le forze. Mi riporta alla mente le vecchie parole di mio padre quando, di nascosto, decisero di fermarmi a Trento. “Carlo – mi disse – non rinunciare, fai la tua parte: scrivi; lascia la traccia di quanto hai fatto e del tuo lavoro, il testimone. Altri potranno raccoglierlo”. “Si papà – alla fine risposi – Lo farò”. Si, papà, anche oggi mi dico, quando tutto sembra perduto, lo farò, lo faccio subito. Tento. Non voglio perdere la speranza e nemmeno la fede in quest’ultima occasione. la Bestia oggi ha parlato ed ha additato suo progetto di morte. Coraggio. Amici. Ora tocca a tutti noi contrastarla.

    Anche se altri non lo fanno. Insieme possiamo contrapporvi il senso della nostra vita. “Siete pronti?”, ha di recente qualcuno chiesto dall’alto dei supremi scranni del potere con un tono anche sprezzante”. E lo ha anche ripetuto più volte: “Siete pronti? Siete pronti?”. Gli hanno risposto: “Non siamo pronti”. E tutti si sono poi sparpagliati nel panico ognuno alla ricerca della propria salvezza. No, noi non possiamo smarrirci. Dobbiamo ritrovarci e procedere uniti, mostrarci forti di fronte a quest’ultimo monito. Siamo al di fuori dei giochi del potere sul mondo. Nulla abbiamo da perdere. Possiamo però mettere in gioco il significato della vita nostra e quello dei nostri figli. Noi siamo pronti. Dobbiamo solo rimanere uniti per combattere insieme quest’ultima battaglia. Poi sarà quel che sarà.

    Limito al massimo i richiami agli altri miei libri. Mi scuso per errori nella forma, spero non nella sostanza. Ripongo le note alla fine del testo per consentire una lettura più scorrevole. Mi dispiace che l’odierno racconto presenti incompleto. Incompleto si presenta il percorso svolto.

    Forse è meglio sia ancora così.

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  • DOPO LA FINOCCHIONA IL CULATELLO? OVVERO L’IDIOZIA DELL’ALGORITMO

    DOPO LA FINOCCHIONA IL CULATELLO? OVVERO L’IDIOZIA DELL’ALGORITMO

    di Redazione

    Facebook ha bannato, cioè ha escluso, la pubblicità della “finocchiona”, il salame toscano aromatizzato con semi di finocchio e aglio, perché secondo il suo algoritmo il termine è offensivo.

    Il social di Mark Zuckerberg ha bloccato così la diffusione di immagini e descrizioni della finocchiona postate da un’agenzia di comunicazione, che si è vista recapitare un messaggio lapidario: “La tua inserzione sembra insultare o prendere di mira gruppi specifici di categorie protette, pertanto non rispetta i nostri standard della community”, e quindi l’invito a “rimuovere i contenuti offensivi”.

    Naturalmente non si può pretendere che un algoritmo nato in qualche centro di ricerca, forse a Menlo Park nella Silicon Valley californiana dove le banche falliscono oppure in India, sia a conoscenza di cosa si mangia in Italia da qualche secolo.

    Per questo ora temiamo che il prossimo a essere bannato sarà il culatello, il pregiato salume della provincia di Parma citato con certezza per la prima volta in un documento del 1734, apprezzato anche da Giuseppe Verdi. Informiamo allora l’algoritmo che il culatello viene massaggiato a mano per favorire l’assorbimento del sale e successivamente insaccato, sempre manualmente, con una tipica legatura a ragnatela. L’ultima fase è una stagionatura lenta e naturale, di almeno 10 mesi.

    Ma cosa ne può sapere un’intelligenza artificiale, che non ha appetito e non mangia?

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  • DUE GIORNI DI CONVEGNO NAZIONALE A LUCCA SULL’ANTIFASCISMO IL 17 E IL 18 MARZO

    DUE GIORNI DI CONVEGNO NAZIONALE A LUCCA SULL’ANTIFASCISMO IL 17 E IL 18 MARZO

    di Redazione

    Riceviamo e pubblichiamo l’invito al convegno nazionale dal titolo Antifascismi, antifasciste e antifascisti. Pratiche, ideologie e percorsi biografici che si terrà venerdì 17 e sabato18 marzo presso il Palazzo Ducale – Sala del trono, a Lucca.                                                  

    Il convegno è organizzato dall’Istituto Storico della Resistenza di Lucca (ISREC) insieme alla rete toscana degli Istituti storici della Resistenza, in collaborazione con la Provincia di Lucca e con la sponsorizzazione dell’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri”. 

    Il centenario della marcia su Roma ha offerto un numero considerevole di convegni e di pubblicazioni sulle origini e il consolidamento del fascismo, lasciando in secondo piano – salvo pregevoli eccezioni – chi si oppose a questi fenomeni già a partire dagli anni dello squadrismo e dell’impianto del regime. Se dagli anni Novanta del secolo scorso l’antifascismo non sembra più al centro del dibattito civile e storiografico, questo non ha escluso la realizzazione di rilevanti ricerche su questo argomento. Spesso ne sono stati protagonisti gli Istituti storici della resistenza e dell’Età contemporanea che hanno recuperato fonti, temi e storie dialogando con comunità ed enti locali entro nuove prospettive storiografiche e pratiche di public history. Altre studiose e studiosi hanno poi avuto il merito di ricollocare stabilmente la storia dell’antifascismo italiano entro un quadro europeo e transnazionale. Per questo, appare opportuno riaprire una discussione, condividendo riflessioni e progetti, conclusi o in corso.

    Il convegno è organizzato in quattro sessioni sui seguenti temi: 
    1. Gli antifascismi come ideologie politiche: discorsi, pratiche, dibattiti
    2. Biografie antifasciste dentro la guerra civile europea e le resistenze 
    2. Gli antifascismi come vissuto quotidiano 
    4. Storie e memorie dell’antifascismo

    La partecipazione è riconosciuta come corso di formazione per i docenti e sarà rilasciato un attestato a chi ne farà richiesta.
    Per informazioni: Istituto Storico della Resistenza di Lucca email: isreclucca@lunitadue