di Paola Baiocchi

L’opera di Mario Sironi, L’Italia fra le Arti e le Scienze, dopo il restauro che ha riportato in vista i simboli fascisti
Sappiamo che in Italia non è stata operata la “defascistizzazione” dello Stato dopo la caduta del regime fascista. Il nostro ingombrante passato, mai sufficientemente rielaborato, riemerge e non viene perseguito neppure nelle sue manifestazioni più facili da reprimere come il saluto romano del calciatore laziale Paolo Di Canio. Diamo anzi spazio a questi fenomeni: il calciatore Giorgios Katidis, dell’Aek Atene, escluso a vita dalla federazione greca da ogni selezione nazionale nel 2013, per aver festeggiato a braccio teso un gol decisivo per la sua squadra, è stato accolto dalla squadra del Novara.
Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena, denuncia nell’articolo che riportiamo una “restaurazione” imbarazzante nell’Aula magna del rettorato dell’Università La Sapienza di Roma, dove l’affresco fascista del 1935 di Mario Sironi, L’Italia fra le Arti e le Scienze, è stato restaurato nel 2017, ma non musealizzato. E che, quindi, importanti momenti della vita universitaria si svolgano sotto un gigantesco fascio littorio e un Mussolini a cavallo con il gladio sguainato – nome di un’arma che in seguito verrà dato ad una organizzazione eversiva e stragista – riprodotti in un gigantesco affresco che rappresenta la vittoria del fascismo.
Il fatto che non ci sia stata la defascistizzazione porta ora a una fascistizzazione che sta avanzando con passi da gigante: dall’inaugurazione del monumento al maresciallo Rodolfo Graziani, criminale di guerra, ad Affile (RM) nel 2012 . Alla titolazione di strade a Giorgio Almirante o a Norma Cossetto. Fino al per ora mancato rinnovo del protocollo tra Anpi e Ministero dell’istruzione per l’insegnamento dei valori della Resistenza e della Costituzione nelle scuole.
I simboli sono importanti, è attraverso l’instillazione quotidiana del veleno che si ribalta una cultura. Per questo è un’ importante azione di Resistenza che molti Comuni italiani, spesso per l’iniziativa delle sezioni locali dell’Anpi anche se tardivamente stiano togliendo la cittadinanza onoraria concessa a Benito Mussolini tra il 1923 e il 1924.
L’affresco che restaura l’italia fascista
di Tomaso Montanari – Il Venerdì, 1 settembre 2023
Confesso che quando sono invitato, come rettore di un’Università della Repubblica, a riunioni o a cerimonia che si debbano svolgere nell’Aula Magna della Sapienza di Roma, cerco sempre di delegare qualche collega. Da storico dell’arte, sono portato a prendere le opere d’arte terribilmente sul serio e avverto tutto intero il potere delle immagini: e così non riesco proprio a rimanere impassibile di fronte alla smisurata opera murale di Mario SIroni che copre l’intera parete “absidale” dell’Aula, facendo da sfondo ad ogni evento. Uno sfondo non neutro, ma appunto attivo, minaccioso: vivo e potente come lo sono le grandi opere d’arte.
Fu Mussolini in persona a volere questo “affresco”, che fu una delle più riuscite ed eloquenti celebrazioni dell’Italia fascista. Un recente restauro, esemplare sul piano tecnico, ha restituito la grande macchina pittorica alla sua leggibilità originale, rimuovendo le ridipinture che occultavano i clamorosi simboli del totalitarismo italiano: un enorme fascio littorio con l’indicazione dell’anno dell’era fascista, e il duce stesso, a cavallo e con la sciabola sguainata, ritratto come in un rilievo sull’attico dell’arco di trionfo che simboleggia appunto il trionfo del fascismo.
Da un punto di vista scientifico era sacrosanto recuperare quest’opera nella sua versione originale. Ma poi bisognava anche prendere atto che quel recupero era incompatibile con l’uso corrente dell’Aula Magna della più grande università italiana. E dunque delle due l’una: o l’aula si musealizzava, o si commissionava un intervento artistico capace di aver altrettanto impatto nell’esprimere l’antifascismo di una università di una Repubblica che sull’antifascismo è fondata.
Invece, nulla: il presidente Mattarella ha inaugurato l’opera, restaurata nel 2017, come se nulla fosse.
Ora, proviamo a immaginare la stessa cosa in Germania: il presidente della Repubblica tedesca che inaugura un’opera altrettanto monumentale, con il ritratto di Hitler e le svastiche che garriscono. E immaginiamo rettori, professori e studenti che continuano a celebrare con quello sfondo i loro più importanti riti accademici. Se da noi è possibile è perché siamo convinti che tra il “cattivo tedesco” nazista e il “bravo italiano” fascista esistesse un fossato incolmabile: vuol dire che abbiamo dimenticato i crimini di guerra, le atrocità del fascismo, la complicità nell’Olocausto. Vuol dire che abbiamo dimenticato che “il nazismo in Germania è stato la metastasi di un tumore che era in Italia” (PrimoLevi).
E così siamo riusciti a riportare in vita l’Italia fascista: quella di Sironi, e non solo.
.