di Redazione
E’ stato rivendicato dal gruppo armato Los Lobos (nel secondo video) l’omicidio del candidato presidente centrista Fernando Villavicencio, vicino all’attuale presidente ecuadoriano Guillermo Lasso. Nel filmato i narcos annunciano che uccideranno anche un altro candidato, Jon Topic, il controverso multimilionario e sostenitore del pugno di ferro nonché di mezzi discutibili per combattere la delinquenza. I Los Lobos sono “soldati” del cartello di Jalisco e rivali di “Los Choneros” braccio armato in Ecuador dell’organizzazione messicana di Sinaloa, dai quali Villavicencio aveva denunciato di aver ricevuto minacce.
Sono soprattutto i cartelli messicani Sinaloa e Jalisco nueva generación, che sono penetrati in Ecuador con la loro ferocia: domenica 16 luglio, nella parrocchia di la Union de Quinindé, nel centro della provincia di Esmeraldas, è stato assassinato Rider Sánchez, candidato all’assemblea di quella provincia di Esmeraldas per Alianza Actuemos, che sostiene la candidatura di Sonnenholzner. Il 24 luglio è stato ucciso Augustín Intriaga, sindaco della città portuale di Manta.
L’assassinio di Villavicencio è stato compiuto in modo plateale: all’uscita da un comizio, in mezzo alla folla mentre il candidato era già salito in macchina. Sono stati nove i morti nell’attentato e le autorità riferiscono che il killer è stato ucciso nella sparatoria con la scorta (nel primo video sono ripresi i momenti di panico immediatamente successivi ai colpi).
Il presidente in carica ha proclamato lo stato di emergenza e non ha rinviato le elezioni, programmate per il 20 agosto. Villavicencio aveva centrato tutta la sua campagna sulla lotta alla corruzione. Puro marketing, lo accusavano i critici che gli rinfacciavano il legame con Lasso, banchiere conservatore coinvolto in un presunto scandalo di tangenti. Proprio per non venire sottoposto all’impeachment da parte del Parlamento, lo scorso maggio, il presidente aveva sciolto l’Assemblea e convocato nuove elezioni.
Sta di fatto che, pur nella sempre complicata lettura dei vari livelli di un atto terroristico compiuto nel “cortile di casa” statunitense, le attenzioni dei cartelli della droga messicani sono centrate sul porto ecuadoriano di Guayaquil – con le sue 300mila navi container in partenza al mese – che è diventato la principale porta verso l’Europa e gli Usa della cocaina prodotta in Colombia, Perù e Bolivia.
Per l’Ecuador, inoltre, passa anche l’altra direttrice: quella che attraverso la regione di Sucumbíos e l’Amazzonia conduce al Brasile e ai suoi ambiti scali. Per i boss messicani il controllo di queste due “vie d’uscita” della coca verso i luoghi di consumo e di guadagno è vitale per il business. Da qui la progressiva infiltrazione attraverso la corruzione di pezzi delle istituzioni. E il crescente controllo del territorio, in particolare dei quartieri poveri, con l’imposizione di estorsioni agli ambulanti e l’eliminazione dei “delinquenti” non allineati.