martedì, Settembre 26

PIERO FASSINO… IL GESUITA – BREVE BIOGRAFIA DI UN: dalla Treccani – opportunista, mentitore, impostore, imbroglione, disertore, apostata, voltabandiera, voltagabbana.

di Andrea Montella

Per capire chi sono coloro che hanno tradito milioni di comunisti italiani, per vil denaro, riprendo le parole di Alessandro Natta, l’ultimo vero comunista alla guida del P.C.I., che disse durante la convalescenza utilizzata dai malfattori per rimuoverlo a sua insaputa da segretario del P.C.I., utilizzando una falsa lettera di dimissioni: «“Sono ignoranti, non leggono nulla”. Lui comunista e giacobino, non riusciva a farsi una ragione per i nuovi stili di vita. Sentiva parlare di barche a vela, di magioni lussuose. Piegato dalla pena, diceva a sua moglie: “Ma come vivono questi? Sono ambiziosi, troppo”» (1).
Fatto fuori Natta, ultimo dei togliattiani, diventa segretario Achille Occhetto, il politico che durante la sua direzione del PCI siciliano (1969-77) propose “larghe intese” anche con settori politici compromessi con la mafia, come la corrente dell’andreottiano Salvo Lima, e con quella Sicilia produttiva alla quale “non si doveva fare l’analisi del sangue”.
Natta commentava anni dopo questa attitudine del partito in Sicilia, con una battuta fulminante: «C’era un partito aperto al compromesso, ma non al compromesso storico».

Fassino era da tempo che voleva far dimettere Alessandro Natta: «Piero Fassino è uno dei giovani rampanti del PCI, che preme perché Natta lasci la segreteria e si possa arrivare alla mutazione del Partito comunista in un partito liberale: di provenienza antifascista, ma non comunista, ha studiato dai gesuiti (come Giorgio Napolitano, Toni Negri ed altri). Suo padre Eugenio era uno dei capi della Resistenza in Val di Susa, nella formazione Mauri, composta da liberali e monarchici. L’ex comandante Enrico Martini-Mauri e altri di quella formazione aderiscono, nel febbraio 1971, ai Comitati di resistenza democratica, organismi anticomunisti fondati da Edgardo Sogno con lo scopo di impedire anche con la violenza l’ascesa al potere dei comunisti, come Sogno dichiara nelle sue memorie (Testamento di un anticomunista: dalla Resistenza al golpe bianco, di Edgardo Sogno e Aldo Cazzullo. Mondadori, 2000)».

E come suo padre Eugenio, che durante la Resistenza stava nella in una formazione anticomunista, Piero Fassino oggi lavora per gli statunitensi, per il vertice dell’imperialismo e della massoneria. Come si vede da questo incontro a porte chiuse con John Podesta, uomo dell’ex presidente Clinton.

Enrico Berlinguer ci aveva messo in guardia contro i pericoli del trasformismo revisionista, nel discorso conclusivo
del Festival nazionale dell’Unità a Genova, il 17 settembre 1978. Berlinguer porta i compagni a conoscenza del progetto eversivo che, dopo l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse, vuole completare il suo percorso di arretramento della democrazia in Italia con la revisione della natura ideologica, politica e sociale del Partito comunista italiano. Berlinguer tiene un discorso molto trasparente e diretto, com’era suo stile, che comunica la sua volontà di intraprendere uno scontro a tutto campo, anche con le componenti interne che daranno poi corpo alla svolta della Bolognina e alla spaccatura del Pci:
«Oggi si sviluppa contro il partito comunista una vociante offensiva denigratoria, fragorosa ma confusionaria […]. Una delle forme in cui la campagna anticomunista si esprime è quella che chiamerei degli ultimatum ideologici: “Se non rinunciate a Lenin dall’A alla zeta, se non rompete i vostri rapporti con il Pcus, non siete occidentali ma asiatici”. E credete che si fermino a questo? No. Perché dal ripudio di Lenin si dovrebbe passare a quello di Marx; dalla rottura con il Pcus si dovrebbe passare a riconoscere che la Rivoluzione proletaria d’ottobre è stata un puro errore; e magari, risalendo nella storia, si dovrebbe riconoscere che la Rivoluzione francese sarebbe stato meglio se l’avessero fatta i soli girondini e non vi fossero stati i giacobini. E tutto questo ancora non basterebbe. Perché alcuni dei nostri critici pretendono che noi buttiamo a mare non solo la ricca lezione di Marx e di Lenin, ma anche l’elaborazione e le innovazioni ideali e politiche di Gramsci e di Togliatti. E poi, di passo in passo, dovremmo giungere fino a proclamare che tutta la nostra storia – che ha anche le sue ombre – è stata solo una sequela di errori».
Nonostante la chiarezza espositiva di Enrico Berlinguer che demolisce, ancora una volta, tutto il castello di falsità costruito su un suo presunto approdo alla socialdemocrazia e su un suo possibile revisionismo delle politiche comuniste del PCI, il corpo del partito non si attrezza per la battaglia per sconfiggere le accuse che gli venivano mosse da “sinistra” dai gruppuscoli estremisti di varia estrazione e, nel partito, da Cossutta, Ingrao e da destra da Napolitano, Chiaromonte, in linea con il Psi di Bettino Craxi. Il fallimento delle politiche dei suoi accusatori e la disgregazione ingenerata nel proletariato dal loro lavorio è la prova evidente, oggi, di chi ha tradito Marx, Lenin, Gramsci.

Dalla Bolognina in poi chi ha attuato, come Piero Fassino, quella politica revisionista denunciata da Berlinguer, ha consegnato tutto il potere di questo Paese nelle mani dei loro padroni, i capitalisti.
La nostra sfida è ora di ricostruire il Partito comunista italiano di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer ristabilendo la connessione sentimentale con le masse proletarie che oggi hanno nel “non voto” l’unico strumento di protesta. Impedendo che continui la mistificazione che il PD e tutta la borghesia attuano nei confronti della nostra storia.

Far uscire dalla passività, dalla disgregazione o da forme di lotta nichiliste in cui è caduta la maggioranza della popolazione italiana è possibile, proponendo parole d’ordine che appartengono alla nostra storia di comunisti: come la difesa e la richiesta di applicazione della nostra Costituzione, rilanciandola a tutti i livelli, compreso quello europeo. Vuol dire mettere in discussione la condizione del lavoratore salariato, l’orario di lavoro e la proprietà privata dei mezzi di produzione in questa fase di crisi verticale del capitale, superando i concetti valoriali e monetari imposti agli esseri umani dall’economia capitalistica. Vuol dire proporre criteri diversi per acquisire beni e servizi necessari alla riproduzione della capacità lavorativa, adottando come parametro universale l’orario di lavoro sociale, al posto dell’attuale monetizzazione salariale.


Sono tutte sfide necessarie per opporsi all’attuale deriva sociale e umana. Perché non siamo capaci di prevedere esattamente come sarebbe il nostro paese se ci fosse ancora il PCI.
Ma sappiamo precisamente cosa è diventato senza.

Forza compagni, alla lotta!

(1) Le frasi virgolettate sono tratte dal libro di Paola Baiocchi e Andrea Montella IPOTESI DI COMPLOTTO? Le coincidenze significative tra le morti e le malattie dei segretari del PCI e l’attuale stato di salute dell’Italia – Carmignani Editrice, 2014

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