mercoledì, Settembre 27

LE BOMBE DEL 1993 A FIRENZE, MILANO E ROMA. NON SI PUO’ PARLARE SOLO DI MAFIA

di Redazione

Alle 23:15 del 27 luglio 1993 a Milano nei pressi del Padiglione di arte contemporanea di via Palestro, esplode una bomba che fa cinque vittime: un vigile urbano e tre pompieri accorsi per la segnalazione di una fuoriuscita di fumo sospetto da una Fiat Uno, più Moussafir Driss che dormiva su una panchina e viene colpito da un pezzo di lamiera.

A meno di un’ora altri due ordigni furono fatti deflagrare a Roma, il primo in piazza San Giovanni in Laterano, il secondo davanti alla chiesa di San Giorgio in Velabro, dietro all’antichissimo arco di Giano. Venti feriti e fortunatamente nessun morto.

Erano passati solo due mesi dall’esplosione di un furgoncino collocato in via dei Georgofili a Firenze, che aveva falciato cinque vite e ferito quarantadue persone. Partiamo da qui e dalla ricostruzione che compie l’avvocato Danilo Ammannato, lo storico avvocato di parte civile e portavoce dell’Associazione dei famigliari delle vittime di via dei Georgofili, riprese dalle pagine del libro di Ferruccio Pinotti Attacco allo Stato. I misteri delle stragi del 1993 e il codice Matteo Messina Denaro (Solferino, 2023), un libro da leggere tutto d’un fiatoche spiega come si è realizzato il golpe contro la Repubblica democratica nata dalla Resistenza, senza l’uso dei carriarmati:

“Se si opera una riduzione dei fatti schiacciata sulle responsabilità mafiose, non ci siamo. La triplice causale delle stragi del 1992 (di Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino e delle loro scorte, ndr) che costituiscono la premessa di quelle del ’93, è da individuarsi innanzitutto nella vendetta mafiosa contro i politici traditori: Salvo Lima, Sebastiano Purpura, Calogero Mannino, Carlo Vizzini e Salvo Andò; in secondo luogo in una condotta di ‘prevenzione mafiosa’ contro l’opera di Falcone e Borsellino che avrebbero voluto continuare ad attuare; infine, nella ricerca di nuovi referenti politici. Già nel ’99 Totò Cancemi disse in un’udienza a Firenze che bisognava portare al potere Berlusconi e Dell’Utri.

A questo punto interviene la trattativa avviata dal Ros di Mori nel giugno del ’92 con Vito Ciancimino. Essa è l’antefatto fattuale e casuale del reato di minaccia aggravata la governo, ex art. 338 c.p.p. Riina capì che lo Stato era debole e che ‘si era fatto sotto’ tramite i carabinieri. Questo lo dicono tutte le sentenze di Firenze e i due pronunciamenti di Palermo. A questo punto Cosa nostra decide di accelerare l’omicidio Borsellino, perché, lo illustrano le due sentenze di Palermo di 1° e 2° grado, Borsellino seppe della trattativa da Fernanda Contri, ex consigliere del Csm, e quindi era d’ostacolo.

Riina stoppa l’omicidio Mannino per dedicarsi a questo delitto. Il numero uno di Corleone ha accettato la trattativa e dettò le sue condizioni in merito al 41 bis, all’ergastolo ostativo e al sequestro dei beni. Richieste che nel corso del settembre/ottobre ’92 vennero ritenute eccessive e la trattativa si fermò. Ma, appunto, non cessò: si arenò, pur se solo momentaneamente.[…]

Nell’agosto 1992 Bellini va dal generale Mori, tramite il maresciallo Tempesta, per avviare la seconda trattativa, ma soprattutto – essendo sicuramente dei Servizi, come la sentenza sulla strage di Bologna del 2022 conferma – si reca in Sicilia consigliando a Nino Gioè e a Giovanni Brusca di colpire i beni patrimoniale e artistici dello Stato, nella convinzione che lo Stato avrebbe ceduto al ricatto mafioso. Si verifica quindi un progressivo cambio di causale rispetto al 1992, dopo le iniziative di Mori e di Bellini: la strategia è sempre stragista, ma cambia il target.

A riprova, abbiamo il collocamento da parte del catanese Santo Mazzei del proiettile al giardino dei Boboli, il 5 novembre 1992. Mi sgolo da anni a sottolineare che il proiettile fu piazzato sotto la statua del pretore romano Marcus Cautius, l’inventore della cauzione nell’istituto del diritto civile romano, per la quale l’obbligato ricorda di mantenere l’impegno con la cauzione.

Dall’agenda di Mori si evincono, inoltre, incontri tra lui e Ciancimino, nel settembre e ottobre del ’92, dopo le due stragi. E siamo al secondo semestre del ’92. […]

E’ fondamentale rimarcare, e nessuno lo sscrive, che tutte le stragi del ’93 sono ‘politiche’, come lo sapeva quel grande uomo che fu il Pm Chelazzi, che per questo contestò l’aggravante dell’art. 1, Dl 625 del 1979, ossia la finalità di eversione dell’ordine democratico. Tutti e tre i processi fiorentini sono giunti in Cassazione e passati giudicato, recependo le istanze di Chelazzi. La sentenza di secondo grado sulla trattativa riformata in Appello sottolinea che nel ’93 ci fu una nuova linea strategica mafiosa che ha condotto a una nuova alleanza politica. Leggiamo: ‘Leoluca Bagarella, con Brusca al seguiti, e Giuseppe Graviano: ossia i due esponenti di vertici che in forme diverse e con accenti diversi coltiveranno a partire dal secondo semestre di quell’anno 1993 l’ambizione di far giocare a Cosa nostra un inedito ruolo politico. Il primo addirittura concependo il progetto di un nuovo soggetto politiche ne fosse diretta filiazione, facendo a meno della mediazione di politici collusi o compiacenti, e dei partiti verso cui tradizionalmente l’organizzazione mafiosa convogliava i pacchetti di voti che era in grado di controllare; il secondo tessendo rapporti con politici e imprenditori proiettati verso la creazione di un nuovo partito a forte vocazione padronale, come Forza Italia’.

Bagarella puntava su Sicilia, mentre Graviano puntava su Forza Italia. eppure Berlusconi e Dell’Utri erano cittadini privati. […]

‘Lo stragismo mafioso, che a partire dal 27 maggio tornerà a insanguinare le maggiori città del Paese, lontano dalla Sicilia, si nutre di altre e più raffinate istanza rispetto alle pulsioni di vendetta dei politici infingardi’. Eccola l’eversione dell’ordine democratico del ’93! Fermiamoci un attimo e, constatando il dinamismo militare di Cosa nostra che, come avrebbe detto Chelazzi, si esplica con la riunione del 1° aprile del ’93 e conduce all’esportazione della strategia dinamitarda continentale, prendiamo atto del dinamismo del quadro politico italiano. Il 22 aprile ’93 il governo Amato rassegna le dimissioni. Il 28 aprile il Senato vota per l’autorizzazione a procedere contro Andreotti. Il giorno dopo la Camera nega quattro autorizzazioni a procedere contro Craxi. Cosa significa tutto ciò? La crisi del Caf (il nome dato all’alleanza di governo tra Craxi, Andreotti, Forlani, ndr).

Tant’è vero che il capo dello Stato forma il governo Ciampi, un esecutivo non solo tecnico, e quindi debole, ma che per la prima volta ha l’appoggio del Pds di Occhetto, quello che il centrodestra bollerà come il primo governo comunista d’Italia. La riprova l’abbiamo il 26 gennaio del ’94 con la discesa in campo di Berlusconi, per difendere l’Italia dai comunisti. […]

Questi sono fatti inoppugnabili e io che sono un penalista in casi com questi dico: ‘il diritto penale è il diritto dei fatti e i fatti sono testardi’. Guardate come il dinamismo militare mafioso si attuai in contemporanea con il dinamismo politico italiano. E’ stata solo una coincidenza?

Il dinamismo politico di Forza Italia è anch’esso contemporaneo. Ezio Cartotto (ex Dc viene chiamato nel ’92 da Dell’Utri per costruire Forza Italia, ndr) al processo di Palermo ha detto che il 4 aprile di quell’anno si riunì ad Arcore con Craxi e Berlusconi. Ed è una riunione cruciale perché Cartotto ha detto che lui e Dell’Utri erano felicissimi. Craxi gli diede il via libera. Ma tutto doveva restare segretissimo.

La seconda tappa del dinamismo politico si ebbe in giugno, quando Berlusconi andò dal notaio a creare l’associazione Forza Italia. Il 16 gennaio Scalfaro sciolse le Camere, ponendo fine alla Prima repubblica. E allora, come si fa a vedere questo contesto solo con l’angolazione mafiosa?

E’ questo che va capito: le stragi del ’93 servirono a colpire e indebolire il governo Ciampi, che non sa tutelare l’incolumità dei cittadini e, contemporaneamente, facilitare ed incoraggiare l’affermazione di Forza Italia.

Nel ’93 l’autista dei Graviano, Fabio Tranchina, venne in Versilia in occasione della strage dei Georgofili, poi andò a Roma, quindi in Sardegna nel settembre ’93, dove c’erano Berlusconi e Dell’Utri. I contatti diretti con Forza Italia avvengono quell’anno con i Graviano. Siamo nel secondo semestre del ’93. In estate chiudono i battenti i principali partiti della Prima repubblica. Chiude il Psdi, che va in bancarotta per un debito di quattro miliardi. Il 26 luglio, il giorno prima delle stragi di Milano e Roma, c’è il congresso della Dc all’Europa, in cui Mono Martinazzoli chiude, seppur non ufficialmente, il partito; il Psi chiude i battenti a dicembre. Abbiamo l’horror vacui politico, che va rimpiazzato da nuove forze. […]

E veniamo al gennaio 1994, un periodo cruciale, l’ultimo. Deponendo al processo di Palermo Luciano Violante, che all’epoca fu informato da Mori che una trattativa era in corso, definì quelle del ’93 come le ‘bombe del dialogo’, perché fatte scoppiare di notte. Quella dell’Olimpico fu una strage tentata in luogo pubblico, di giorno e alla ricerca palese di vite umane. Nel semestre politico del ’93 Cosa nostra era alla ricerca di un referente politico. Ma io chiedo: solo lei? E il circuito politico, che vide la fine del Caf e di altri partiti come Dc, Psi, Psdi, Pli e Pri? E il potere economico che stava subendo le batoste di Mani Pulite? E i Servizi segreti? E la massoneria, che con la P2 aveva inizialmente sposato il progetto delle tre macroregioni del professor Miglio?

Si arriva quindi a Forza Italia, che non andava certo di traverso alle entità appena citate. Il 13 gennaio, infatti, si dimise il governo Ciampi, con le elezioni indette il 27 e 28 marzo. Il 18 gennaio, lo accertano i documenti della Dia, Cartotto e Dell’Utri sono all’Hotel Majestic di via Veneto 50, a Roma, per la formazione delle liste di Forza Italia. Il 19 Martinazzoli decreta la fine giuridica della Dc. Venerdì 21 gennaio c’è l’incontro al bar Doney di via Veneto in cui Giuseppe Graviano dice a Spatuzza di avere il Paese nella mani.

L’Attentato all’Olimpico del 23 gennaio è quello per il quale Graviano disse a Spatuzza che bisognava dare il colpo di grazia ai carabinieri, perché l’Arma era considerata traditrice, avendo iniziato la trattativa senza averla portata a termine. Ed è anche il colpo di grazia al governo Ciampi, per agevolare l’affermazione del nuovo corso di Berlusconi e Dell’Utri. Nella sentenza di Palermo si legge: ‘Il progettato attentato all’Olimpico, destinato questa volta a mietere centinaia di vittime (a differenza di quelle accidentalmente prodotte dalle stragi già consumate a Firenze come a Roma e a Milano) doveva essere una sorta di spallata decisiva a un sistema sull’orlo del collasso.

O i mafiosi ricevettero un telecomando difettoso o forse qualcuno lo sapeva e mise uno schermo elettronico protettivo. La prova non l’abbiamo, però sono entrambe due ipotesi serie. il 27 e 28 marzo Forza Italia stravince: il cerchio si chiude, finisce la strategia stragista.

Questa è la vera storia d’Italia che il popolo italiano non conosce e deve conoscere. E lo faccio per la signora Maggiani Chelli, che ci ha dedicato una vita”.

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