sabato, Dicembre 9

LE PROPRIETA’ POLITICHE E NON… DI MARIO DRAGHI, UNO DEI REGISTI DEL GOLPE AVVENUTO IN ITALIA NEL 1992, ISCRITTO A BEN 5 LOGGE MASSONICHE

di Andrea Montella

Spesso durante i dibattiti che organizziamo sullo stato in cui si trova l’Italia, emerge la considerazione che sia stato compiuto un colpo di Stato, senza che ce ne accorgessimo. Effettivamente dopo le controriforme al sistema elettorale proporzionale puro senza sbarramenti, con la modifica del Titolo V, l’introduzione dell’incostituzionale pareggio di bilancio in Costituzione, sino alla rapina dei tesori dello Stato con le privatizzazioni, i cittadini italiani – quelli che pagano realmente tutte le tasse dirette e indirette, ovvero il vero sovrano di questa nazione, i lavoratori e i pensionati – hanno perso il potere che avevano conquistato con la lotta di Liberazione dal nazifascismo, la nascita della democratica Prima Repubblica, fondata sul lavoro, le conquiste contro i padroni degli anni Sessanta/Settanta… con il golpe la sovranità è passata nelle mani dei massocapitalisti.

Allora vediamo di capire chi ha elaborato e operato questo golpe politico ed economico contro il nostro paese, favorendo i fratelli di loggia internazionali e nazionali: Mario Draghi e i suoi sodali al potere nel governo dal 1992 fanno parte sicuramente della massoneria, lui in particolare è iscritto a ben 5 logge massoniche la Edmond Burke, la Tree Eyes, la White Eagle, la Compass Star-Rose e la Pan-Europa, come descritto nel libro del massone Gioele Magaldi: MASSONI Società a responsabilità illimitata. Vediamo ora cosa è successo in quel periodo e come hanno fatto, grazie al libro scritto dall’ex magistrato Carlo Palermo, ARMAGEDDON CRIME – Il Titano d’Europa e la terza Roma – Sacro Monte Editore, settembre 2022.

«La prima parte nascosta del Golpe. La Regina Elisabetta, Mario Draghi e il collegio degli invisibili

Già nel libro La Bestia avevo avuto modo di manifestare i mio pensiero nella ricostruzione del periodo stagista in Italia degli anni Novanta evidenziando che all’ombra di esso avviene la seconda cessione di sovranità del nostro Paese tramite le privatizzazioni introdotte dal 2 giugno del 1992 con lo sbarco del Britannia a Civitavecchia e l’intervento degli “Invisibili” Maghi del governo ombra mondiale economico/finanziario (III fase del golpe avvenuto all’ombra delle stragi* del 1992/93) tramite Ciampi, Draghi, Amato, Prodi ecc., prima fase della svolta di privatizzazione dell’attività di governo dell’Italia. Venne, come noto, attuata in capo a Mario Draghi/Silvio Berlusconi, rappresentata da determinate oligarchie bancarie/finanziarie/farmaceutiche/sanitarie/lobbiste di natura privatistica (moderne segrete aggregazioni di sinarchie mondiali) mai sinora considerate come soggetti giuridici con rilevanza penale (come associazioni di diritto o di fatto rappresentate da persone fisiche spesso anche individuate sotto il profilo soggettivo e come tali perseguibili penalmente).

Faccio qualche approfondimento dello svolgimento delle attività sulle privatizzazioni svolte da quel 1992 da quel Mario Draghi quando era direttore generale del Tesoro. Individuo i rilievi svolti all’epoca dalla Corte dei Conti laddove (a p. 60) si legge della tendenza dei comitati per la governance ad avallare i pareri delle società di consulenza “senza svolgere la funzione di indirizzo che il quadro normativo gli attribuisce”. La Corte parla anche di una “cerchia ristretta per gli advisor coinvolti nei progetti tecnici che riguardavano società come Telecom ed Enel”. Chi rientra in detta Cerchia? Nel dossier della Corte si ricorda che i consulenti o contractors vennero chiamati per gestire le privatizzazioni tra il 1994 e il 2008: 32 società sono state chiamate con vari ruoli per un totale di 163 incarichi. Scriveva “il Fatto”: la lista che comprendeva i colossi del settore (Deloitte, Kpmg, E&Y) ma anche società specializzate e numerose banche italiane ed estere come l’antica Ubs usata da Licio Gelli e compresi i gruppi Usa Rothschild, Morgan Stanley e Goldman Sachs (che poi – come accennato – avrebbero aperto le porte ai dirigenti del Tesoro e allo stesso Draghi che uscì dal ministero per finire in Goldman). Complessivamente lo Stato ha speso – precisa la Corte dei Conti – per incarichi ai consulenti 2,2 miliardi di euro, quasi i 2% di quanto incassato dalle privatizzazioni (120 miliardi). Società come Kpmg e Deloitte, peraltro, lavoravano già con ministeri e pubbliche amministrazioni a queste sostanzialmente sostituendosi nelle stesse funzioni di indirizzo politico.

Prescindo dal già evidenziato riferimento a Ottavio Salamone contenuto nelle XI tavole e ritorno alle note privatizzazioni iniziate nel 1992 (eseguite facendo uso come consulenti profumatamente pagati di operatori finanziari prevalentemente Rothschild, Morgan Stanley e Goldman Sachs per Mario Draghi segue l’ascesa dalle cariche ministeriali che ricopriva prima al Ministero (esercitate – ripeto – assegnando un’enormità di consulenze ai principali operatori finanziari presenti sul mercato) a quelle bancarie/direttive che poi svolse negli stessi istituti prima “scelti”, adoperati (e pagati come consulenti) per realizzare le privatizzazioni: il 28 gennaio 2002 egli viene nominato Vice Chairman e Managing Director di Goldman Sachs (affidataria delle precedenti consulenze) per guidare le strategie europee dell’istituto dalla sede di Londra. Dal 2004 al 2005 divienemembro del Comitato esecutivo del gruppo.

Quando poi nel 2011 inizia a circolare il nome di Draghi come possibile Presidente della Banca centrale europea, la sua candidatura viene messa in discussione proprio a causa del periodo trascorso in Goldman Sachs.

A Draghi viene rimproverato il coinvolgimento nella vendita di derivati alla Grecia, che le avrebbero permesso di entrare nell’eurozona attraverso l’uso di derivati finanziari e artifici contabili. Tale vendita, tuttavia – egli rileva – era stata perfezionata nel 2001 ovvero prima che lui fosse assunto dalla banca d’affari statunitense. 

Non si evidenzia allora – tuttavia – il fatto che in quel periodo erano ancora in corso le privatizzazioni nelle quali proprio Goldman Sachs aveva svolto ripetutamente le funzioni di consulente del Comitato per le Privatizzazioni da egli presieduto. Lo stesso Draghi, sui fatti relativi alla Grecia, dichiarò di non essere al corrente della vicenda e che quel tipo di accordo non rientrava comunque nelle sue responsabilità; ma non fornì alcuna prova – a lui da nessuno richiesta – della limitazione delle sue competenze quale Vice Chairman e Managing Director di Goldman Sachs per guidare le strategie europee dell’istituto dalla sede di Londra e tantomeno delle consulenze ancora in corso per le privatizzazioni in Italia.

Il 29 dicembre 2005, inoltre, il Consiglio dei ministri (costituito dal governo Berlusconi III) nomina Draghi governatore della Banca d’Italia, sostituendo Antonio Fazio, costretto alle dimissioni in seguito allo scandalo di Bancopoli. In oggettiva presenza dei citati conflitti d’interessi, dopo la propria nomina, Draghi, per sottrarsi ai conflitti di interessi, vendette le sue azioni Goldman Sachs e ne affida il ricavato a un blind trust, presso la Fortis Bank una Blind trust studiata apposta contro il conflitto d’interessi dal sistema inglese…ma non da quello italiana; non riconosciuto applicabile ad esempio per Silvio Berlusconi. Detto sistema contempla l’affidamento – per Draghi – delle proprietà finanziarie in capo ad un “fondo cieco che accoglie i proventi delle cessioni” dei titoli e delle opzioni di Goldman Sachs che costituiscono praticamente la ricchezza del governatore accumulata da quest’ultima, eccettuati gli immobili. 

Questo è il sostanziale trucco per risolvere l’incompatibilità – “procede autonomamente al loro investimento”. Il blind trust è l’affidamento dei beni personali o familiari a un gestore fiduciario che investe senza dire come al titolare al quale vengono presentati solo i rendimenti finali. Draghi poi fa confluire gli immobili di proprietà della famiglia nella società senza fini di lucro Serena, costituta il 17 novembre 2007, di cui è socio amministratore assieme alla moglie e le cui quote sono equamente suddivise, ma in nuda proprietà, tra i due figli; a tale società nel 2011 risulta intestata la villa a Città della Pieve (Perugia) che occupa 24 vani, con annessi 2 magazzini. Nello stesso comune umbro i coniugi Draghi, sempre tramite Serena, detengono, adiacenti alle residenze, una trentina di terreni adibiti a bosco, pascolo, seminativo e uliveto che si estendono su una superficie complessiva di circa 200mila metri quadrati. Nella stessa cittadina la moglie di Draghi, possiede direttamente un magazzino e un terreno di 3mila metri quadrati, a Padova un’abitazione e una cappella a Noventa Padovana, a Roma in viale Bruno Buozzi, a metà col marito, la principale abitazione dei coniugi, con due garage. L’ex presidente della Bce, oltre alla metà della casa romana, e sempre nella Capitale, ha la metà di due garage, detiene interamente una casa ad Anzio di 7 vani con garage.Draghi, infine, a Stra (in provincia di Venezia) possiede un terzo di una villa di 13 stanze con terreni intorno per 8mila 500 metri quadrati. 

Un collegamento con il presente dei citati colossi utilizzati dal Comitato per le privatizzazioni negli anni Novanta/Duemila (Deloitte, PwC, Kpmg ed E&Y) emerge dal fatto che oggi proprio questi vengono posti sotto accusa, ad esempio, perché “Non hanno valutato adeguatamente i rischi climatici”.

Oggi, quelli valutati per il Recovery Plan non hanno valutato… quelli energetici. Erano forse imprevedibili? Lo vedremo.»

* Uccisione dei magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle loro scorte

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