di Redazione

Dopo lo smantellamento della Prima e democratica Repubblica da parte dei massocapitalisti che in ogni settore della società hanno operato tramite la loro loggia Propaganda 2 per imporre i piani dei banchieri della Federal Reserve e della Bce che, come hanno dichiarato per tramite della banca JP Morgan, sognano paesi governati secondo i principi di un’azienda di due secoli fa, in Italia (e non solo) il loro progetto si è compiuto con i governi Draghi e Meloni. Infatti per questi banchieri occorreva farla finita con i valori del 25 Aprile e con bilanciamento dei poteri, sostituendoli con un “governo forte” verso i proletari.
Basta con le protezioni del lavoro. Basta con queste Costituzioni antifasciste contaminate dalle idee socialiste e comuniste. Basta con la libertà dei cittadini di protestare.
Questo è il disegno che JP Morgan, la più importante banca d’affari del mondo insieme a Goldman Sachs, Warburg, Rothschild, Rockefeller, ha messo nero su bianco in un documento sulla crisi in Europa nel 2013. Questo è il paragrafo più significativo del documento:
«I sistemi politici della periferia meridionale (dell’ Europa) sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. Questi sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».
La banca JP Morgan e i banchieri d’affari ci spiegano, dunque, che il buon funzionamento dell’economia non è il mezzo attraverso cui si cerca di migliorare il benessere collettivo, ma il fine da perseguire è il massimo profitto, a costo di stracciare le garanzie e i diritti che definiscono uno Stato democratico. Questo è stato fatto da tutti i governi tecnici e politici che si sono succeduti nella Seconda piduistica ed élitaria Repubblica.
Quindi le domande da porsi sono: basta votare per dire di essere in democrazia? Quale metodo elettorale garantisce una piena partecipazione democratica da parte dei cittadini alla selezione dei propri politici?
Noi comunisti crediamo che negli ultimi trent’anni ci sia stato un arretramento politico, sociale e culturale significativo, in cui è stata di fatto abrogata l’eguaglianza contenuta nell’articolo 3 della Costituzione, perché al vertice delle scelte della politica sono stati messi gli interessi delle imprese e quindi dei privati: le élite dei massocapitalisti.
Sono queste élite che hanno imposto 101 anni fa il fascismo in Italia, il nazismo nel 1933 in Germania e il franchismo in Spagna nel 1939 e che oggi, grazie a giornalisti, professori universitari e storici, tutti ben remunerati, svendono la verità su tutti i canali televisivi sia di Stato che privati, con la complicità di politici, di tutti i presidenti della Repubblica degli ultimi trent’anni, operando in sinergia la revisione storica con lo scopo di rivalutare il fascismo, per poterlo riutilizzare nei momenti di crisi di sovrapproduzione del sistema in cui la guerra diventa un passaggio obbligato per creare le condizioni – con la successiva ricostruzione – della ripresa economica, con nuovi rapporti di forza.
A questo serve oggi la guerra in Ucraina. Una guerra che il nostro popolo non vuole, ma è imposta da governi che tradiscono sistematicamente l’articolo 11 della nostra Costituzione che afferma: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
E, in continuità con la revisione storica voluta dai vertici delle banche d’affari e delle multinazionali, il 10 febbraio scorso si è celebrata – in un fiume di retorica patriottarda e di balle spaziali – la cosiddetta «giornata del ricordo» delle foibe e dell’esodo delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate alla fine della seconda guerra mondiale.
Tacendo sulla responsabilità persecutorie delle politiche del regime monarco-fascista che dominò l’Italia dal 1922 in poi. Si sono dimenticati, per l’ennesima volta, l’occupazione nazifascista della Slovenia e dei Balcani dal 1941 al 1944, le aggressioni e le stragi fasciste e naziste che insanguinarono l’intera Jugoslavia in quegli anni di occupazione. Si è dimenticato che, ancor prima dell’invasione della Jugoslavia, il regime fascista aveva compiuto in Istria una violenta opera di snazionalizzazione nei confronti delle popolazioni di lingua slava e di tutto ciò che non era italiano. Si sono dimenticati i lager fascisti costruiti dopo il 1941 in Jugoslavia, quando l’attuale Slovenia venne annessa all’Italia e non meno di 30.000 persone di nazionalità slovena furono deportate e rinchiuse in una quarantina di campi di concentramento, il più duro dei quali fu quello creato nell’isola adriatica di Arbe, nel quale morirono più di 4.000 internati.
Siamo al costante stravolgimento della storia e il risultato ottenuto è che, passo dopo passo dell’oca, al governo abbiamo i fascisti di Fratelli d’Italia.
Tutto questo accade grazie al tradimento perpetrato nel 1991 dai vari Achille Occhetto, Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema, Gianni Cervetti, Walter Veltroni, Piero Fassino, Nilde Iotti, Luciano Violante e da tutti coloro che accettarono di fare un congresso a Rimini di scioglimento del Partito Comunista Italiano, che per Statuto operava secondo il metodo del centralismo democratico in cui erano vietate le aggregazioni in correnti e quindi la possibilità di proporre tre mozioni. Nel P.C.I. sino a quando è stato diretto da comunisti, sino a Berlinguer e Natta, la segreteria produceva una sola mozione, emendabile tramite il dibattito nelle Sezioni, con le varie proposte di integrazione o modifica.
L’anticomunismo è prevalso e con esso anche il significato che i massocapitalisti hanno imposto al 25 Aprile.
Ma i comunisti sono tenaci e ribadiscono, per verità storica, che sono l’unica forza oggi che può vantare di essere in continuità con la Resistenza in quanto le altre formazioni politiche sono sorte dopo il 1992 con lo scopo di modificare la Costituzione e il significato storico della lotta partigiana, sono stati i principali oppositori del fascismo dalla sua nascita, e hanno pagato il più alto tributo fin dal 1926 con 4.030 condannati dal Tribunale speciale su 4.671 complessivi, totalizzando 23mila anni di carcere.
Il Partito comunista fu l’organizzazione più consistente, all’interno del movimento partigiano, rispetto alle altre forze politiche antifasciste: su 1.090 brigate partigiane, 575 furono a direzione comunista.
Alla fine del 1944 le brigate comuniste inquadravano 50.000 combattenti su un totale di 80.000.
RIBADIAMO CHE PER NOI IL 25 APRILE E’ UN GIORNO DI LOTTA PER RIPORTARE IL PAESE AI VALORI VERI DELLA RESISTENZA SANCITI NELLA COSTITUZIONE DEL 1948
PER QUESTO OCCORRE FARE UNA SECONDA LOTTA DI LIBERAZIONE CONTRO I NUOVI INVASORI D’EUROPA: GLI USA E LA NATO.
Quindi nessuna pacificazione con il neofascismo!
Difesa intransigente della verità storica, contro i falsificatori della storia
Difesa intransigente della lotta armata partigiana, in tutti i suoi aspetti
No a qualsiasi equiparazione legislativa fra partigiani e torturatori repubblichini
Nessuna equiparazione tra nazismo e comunismo
Lotta a fondo contro la deriva reazionaria della seconda massonica Repubblica