di Andrea Montella

La sfida al capitalismo e al suo sistema monetario da parte della Cina comunista mette l’imperialismo Usa/NATO e la sua politica criminale in seria difficoltà
Il popolo cinese ha deciso, giustamente, di attaccare il sistema monetario imperialista basato sui petrodollari e i suoi ricatti politici e militari Usa/NATO.
La strategia comunista è quella di aumentare l’importanza della propria moneta il Renminbi, che vuol dire “la valuta del popolo”, di cui la moneta base è lo yuan, ancorando ad essa gli scambi di petrolio di cui è il maggior importatore al mondo. In questo modo lo Yuan diventa una divisa di riserva mondiale, che si aggiunge al dollaro, allo yen, alla sterlina e all’euro, ruolo che lo yuan aveva già avuto dal Fondo Monetario Internazionale nel 2015. La sfida cinese agli Usa sul fronte monetario si aggiunge a quella commerciale e tecnologica. L’oppressione imperialista Usa/NATO traballa sempre di più.
Questa coraggiosa e pacifica operazione valutaria cinese di sottrarsi al dominio del dollaro ha dato coraggio a molti altri Paesi, tra i quali quelli che fanno parte dei “BRICS”come il Brasile, la Russia, l’India e il Sud Africa, perché ne amplierebbe la libertà d’azione nei confronti degli Usa, con una ricaduta internazionale che potrebbe determinare conseguenze molto importanti nel futuro delle relazioni commerciali, finanziarie e geopolitiche. Gli spazi a favore di una maggiore libertà per tutti si stanno ampliando in modo esponenziale grazie a questa operazione comunista.
Nella direzione politica cinese va il recente accordo Cina-Arabia Saudita, che creerebbe poi probabilmente un effetto valanga nei confronti di altri Paesi produttori di petrolio, spingendoli a stringere accordi con il paese comunista, facendo crescere enormemente i volumi transati sul petroyuan e aprendo così una breccia pericolosa nell’argine che gli Stati Uniti d’America hanno creato a protezione del proprio sistema valutario e finanziario a discapito di tutti i loro alleati, in particolare i paesi europei.
Le implicazioni di questa mossa cinese sono enormi, non riguardano solamente la sicurezza degli approvvigionamenti energetici ma anche questioni economico-finanziarie e geopolitiche e gli analisti dell’imperialismo lo hanno segnalato chiaramente ai loro massocapitalisti, come l’economista Gal Luft, dell’Institute for the Analysis of Global Security: «il mercato del petrolio, e per estensione tutto il mercato globale delle materie prime, rappresenta la polizza assicurativa dello status del dollaro come valuta di riserva. Se questo mattone viene rimosso, il muro inizia a crollare».
Le decisioni cinesi vanno di pari passo alla crescita del progetto di transizione digitale dello yuan: come sappiamo l’evoluzione dei sistemi monetari sarà la smaterializzazione totale del denaro, attraverso la sostituzione del contante con sistemi di pagamento elettronici e l’introduzione negli anni a venire delle cosiddette Central Bank Digital Currencies, cioè le Divise Digitali delle Banche Centrali per le quali la Cina è nei primi posti a livello mondiale. La combinazione tra petroyuan ed e-yuan è un’arma molto potente in mano alle autorità comuniste, capace quindi d’intaccare la supremazia valutaria statunitense, nella prospettiva di una progressiva de-dollarizzazione dell’economia e della finanza internazionale.
La strategia valutaria cinese è una trasparente e intelligente operazione per cambiare gli equilibri finanziari del mondo e, attraverso di essi, anche quelli economici e geopolitici. Questa precisazione la faccio per chi a sinistra definisce la Cina un paese non comunista. Tutto questo i comunisti cinesi lo fanno senza sparare un colpo di cannone, quindi in un processo economico e politico dove al centro c’è la pace e l’eguaglianza tra le nazioni e i popoli. Dando ai Paesi non allineati con gli Stati Uniti la possibilità di aggirare quelle schifose e disumane sanzioni imposte dal sistema imperialista Usa/NATO a tutto il mondo. Da oggi tutto questo cambia in meglio.