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L’ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO APRE UNA LOTTA ALL’INTERNO DELLA MASSONERIA

di Redazione

I massoni del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani in seguito alle dichiarazioni rilasciate dall’ex gran maestro del GOI e della Gran Loggia regolare d’Italia, fondatore dell’Ordine degli Illuminati, professor Giuliano Di Bernardo, in un servizio giornalistico andato in onda il 20 gennaio, nell’edizione delle 20.00 del Tg1, hanno dato mandato ai propri legali di avviare un’azione a tutela del proprio buon nome e della onorabilità dei propri associati.

Questa azione da parte del GOI è davvero stupefacente alla luce di tutto quello che è emerso in decenni di inchieste della magistratura sui legami fra massoneria (che non è deviata è proprio fatta così) e criminalità organizzata. Ma fa vedere che esiste uno scontro interno allo stesso partito-chiesa della borghesia su chi deve trarre benefici dalle guerre in corso e come gestire l’enorme quantità di denaro da riciclare che costantemente le mafie attraverso la massoneria fanno arrivare alle banche, al sistema finanziario e alle imprese.

Questo legame era ben presente ai padri costituenti e in modo particolare al nostro compagno Palmiro Togliatti, tanto da aver lottato contro la parte liberal massonica interna ai costituenti, come Calamandrei, per far inserire nella nostra Costituzione l’articolo 18 che così recita: “Sono proibite le associazioni segrete”. E quale associazione è più segreta della massoneria?

Curiosamente nel lancio del servizio Di Bernardo è stato chiamato Girolamo mentre è conosciuto come Giuliano, come fosse una presa in giro. In quegli ambienti di grembiuli nulla avviene per caso, il nome Girolamo richiama subito alla mente Savonarola che, dopo essere stato sconsacrato, fu impiccato con due confratelli e il suo cadavere arso in Piazza della Signoria nel 1498. Quindi il nome Girolamo sarà stato uno sbaglio o una minaccia?

Per comprendere meglio i legami esistenti tra il crimine e la società gestita dai capitalisti tramite l’infiltrazione massonica, a cui pongono una strenua resistenza i cittadini democratici e i magistrati rispettosi delle leggi e dell’articolo 18, alleghiamo le conclusioni a cui sono giunti i lavori della Commissione antimafia sui rapporti tra mafia e massoneria, il vero e unico partito chiesa dei capitalisti. 

Commissione antimafia: relazione sui rapporti tra mafie e massoneria

Premessa. La Commissione Antimafia ha approvato il 21 dicembre 2017 una relazione (doc. XXIII, n. 33) sulle infiltrazioni di Cosa nostra e della ’Ndrangheta nella massoneria in Sicilia e Calabria, di cui qui sono sintetizzati i passaggi più rilevanti.

Le vicende di Castelvetrano. La relazione ripercorre l’attività di approfondimento svolta dalla Commissione con riguardo al comune di Castelvetrano (Trapani), dove il boss Matteo Messina Denaro continua ad esercitare la sua forte influenza anche dalla latitanza: lì si registra un elevato numero di logge massoniche delle quali fanno parte esponenti mafiosi, amministratori locali e dipendenti dell’Amministrazione: sono in corso diverse indagini della magistratura e lo stesso comune è stato sciolto nel giugno del 2017 per infiltrazioni della criminalità organizzata.

L’attività conoscitiva della Commissione. La Commissione ha svolto un lungo ciclo di audizioni e missioni con magistrati, esperti e due collaboratori di giustizia, acquisendo una gran mole di documenti: in tale ambito, ha ascoltato anche i vertici di importanti logge massoniche, in alcuni casi ricorrendo ad audizioni a testimonianza soggette agli artt. 366 e 372 del codice penale. Di fronte al rifiuto di consegnare gli elenchi degli iscritti, la Commissione ha proceduto al loro sequestro, limitatamente a quattro logge della Sicilia e della Calabria, garantendo comunque un regime di riservatezza sui nominativi acquisiti.

I risultati dell’attività di verifica degli elenchi. La relazione dà conto delle risultanze del lavoro di verifica degli elenchi disponibili (peraltro incompleti o non sempre aggiornati) anche con riferimento alle logge sciolte nelle quali, aldilà delle motivazioni ufficiali che hanno portato allo scioglimento, risultavano presenti numerosi esponenti mafiosi. Dai riscontri effettuati sugli elenchi delle quattro logge emerge un numero rilevantissimo di soggetti indagati per reati di mafia (193, in gran parte professionisti, dipendenti pubblici e imprenditori), dei quali 31 condannati in via definitiva ovvero con procedimenti in corso per associazione mafiosa o altri gravi reati. La Commissione ha potuto verificare anche una forte presenza di esponenti massoni all’interno dell’amministrazione comunale di Castelvetrano e di due aziende sanitarie, tutte sciolte per infiltrazioni mafiose nonché in alcuni istituti di credito.

Sui rapporti tra mafia e massoneria. La relazione, sulla base degli elementi raccolti, sottolinea innanzitutto l’inadeguatezza dei controlli preventivi adottati dai vertici delle logge massoniche per evitare possibili infiltrazioni da parte della mafia dalla Commissione; ci sono inoltre significativi casi in cui non risultano adottati provvedimenti nei confronti di iscritti condannati per gravi reati (ivi inclusi quelli di associazione mafiosa). Viene altresì evidenziata non solo la “tolleranza” ma anche la “segretezza strutturale” che caratterizza alcune logge (anche per fatti gravi che potrebbero interessare l’autorità giudiziaria) e la “supremazia riconosciuta alle leggi massoniche rispetto a quelle dello Stato” (ivi incluso l’obbligo per i dipendenti pubblici di dichiarare la loro affiliazione ad associazioni che interferiscano con gli obblighi del loro ufficio), fattori incompatibili con il dettato costituzionale e che favoriscono le infiltrazioni da parte delle organizzazioni mafiose. Gli stessi elenchi sequestrati contengono un elevato numero di nominativi non identificabili e risultano comunque largamente incompleti, lasciando supporre che alcuni iscritti siano volutamente occultati e portati perciò a conoscenza soltanto di una cerchia ristretta di aderenti alla loggia di riferimento.

La rilevanza del fenomeno delle infiltrazioni della mafia all’interno della massoneria, come emerge dal lavoro della Commissione, rende necessario estendere l’analisi, nella prossima legislatura, alle logge di altre regioni italiane, verificando anche la situazione giudiziaria degli iscritti con riferimento non solo ai reati di mafia in senso stretto anche ad altri “reati spia”.

Le proposte della Commissione per l’adeguamento del quadro normativo. La relazione evidenzia la lacunosità della normativa vigente, con riferimento sia alle disposizioni della “legge Spadolini” (legge n. 17 del 1982), che prevede una fattispecie molto restrittiva di associazione segreta, sia alle norme che dovrebbero impedire a magistrati, pubblici dipendenti, militari e forze dell’ordine di aderire ad associazioni massoniche. La Commissione ritiene perciò essenziale un adeguamento del quadro normativo in modo da garantire la piena aderenza ai principi costituzionali. In quest’ottica dovrebbe perciò essere definita innanzitutto una disciplina più rigorosa sulle associazioni segrete, vietando tutte le associazioni sostanzialmente segrete (massoniche e non), anche quando perseguano fini leciti, aumentando anche le sanzioni e prevedendo il potere del prefetto di scioglierle (soggetto ovviamente ad impugnazione). Inoltre dovrebbe essere stabilito l’obbligo per gli incaricati di pubbliche funzioni e dipendenti pubblici di dichiarare l’appartenenza ad associazioni che, pur non essendo segrete, impongano vincoli agli iscritti incompatibili con l’esercizio di una funzione pubblica; parallelamente, dovrebbe essere effettuata una verifica periodica da parte dell’Amministrazione sul rispetto di tale disposizione, al fine di rendere effettiva la sua attuazione.

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