Videointervista a una staffetta partigiana pisana
“Questa è la mi’ vita, io sono contenta d’aver avuto una vita piena, mi interessa essere stata utile a qualcosa e a qualcuno e sono rimasta comunista dentro […]. Io sono per la falce e il martello, gli emblemi del lavoro.”
Mirella Vernizzi (25 maggio 1927-27 ottobre 2016)
di Elena Montella
Mirella Vernizzi era nata a Pisa il 25 maggio 1927 in una famiglia numerosa. La mamma era una ex impiegata delle Poste, mentre il papà lavorava nelle ferrovie; aveva due fratelli più piccoli, uno nato nel 1929 e l’altro nel 1931.
Come succedeva spesso nelle famiglie di quei tempi, con loro abitavano anche la nonna, la sorella e il fratello della mamma, zii di Mirella. Erano tutti insieme nella stessa casa perché la nonna era rimasta vedova da giovane e con i figli ancora bambini.
Mirella aveva frequentato i due anni delle Superiori ottenendo così il diploma di ragioneria; di indole volitiva, le sarebbe piaciuto continuare gli studi fino all’Università diventando maestra, medico (o marinaio, come aveva detto per scherzo una volta a suo padre), ma non le era stato possibile perché, viste anche le risorse economiche limitate e la consuetudine dell’epoca, l’istruzione era stata riservata ai due fratelli maschi. Combinazione volle che nessuno dei due poi abbia finito le scuole.
Apprese della dichiarazione di guerra del 1940 ascoltandola alla radio e parlando con suo padre dei tedeschi e di cosa avrebbero fatto loro, il padre le mostrò una grossa cicatrice sotto la maglia di lana. Le disse: «Ricordati, Mirella, che questa me l’hanno fatta i tedeschi nella guerra del ’15-’18».
Nel 1943 la casa della famiglia Vernizzi fu distrutta da un bombardamento mentre il più grande dei suoi fratelli venne ferito ad una gamba. Venne ricoverato all’ospedale mentre il resto della famiglia si accampò in piazza del Duomo, nel riquadro tra il campanile e l’Arcivescovado o anche al suo interno.
In quei giorni di giugno ci furono trentasei bombardamenti, ma nessuno come quello del 31 agosto. Pisa venne barbaramente bombardata a tappeto dagli statunitensi, furono colpite e rase al suolo le zone della stazione ferroviaria e di Porta a mare, ma anche parte dei quartieri di Porta nuova, Porta a Lucca e Porta fiorentina fino a La Cella; circa un quarto del territorio urbano fu danneggiato o distrutto. Le prime bombe raggiunsero il suolo alle 13:01 e nell’arco di 10 minuti caddero circa 1.100 ordigni per un totale di 408 tonnellate di esplosivo. I dati sottostimati della prefettura indicarono 952 vittime, 1.000 feriti, 961 case crollate, 551 danneggiate e 952 sinistrate1. Il bombardamento venne deciso per colpire le vie di comunicazione, l’aeroporto e la stazione, le industrie Piaggio e Saint- Gobain, riconvertite ad uso bellico, e per spingere il Governo italiano a ratificare rapidamente l’armistizio di Cassibile, che fu firmato segretamente il 3 settembre e annunciato dal maresciallo Pietro Badoglio l’8 settembre.

Per paura di altri bombardamenti il fratello maggiore volle andarsene dall’ospedale, perciò dovettero sfollare a Campo, una frazione di San Giuliano Terme. Qui però arrivarono i tedeschi e si dovettero trasferire ad Agnano, sempre nel comune di San Giuliano.
Tutti i giorni Mirella doveva scendere dal monte per cercare un po’ di cibo; un giorno di quelli la fermò un ragazzo, di una formazione partigiana locale. Le chiese se era disposta a fare la staffetta: avrebbe dovuto portare dei messaggi cartacei contenenti informazioni per i partigiani.
Mirella non se lo fece dire due volte e acconsentì subito. I messaggi li nascondeva nella cavità del tacco dei sandali. Un giorno mentre scendeva dal monte di Agnano venne fermata da un gruppo di SS, perché erano stati informati che in zona operava una brigata di partigiani. Le chiesero se sapeva qualcosa e di rispondere sennò l’avrebbero ammazzata. Iniziarono a fare il conto alla rovescia puntandole il mitra addosso, fortunatamente una signora vide la scena e fermò i militari, salvando così Mirella Vernizzi. Due giorni dopo Pisa venne liberata, era il 2 settembre 1944. La sua attività di staffetta è durata un paio di mesi, luglio – agosto del ’44 e la sua famiglia non ne seppe mai nulla.
Il papà di Mirella era un antifascista iscritto al Partito Comunista, ma non ne aveva mai messo al corrente la figlia, perché non voleva condizionarla: le diceva che doveva capire da sola. Suo padre le diceva spesso questa frase: «Se tu hai fame un pezzo di pane chiunque te lo da, se vuoi la libertà bisogna che tu te la conquisti».
Da parte della mamma erano repubblicani. La parte repubblicana l’aveva condizionata al punto che nel dopoguerra si iscrisse al Partito Repubblicano. Ne uscì quando il presidente del partito, Randolfo Pacciardi2 che era anche
ministro della Difesa ordinò alla polizia, durante una manifestazione, di picchiare pure gli invalidi. Dopo questo fatto, Mirella, si iscrisse alla FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana).
Nel 1946 entrò alla Camera del Lavoro come dattilografa e per contribuire all’organizzazione delle donne nei posti di lavoro.

Colui che era stato la “guida spirituale” nella lotta di liberazione partigiana sui monti pisani, Uliano Martini, le chiese se si voleva occupare della catalogazione dei libri della biblioteca personale di un professore la cui casa era stata danneggiata dai bombardamenti. Il professore era Concetto Marchesi3. Stette con lui quattro giorni e mentre classificavano i libri parlavano di politica, della guerra e di Comunismo. Da quel momento si iscrisse al Partito Comunista Italiano. Ebbe l’opportunità di conoscere
Palmiro Togliatti, Giorgio Amendola e Nilde Iotti perché Mirella Vernizzi fece parte della Commissione Femminile Nazionale, la struttura nata nel 1947 all’Interno della CGIL unitaria per sensibilizzare l’attenzione del mondo del lavoro sulle problematiche delle lavoratrici, come l’approvazione del Progetto di legge della CGIL sulla tutela della maternità, i licenziamenti, le disparità salariali rispetto agli uomini.
Tra l’aprile e il maggio del 1949 ci fu il primo Congresso mondiale della pace a Parigi4 al quale parteciparono 2.287 delegati di 72 paesi5. In Camera del Lavoro dovevano decidere chi vi avrebbe partecipato. La ventiduenne Mirella Vernizzi si propose, venne accettata ma si dovette pagare da sola il viaggio.
Per sei mesi dell’anno 1950 andò alla scuola del partito a Faggeto Lario in provincia di Como. Si era appena sposata, il suo fu il primo matrimonio civile a Pisa, celebrato dal sindaco comunista, Italo Bargagna. Al ritorno dalla scuola diventò una dirigente dell’UDI (Unione Donne Italiane) e scriveva di libertà in fabbrica sulla rivista “Noi Donne”.
Gli anni Cinquanta e Sessanta, con la Dc al governo della città, furono a Pisa anni di «lotta per l’egemonia» culturale, nel campo sindacale, nel mondo delle imprese, nelle varie articolazioni civili e sociali nelle quali si stava strutturando la società postbellica.
L’uso della parola egemonia si deve alla straordinaria fortuna in quel periodo del pensiero di Gramsci in Italia, dove i suoi scritti avevano larga diffusione.
Mirella che ha avuto una funzione importante, dirigeva la Distribuzione libri associati, che aveva il compito di commercializzare i libri della casa editrice del P.C.I., Editori Riuniti.
Diresse la ConfEsercenti, l’Associazione dei Commercianti e nel frattempo divenne consigliera d’amministrazione di quella che all’epoca era chiamata la “clinica Paltrinieri” e poi dell’E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza). Ma si impegnò anche, a mettere in piedi la Pubblica Assistenza insieme a Ideale Guelfi, garibaldino di Spagna. Suo marito Valerio Callaioli, invece, fu sindaco di Castelfranco dal ’70 al ’75 e dirisse la parte legale dell’ARCI nazionale fino alla sua morte nel 1988.
Mirella partecipò, nel 1995, alla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne a Pechino6, il più grande raduno femminile della storia, con 15.000 delegati provenienti da 189 paesi membri delle Nazioni Unite.

Arrivata all’età della pensione si iscrisse al sindacato dei pensionati e diresse l’AUSER (Associazione per l’invecchiamento attivo). È stata volontaria all’ospedale, e «nei nostri ricordi, però, sarà soprattutto la compagna che, col suo fazzoletto tricolore al collo, non si è mai stancata di trasmettere ai giovani la memoria storica degli anni della Resistenza, ogni 25 aprile presente alla Romagna per ricordare quel vile eccidio7». La ricorda così Carlo Scaramuzzino, consigliere comunale di Pisa.
L’8 marzo 2018 è stato inaugurato un parco giochi a Ghezzano (Pisa) intitolata alla memoria di Mirella Vernizzi. «Mirella – dice il sindaco di San Giuliano Terme – e` stata una delle testimoni del progetto Memoria del nostro comune: ha speso la sua vita per far conoscere ai giovani i valori della guerra partigiana e per affermare e difendere i principi e i valori della nostra Costituzione. Non a caso abbiamo scelto la data dell’8 marzo per l’inaugurazione: dedicare a Mirella uno spazio dedicato ai bambini ci è sembrato il miglior modo per ricordare il fondamentale ruolo che le donne, con grandissimi sacrifici, hanno avuto nella costruzione della moderna società».



– Questa è la mi’ vita, io sono contenta d’aver avuto una vita piena, mi interessa essere stata utile a qualcosa e a qualcuno e sono rimasta comunista dentro […].
Io sono per la falce e il martello gli emblemi del lavoro –
NOTE
- https://italia1943.altervista.org/world-war-two-pisa/
- Nato nel 1899, avvocato, Pacciardi anima le prime iniziative di dissenso successive alla marcia su Roma del 28 ottobre 1922 con l’Associazione L’Italia Libera. Espulso dall’Italia nel 1926 ader. a Giustizia e Libert.. Fu segretario del Partito Repubblicano dal 1948 al ’53 e nello stesso periodo fu ministro della Difesa con De Gasperi. In quegli anni si radicalizzano le sue posizioni anticomuniste a atlantiste. Nel 1950 Pacciardi emana la circolare nr. 400 che disciplina l’intervento dell’esercito nel campo dell’ordine pubblico.
- Eletto nel 1946 nell’Assemblea Costituente, ha partecipato alla scrittura della Costituzione italiana.
- Nel gennaio 1949 il Partito comunista francese chiede a Picasso un disegno come simbolo del movimento per la pace. Picasso traccia la sagoma di una colomba, come quelle della sua infanzia a Malaga. La colomba porta nel becco un verde rametto. Nella primavera dello stesso anno la colomba di Picasso e` su tutti i muri delle città d’Europa. Come risultato, il simbolo sarà utilizzato ampiamente nella propaganda del movimento per la pace, anche in occasione del Consiglio mondiale della pace (1949- 1950).
- “Il potere nucleare. Storia di una follia da Hiroshima al 2015” di Manlio Dinucci. Fazi Editore, 2003
- http://www.tuttomondonews.it/mirella-vernizzi-un-ricordo/
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