di Redazione

Il 22 novembre 2022 è morto Roberto Maroni uno dei massimi esponenti della Lega sia nella versione Miglio/Bossi che in quella di Matteo Salvini con alcuni flebili tentativi di dissenso politico ma sempre nella linea della difesa degli interessi strategici del grande capitale. Come ha dimostrato quando è assurto alla presidenza della Regione Lombardia e si è fatto promotore della controriforma del sistema sanitario in Lombardia.
La storia di questo politico di lungo corso parte dalla militanza in un’organizzazione di Varese che si definiva marxista-leninista che in seguito si sarebbe avvicinata ad Avanguardia Operaia, un’organizzazione che poi confluirà nel progetto di Democrazia Proletaria, formazione che aveva al proprio interno, oltre ad A.O., un coacervo di posizioni politiche da quelle del Movimento Lavoratori per il Socialismo (MLS) a quelle dell’Organizzazione Comunista marxista-leninista, a quelle trotskiste della Lega comunista rivoluzionaria IV Internazionale, a quelle della Lega dei comunisti, sino a Lotta Continua e PdUP.
La caratteristica di queste formazioni era quella di essere composta per la maggior parte da piccolo e medio borghesi e di essere, come tutte le formazioni borghesi, estremamente conflittuali e abituate per ragioni d’interesse alla logica della competizione e a strutturarsi in correnti. Infatti per Roberto Maroni, abituato agli spifferi delle correnti extraparlamentari, fu facile cambiare casacca e entrare nella Lega Nord per l’Indipendenza della Padania con gli spifferi dei vari Gianfranco Miglio (P2) Università cattolica e ideologo a cui piaceva la mafia, Francesco Speroni ex Alitalia, Mario Borghezio avvocato nazista, l’ingegnere Roberto Castelli, Roberto Calderoli (il marito della regina dello spumante Gianna Gancia) e Umberto Bossi che in quel calderone politico era sicuramente il più sfigato di tutti.
Ma vediamo di capire meglio dove è stata elaborata l’idea della “padania” e del separatismo leghista una variante ipertrofica di nazione. Certamente non in una fabbrica o in una salumeria della Valtellina.
In aiuto ci viene un articolo del 1996 di un nostro compagno.
LA LEGA E IL CLUB 1001
di Andrea Montella – Cominform (1996)
(Milano). Chiuso il congresso della Lega, restano negli occhi i decori da falso festivalone nazional popolare e gli aspetti inquietanti del partito politico che riesce a lanciare parole d’ordine che aggregano masse di manovra.
Da una parte le immagini della platea vestita di verde, che sventola le bandiere prontamente stampate da chissà quale “fabbrichetta” al di qua del Po, dall’altra l’istigazione a delinquere dello sciopero fiscale e dell’indicazione ai sindaci di non giurare nelle mani dei prefetti.
E poi gli slogan della secessione “consensuale”, l’autodeterminazione della “padania” (?), la rivoluzione liberale, frasi studiate che attecchiscono con facilità su quelle porzioni di popolazione italiana su cui “centri studi” esteri e nazionali hanno sicuramente lavorato per adattare bisogni di grandi potentati economici, all’incultura presente in queste aree geografiche e costruire così la miscela esplosiva che va sotto il nome di secessione.
Le basi materiali della secessione si stanno costruendo con la perdita di potere contrattuale dei lavoratori e delle loro organizzazioni e dall’altra parte con la disarticolazione e riaggregazione in termini privatistici dell’industria di Stato in tutti i suoi comparti. In questo modo sparisce il collante di una nazione, l’interesse generale, e i partiti diventano solo una volgare espressione dei bisogni dei grandi gruppi finanziari.
L’esempio di Forza Italia è quello più evidente, ma anche altre formazioni politiche non sono da meno.
Con varie articolazioni il grande capitale finanziario riesce a costruire diverse opzioni ai suoi bisogni.
La Lega non è che una di queste espressioni costruite dai padroni del mercato che vogliono ottenere da un lato la precarizzazione del moderno proletariato togliendogli tutte le conquiste degli anni precedenti, come le pensioni di anzianità, che nel frattempo, privatizzate, sono un vero e proprio affare.
E’ per queste ragioni che nel nostro Paese si sta assistendo a vere e proprie manovre contro lo Stato nazionale.
Vediamo ora di capire chi ha lavorato a questi progetti.
Nel 1989 in contemporanea con il dissolvimento dei Paesi dell’Est sancito dalla caduta del Muro di Berlino, e con la scomparsa di un “nemico” il Comunismo, uno dei club più esclusivi e ad alta concentrazione massonica, il Club 1001, affidò ad Alfred H. Heineken uno studio di fattibilità per un progetto di dissolvimento degli Stati nazionali europei, il nuovo nemico.
Il proprietario della omonima birra, membro del consiglio di amministrazione della ABN, una delle banche più importanti d’Olanda, portò a termine il suo studio con la collaborazione dello storico e agente del SIS britannico Cyril Northcote Parkinson e lo pubblicò in forma riservata in un opuscolo dal titolo: “Eurotopia”.
In quello studio Heineken suddivise l’Europa in 75 piccoli stati secondo criteri demografici e che non superassero i 5 milioni di abitanti. Il nostro Paese doveva essere diviso in 8 staterelli.
A pochi anni di distanza, nel novembre 1994, appare il progetto del leghista Speroni, che prevede la divisione del nostro Paese in 9 stati, regalandone, bontà sua, uno a Roma capitale.
Altri personaggi inseriti nel Club 1001 che lavorano a progetti separatisti sono lord David Benson, che siede nel consiglio di amministrazione della British Gas, ex monopolio statale, e sir Kenneth Kleinworth che tramite la loro banca, (Kleinworth & Benson) annunciarono, nel 1994, di essere intenzionati ad acquistare oltre il 50 per cento dell’Agip e della Snam quando i due enti fossero stati messi in vendita.
Nel 1994 un altro membro del Club 1001, Nicolò Sella (discendente di quel Quintino Sella che regalò le camicie rosse al massone Garibaldi e che poi divenne ministro delle Finanze), proprietario della banca Sella, la più grande banca privata italiana gestita da una sola famiglia, fonda un movimento politico chiamato Associazione per le libertà che riunisce parlamentari della Lega, Forza Italia, Alleanza nazionale e dell’ex Patto Segni, con lo scopo di diventare il contenitore del futuro partito federalista di destra.
Viene scelto come portavoce l’ex pattista Alberto Michelini, per segretario l’ex leghista Giuseppe Valditara e tra i suoi membri troviamo: Raffaele Costa (UDC), i pannelliani Elio Vito e Angelo Pezzana, Maurizio Gasparri e Gustavo Selva (AN), Ombretta Fumagalli Carulli e Michele Vietti (CCD), Alessandro Meluzzi e il generale Caligaris (Forza Italia), Tino Rossi, Furio Gubetti, Alida Benedetto, Lelio Cantella, Giovanna Briccarello, Bruno Matteja, Pier Corrado Salino, Maria Grazia Siliquini, Luca Basso, Enrico Hullweck e Paolo Tagini per la Lega Nord.
Altro notabile del Club 1001 è Gianni Agnelli che promuove, tramite la sua Fondazione, lo stesso progetto di Heineken mascherato dal “federalismo” e con un taglio meno radicale, ma che punta a privare lo Stato del potere fiscale per arrivare a trasformare il debito pubblico in debito privato, che dalle famiglie, attraverso le autorità locali, sarà agganciato ai mercati finanziari.
Comunque Agnelli il federalismo lo applica soprattutto regolando a modo suo il mercato del lavoro introducendo nelle sue fabbriche, collocate in varie regioni, differenziazioni salariali, esattamente come auspicano i politici della Lega, che da anni vogliono salari più bassi nelle aree meriodionali.
L’obiettivo di queste manovre del capitale finanziario è la disgregazione dell’Europa passando attraverso la distruzione delle capacità di coesione che i movimenti di massa di sinistra hanno costruito negli ultimi due secoli. L’Europa ha la più forte società solidaristica che oggi il mondo conosca, mutuata dalle grandi organizzazioni sindacali di massa, dai partiti di sinistra e dal volontariato cristiano e laico.
Salvarci dagli effetti devastanti della secessione lo può fare solo una sinistra fortemente critica nei confronti dei veri manovratori che stanno dietro ai vari Bossi o Miglio e quali sono gli scopi economici che essi sottendono, che sappia lottare con coerenza negli ambiti istituzionali, ma soprattutto che sappia costruire un contropotere economico reale, fondato sulle risorse del lavoro.
Il progetto massonico di Eurotopia