di Redazione
Le svolte politiche sono segnate dall’accodarsi immediato allo “spirito del tempo” di intellettuali, dirigenti di organizzazioni di massa o agenti culturali a vario titolo che si adeguano utilizzando il linguaggio che considerano più opportuno e più conveniente, per garantirsi un posticino al sole.
Queste campagne di “puntellismo” non sono certo cominciate con il governo Meloni; però è con questo governo che aleggiano di più nell’aria squilli di tromba da ventennio fascista, che siano per adunate, chiamate patriottiche, bonus ai giovani per sposarsi di 20mila euro (ma solo se le nozze si celebrano in chiesa), richiami ai consumi autarchici e appelli alle donne a figliare.

A livello locale il Comune di Camaiore (Lu) si è schierato subito, proponendo per oggi 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un’iniziativa in cui le relatrici vengono definite in base ai loro ruoli famigliari: madre, moglie, fidanzata… ecc. e infine con i propri impegni professionali.
Un adeguamento che ha provocato delle reazioni che pubblichiamo e a cui sicuramente se ne aggiungeranno altre su queste pagine. Viene da ridere di fronte a queste manifestazioni becere, purtroppo il linguaggio può essere un veleno che viene instillato giorno dopo giorno fino a farci diventare dei mostri. Come ha spiegato benissimo Victor Klemperer nel suo libro LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo in cui ha appuntato giorno dopo giorno, in un diario di viaggio durato dodici anni dentro il nazismo come si sia passati, grazie alla strumentalizzazione della cultura di cui il linguaggio è espressione, dalla convivenza pacifica agli sputi per strada e alla guerra mondiale.
COMMENTI:
Ho ricevuto il volantino della manifestazione che trovo offensivo: definire le scrittrici come madri, fidanzate, mogli ecc è a mio avviso un insulto. Non capisco perché lo abbiate fatto. Matilde Baroni del gruppo Ilsessismoneilinguaggi Pisa
Buonasera, scrivo in merito alla locandina che avete girato e postato. mi permetto, in quanto anche io vostra collega (sono socia di Carmignani Editrice, casa editrice indipendente con sede in provincia di Pisa) e sensibile, sia come lavoro che porta avanti la casa editrice che personalmente, rispetto alle tematiche di genere e quindi contro stereotipi, sessismo, a livello linguistico, sociale, culturale e politico, patriarcato e riconoscimento della donna, sia in quanto soggetto agente che dal punto di vista dei diritti e della parità (lavorativa, economica ecc), così come di qualsiasi identità, binary o non binary che sia, di segnalarvi che definire come prima cosa i nomi delle realtrici donne come mogli, madri o figlie, prima ancora del loro ruolo professionale, sia abbastanza denigrante e rientrante in una logica patriarcale, retrograda e sessista. Non so se accanto a relatori uomini avreste specificato il loro ruolo all’interno della famiglia, che non ritengo in ogni caso importante o funzionale ai fini di eventi culturali. Vi inviterei a rivedere le definizioni apportate accanto ai nomi delle donne partecipanti, a maggior ragione perché si parla di contrasto agli stereotipi di genere e alla violenza di genere e identificare le donne come madri o figlie o mogli, non credo aiuti a mandare un messaggio di parità di genere e di riconoscimento dell’identità femminile, come in genere di qualsiasi identità ancora minoritaria o succube di “regimi di verità” performanti e dogmatici e interiorizzati e di conseguenza agiti in vari ambiti della comunità, sia a livello culturale che sociale che politico ed ecobomico. Vi ringrazio per l’attenzione. Chiara Del Corona (Carmignani Editrice)