giovedì, Settembre 21

IL MINCULPOP VUOLE ISTITUZIONALIZZARE LE MENZOGNE SUL COMUNISMO

di Redazione

Istituito dal governo Berlusconi II, pochi giorni prima della sua caduta, il cosiddetto Giorno della Libertà che si celebra il 9 novembre, fa il paio quanto a revisionismo storico con la Giornata del ricordo del 10 febbraio.

La Giornata della Libertà del 9 novembre vuole ricordare la caduta del muro di Berlino, non muovendo critiche all’Unione sovietica degli anni Ottanta, ma demolendo tutto il Comunismo descrivendolo come nel maccartismo come un mostro, come il male assoluto che distrugge la democrazia, quando comunisti sono stati tra i principali firmatari della nostra Costituzione e della Carta dell’Onu del 1945 (Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Francia e Cina).

Parlare di Comunismo senza spiegare cos’è, è uno schifoso esercizio di maccartismo.

Il Comunismo è una dottrina politica, economica e sociale fondata sulla socializzazione dei beni esistenti e dei mezzi di produzione, che prevede l’estinzione dello Stato. Il Comunismo è un processo politico e sociale di emancipazione che si realizza solo a livello mondiale per la pace, il lavoro, l’eguaglianza e l’espansione della democrazia. Quindi il Comunismo è antitetico al capitalismo, sistema basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione. Non si possono definire i paesi a direzione politica comunista come Comunismo, ma paesi al massimo socialisti cioè nella fase iniziale di tale processo politico e sociale. Paesi che pur avendo come obiettivi massimi la pace, la libertà, l’eguaglianza e la partecipazione democratica, si trovano oggettivamente in lotta contro paesi come gli Stati Uniti e alleati, che con ogni mezzo illecito – servizi segreti, Gladio, mafie, nazifascismo – tentano di riportare quelle realtà sotto il dominio del capitalismo.

Questa fasulla giornata della libertà è una mistificazione della storia attuata dal governo del pregiudicato Berlusconi che serve per impedire che le persone acquisiscano coscienza della propria condizione di sfruttati all’interno della nostra società capitalistica, quindi basata sul predominio di chi si appropria della ricchezza che scaturisce dal lavoro altrui trasformandola in proprietà privata. Commettendo nei fatti un furto, legalizzato tramite le leggi emanate dai loro governi e dalla gestione dei media e dello Stato.

Le conseguenze derivanti da questa indebita appropriazione sono sotto gli occhi di tutti: povertà, guerre, distruzione della natura. Ma i vari Valditara si preoccupano del Comunismo, che non c’è mai stato, ma non del capitalismo che invece esiste e fa disastri. Ma cosa c’hanno nel cervello questi poveretti? Forse anche loro sono vittime dei loro stessi media? Oppure, e noi crediamo in questa ultima ipotesi, sono parte di quella selezione meritocratica che fa del ricatto la regola per chi vuole governare.

Valditara continua il lavoro sporco iniziato contro il Comunismo, con le parole sulla Cortina di ferro, dette a Fulton nel Missouri (USA), dallo sterminatore nel 1943, di 4 milioni di abitanti dell’India, il “democratico” Winston Churchill, che in Italia diede inizio all’attacco al P.C.I., alle provocazioni anticomuniste all’interno della Resistenza, che sono continuate nel 1947 con la strage di Portella della Ginestra e nel 1948 con l’attentato a Togliatti, proseguendo negli anni successivi con le uccisioni di lavoratori e studenti in lotta per i diritti costituzionali, sino a giungere alla costruzione di quella strategia della tensione dove furono attuate nelle nostre città, omicidi selettivi contro possibili alleati del P.C.I. e stragi di persone inermi con lo scopo di creare le condizioni di un colpo di Stato di marca fascista.

Valditara si dimentica volutamente di cosa fece il suo capitalismo a casa nostra, rimuove la strage di Milano alla Banca dell’Agricoltura del 12 dicembre 1969, la strage nel 1974 di Piazza della Loggia a Brescia, l’assassinio di Aldo Moro, della Stazione di Bologna, dei treni Italicus e Rapido 904, della strage di via Palestro a Milano e le stragi che uccisero Giovanni Falcone e la sua scorta e di via D’Amelio dove vennero assassinati Paolo Borsellino e gli agenti che lo accompagnavano.

Valditara si dimentica di dire che il fascismo e il nazismo sono espressione politica diretta del sistema capitalistico e che furono i dirigenti dei Partiti Comunisti con alla testa quello russo a capire l’importanza di una lotta totale contro quella barbarie, che continuò la sua opera all’interno dei governi dei regimi capitalistici come quello statunitense, argentino, cileno, brasiliano, spagnolo, greco e italiano.

Sì, caro Valditara lei è espressione di quella feccia disumana che fece i campi di sterminio e che oggi tenta di ridare valore a quella triste storia.

Lei stigmatizza come il peggiore dei mali chi ci ha liberato dalla fame, dall’ignoranza e dal nazifascismo e si è difeso sino allo stremo delle forze dalle continue aggressioni occidentali, commettendo, in quanto esseri umani anche degli errori, dimenticando che sino a quando è esistita l’URSS lo spettro della guerra nucleare si è allontanato e che la caduta del Muro aveva un portato di pace tra i popoli che persone come lei hanno subito tradito spingendo il vostro cane da guardia, la Nato, fino ai limiti estremi dell’attuale Europa e della attuale Russia, con i risultati che si vedono in Ucraina. Dove la strumentalizzazione di un popolo ha prodotto, dopo quella in Jugoslavia, l’ennesima guerra in Europa. Come non ci fossero bastate la prima e seconda guerra capitalistica mondiale.

Per amore della verità ecco il testo del ministro delle fake news

Il ministro Giuseppe Valditara, del Ministero del Merito, invita i dirigenti scolastici a leggere questa lettera nelle scuole il 9 novembre. La riportiamo, fiduciosi che la sua massima diffusione sia occasione di riflessione e presa di coscienza: se si vuole costruire un regime totalitario tutto inizia sempre dalla scuola, ricordiamolo.

“Care ragazze e cari ragazzi,
la sera del 9 novembre del 1989 decine di migliaia di abitanti di Berlino Est attraversano i valichi del Muro e si riversano nella parte occidentale della città: è l’evento simbolo del collasso del blocco sovietico, della fine della Guerra Fredda e della riunificazione della Germania e dell’Europa. La caduta del Muro, se pure non segna la fine del comunismo – al quale continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri paesi, la Repubblica Popolare Cinese – ne dimostra tuttavia l’esito drammaticamente fallimentare e ne determina l’espulsione dal Vecchio Continente.
Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo, nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme anche profondamente differenti, e minimizzarne o banalizzarne l’immenso impatto storico sarebbe un grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della Rivoluzione russa: «L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia».
Gli storici hanno molto studiato il comunismo e continueranno a studiarlo, cercando di restituire con sempre maggiore precisione tutta la straordinaria complessità delle sue vicende. Ma da un punto di vista civile e culturale il 9 novembre resterà una ricorrenza di primaria importanza per l’Europa: il momento in cui finisce un tragico equivoco nel cui nome, per decenni, il continente è stato diviso e la sua metà orientale soffocata dal dispotismo. Questa consapevolezza è ancora più attuale oggi, di fronte al risorgere di aggressive nostalgie dell’impero sovietico e alle nuove minacce per la pace in Europa.
Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile.
Per tutto questo il Parlamento italiano ha istituito il 9 novembre la “Giornata della libertà”. Su tutto questo io vi invito a riflettere e a discutere.”

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