“Dopo Gesù Cristo la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara“
Francis Spellmann cardinale di New York
di Andrea Montella – 2007

I Nogara, erano conosciuti a Bellano, una cittadina sul Lago di Como, come una famiglia devota alla Chiesa a cui avevano reso notevoli servigi, tanto che tre figli divennero sacerdoti e uno direttore del Museo Vaticano.
Chi diede lustro alla famiglia sino ad essere considerato più importante degli Apostoli e secondo solo a Gesù, fu l’ingegner Bernardino. Laureatosi in ingegneria industriale ed elettrotecnica al Politecnico di Milano, fu ingegnere minerario in Turchia, dove oltre a fare l’ingegnere sviluppò relazioni di tipo politico, sino a giungere nel 1912 ad occuparsi del trattato di pace di Ouchy (Losanna), che pose fine alla guerra libica tra Italia e Turchia.
Nel 1919 fece parte della delegazione che negoziò la pace tra Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania. Le sue capacità relazionali gli aprirono le porte del mondo delle banche, tanto da essere nominato delegato italiano della Banca Commerciale di Istanbul e diventare membro del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano.
Dal 1924 al 1929 si trasferì a Berlino dove si occupò della gestione delle industrie, nella Commissione Interalleata per l’applicazione del Piano Dawes per le riparazioni germaniche di guerra.
Nogara dal 1925 al 1945 fu consigliere della Banca Commerciale Italiana (Comit) e grazie alle sue relazioni non fece fatica ad essere nominato vicepresidente della Comit, il 28 giugno 1945.
In Vaticano Bernardino Nogara aveva uno sponsor, suo fratello monsignore che, nel ‘29 dopo la firma dei Patti Lateranensi, convinse il pontefice a cui era legato da solida amicizia, che l’uomo giusto per gestire il capitale era il suo parente. Fu chiamato da Pio XI a dirigere l’Amministrazione Speciale della Santa Sede, che riceveva da Mussolini in cambio della sovranità limitata un sussidio di 3.250.000 lire annue, l’esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate. I Patti inoltre predisposero un risanamento per danni finanziari subiti dallo Stato pontificio a causa della fine del potere temporale, quantificato dall’articolo 1 in 750 milioni di lire e ulteriori azioni dello Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di 1 miliardo di lire dell’epoca.
In segno di riconciliazione il Papa uscì in processione in piazza San Pietro. Un avvenimento del genere non accadeva dai tempi di Porta Pia.
Benedetto dal Papa, Bernardino, accettò la gestione del denaro del Vaticano ma pose precise condizioni:
«1) qualsiasi investimento che scelgo di fare deve essere completamente libero da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale; 2) devo essere libero di investire i fondi del Vaticano in ogni parte del mondo».
Pio XI aprì così le porte all’usura, alla speculazione, all’acquisto di azioni in società che fabbricavano prodotti incompatibili con l’etica cattolica, come carri armati, cannoni, bombardieri.
Da quel momento la Chiesa cattolica aveva ribaltato la sua posizione rispetto a Mammona che, per San Gregorio di Nissa, altro non era che uno dei tanti nomi di Belzebù. Il divieto del prestito ad usura era stato sancito in più di un Concilio: da quello di Arles, a quello di Nicea, ribadito in quello di Cartagine e di Aix, sino a quello Laterano in cui gli usurai furono scomunicati.
Quando Mussolini invase l’Etiopia, le bombe sganciate e le armi usate erano prodotte da una fabbrica che Nogara aveva appena acquistato. Siccome Bernardino era mosso da spirito ecumenico, poco dopo diede le stesse armi ai comunisti di Mao Tsedong.
Probabilmente questa politica di far soldi con le guerre deve averla imparata dai Rothschild, una delle poche dinastie di banchieri che facevano affari col Vaticano sin dai primi anni del XIX secolo e che avevano accumulato con le guerre napoleoniche un’enorme fortuna.
Bernardino si mosse con disinvoltura vendendo o acquistando tutto quello che poteva dall’oro agli immobili, dalle azioni alle società. Fort Knox conserva ancora una bella fetta dell’oro del Vaticano, come del resto Fidel Castro, che lo ha trovato dopo la fuga del dittatore Batista. Sarà per questa solida ragione che Fidel non è mai stato scomunicato in quanto comunista.
Nogara acquistò il più importante fornitore nazionale di gas, l’Italgas. Nel CdA vi mise un uomo di sua assoluta fiducia, Francesco Pacelli, fratello del nuovo papa Pio XII. Quello di mettere i Pacelli nei consigli di amministrazione per Nogara era come apporre il proprio sigillo, che attestava la buona riuscita dell’affare appena concluso. Infatti i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, nipoti di Pio XII, entrarono a far parte di numerosi consigli di amministrazione.
Attraverso Nogara il Vaticano estendeva la sua influenza nell’economia capitalistica, acquisendo il controllo diretto o indiretto di molte banche, come il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma.
Quando le banche vaticane erano in difficoltà, come accadde col Banco di Roma, il “buon” Bernardino andava da Mussolini a chiedergli di rilevare i titoli senza valore e trasferirli all’IRI, ottenendo per di più un rimborso non al valore corrente dei titoli, che era pari a zero, ma al valore originale di acquisto. Con questa bella pensata l’IRI pagò più di 630 milioni di dollari e quindi la perdita fu scaricata sul popolo italiano.
Anche nella Germania di Hitler il Vaticano godeva di una rendita, derivante dal trattato firmato con il dittatore, in cui si confermava la Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica, che è in vigore ancora oggi anche se non è più obbligatoria, ed è pari al 9 per cento dell’imposta sul reddito. Il denaro raccolto veniva poi consegnato alla Chiesa cattolica e protestante. Grazie a questa imposta nel 1943, in piena guerra, affluirono in Vaticano ben 100 milioni di dollari.
Il 27 giugno 1942, Pio XII, spinto da frenesia modernista, mise nelle mani di Bernardino una nuova struttura finanziaria, nata dalla ristrutturazione dell’Amministrazione delle Opere Religiose in Istituto per le Opere Religiose: la Banca Vaticana, lo IOR.
L’azione di Nogara creò solidi legami con banche note per avere ai vertici il fior fiore della massoneria: Hambros, Credit Suisse, Morgan Guarantee, The Bankers Trust Company di New York, Chase Manhattan, Continental Bank dell’Illinois. Nel settore industriale acquistò azioni della General Motors, Shell, Gulf Oil, General Electric, IBM, Bethlehem Steel e TWA. Investì molto denaro nelle assicurazioni, nelle industrie alimentari e del cemento, necessario alle attività edilizie dato che erano dello IOR l’Immobiliare, la SOGENE e lo IOR controllava anche il 15 per cento della Società Italiana Immobiliare. Ma il patrimonio immobiliare del Vaticano si estese in molti paesi: dalla Francia, al Canada, agli Stati Uniti, al Messico.
Nel 1954 Nogara decise di ritirarsi, ma non smise di dare i suoi consigli su come far girare il dio denaro, sino a quando la morte non se lo portò via nel 1958.
Dopo Nogara, il Vaticano sotto la supervisione di monsignor Marcinkus, ricorse a Sindona e poi a Roberto Calvi. Solo dopo il fallimento dell’Ambrosiano e l’uccisione di Calvi, si scoprirà l’implicazione del Vaticano negli illeciti operati da Sindona e Calvi. Sindona morirà nel carcere di Voghera il 22 marzo 1986, dopo aver bevuto un caffé al cianuro.
Per maggiori informazioni su Nogara si veda il libro di Angelo Caleca, Al servizio dell’Italia e del Papa. Le tante vite di Bernardino Nogara, Il Mulino, 2022