domenica, Ottobre 1

USA-ISRAELE E LA QUESTIONE EBRAICA OGGI – NETHANYAU E TRUMP GLOBALI DIFFUSORI DI FAKE NEWS

Dopo l’ennesimo ritorno politico del reazionario Nethanyau riproponiamo il saggio sull’origine dei disvalori che il sionismo e una parte del pensiero religioso ebraico saldano nella loro azione politica fascista, mascherata dal truffaldino voto con sbarramento, nella Palestina del XX e XXI secolo.

di Domenico Marino, Paola Baiocchi e Andrea Montella – 19 dicembre 2017

Il reazionario leader israeliano Nethanyau ha affermato – dopo la dichiarazione di Trump di voler portare l’ambasciata Usa a Gerusalemme – che la città palestinese è la capitale d’Israele da 3.000 anni. Nethanyau con quella sortita ha dimostrato ancora una volta che Israele non è uno Stato laico ma teocratico, perché ha la Bibbia come riferimento. Per questo è uno degli Stati che non ha una Costituzione, non ha mai dichiarato i suoi confini facendo riferimento a quelli descritti nell’Antico Testamento e inoltre fonda la sua politica interna e internazionale su una narrazione leggendaria e non sulla verità storico-scientifica. 

Gli storici e gli archeologi hanno dimostrato che prima del 1300 a.C. non vi era traccia dell’esistenza del popolo ebraico e del loro dio. Lo stesso monoteismo ebraico non è così originale come ci vorrebbe far credere il sionismo, visto che è diretta emanazione della rivoluzione religiosa, avvenuta ai tempi dell’imperatore egiziano Akhenaton, chiamato nei suoi primi 5 anni di regno Amenofi IV o Amenhotep IV. Questo imperatore governò per 17 anni, tra il 1351 a.C. e il 1333 a.C., anno in cui si ritiene che sia stato assassinato. Akhenaton spostò la capitale da Tebe ad Akhetaton, oggi Amarna e per la prima volta qui si adorò una nuova divinità, il dio Aton, che non ha sembianze antropomorfe o zoomorfe, non viene mai raffigurato, se non sotto l’aspetto del Sole.

Il faraone con questa sua rivoluzione religiosa realizza, per la prima volta nella storia d’Egitto, una modificazione profonda della forma del potere perché egli è al tempo stesso sovrano, sacerdote e divinità.

Ulteriore prova che le origini dell’ebraismo sono inscindibili dai seguaci di Akhenaton e che quindi il ceppo originario è egiziano, sta nel significato del nome di colui che è ritenuto l’uomo che li ha condotti fuori dall’Egitto, Mosè. Che non significa salvato dalle acque: il nome deriva dalla radice egizia Moses, che significa figlio di o generato da come possiamo vedere nei nomi egiziani Thutmosis o Ramosis (figlio di Ra). Quando manca il nome del padre Mosè significa semplicemente bambino. Mosè era quindi un egiziano e gli ebrei derivano da quegli egiziani che alla morte di Akhenaton si allontanano dall’Egitto per ragioni politiche e religiose, e sono cresciuti di numero fondendosi con alcune tribù nomadi del deserto. 

Se dovessimo seguire l’assurdo modo di ragionare di Nethanyau e non tenere conto dell’evoluzione che c’è stata nel frattempo nell’area, anche l’Egitto potrebbe rivendicare dei diritti su Israele, per via delle origini egiziane. 

Il capo del governo israeliano vuole usare la non verità della Bibbia a scopi politici e quando si usano costantemente delle non verità in politica è dimostrato dalla storia che è il metodo migliore per spalancare le porte dell’inferno. Noi europei quando abbiamo creduto alle balle sulla superiorità della razza ariana e all’esistenza delle diverse razze umane siamo precipitati in quella immane tragedia che è stata la seconda guerra mondiale.

Per evitare che questi pericoli trovino nuova linfa occorre impedire che l’elemento irrazionale entri nel dibattito politico. Occorre riportare le vicende politiche alla loro vera essenza, agli interessi che sono in gioco e alla loro natura di classe.

La lotta che c’è in Palestina, in Medioriente e si estende sino all’Africa, oggi è parte della lotta tra gli interessi del blocco capitalistico contro la Cina comunista e i suoi alleati, tra cui la Russia. 

I sionisti israeliani in questo contesto da che parte stanno?

Sempre dalla parte sbagliata: oggi con l’imperialismo statunitense; in precedenza, nella Germania nazista, facevano accordi con la Gestapo per impedire che gli ebrei tedeschi potessero scegliere di andare in un paese diverso dalla Palestina. Questi accordi potevano trovare seguito perché i nazisti erano d’accordo con i sionisti nel creare uno stato per la “razza ebraica” con cui impedire l’assimilazione degli ebrei nelle società occidentali, che comportava lo sviluppo dell’ateismo e conseguentemente la diminuzione delle tasse annuali alle comunità. 

Parla di questi accordi Hannah Arendt in La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme[] parlavano un linguaggio non del tutto diverso da quello di Eichmann. [] Essi erano veramente in grado di trattare con le autorità naziste su un piede di parità, dato che fungevano da ambasciatori; e probabilmente furono tra i primi ebrei a parlare apertamente di interessi comuni, e certo furono i primi a ottenere il permesso di ‘scegliere giovani pionieri’ tra le persone internate nei campi di concentramento. Naturalmente non si rendevano conto delle sinistre conseguenze che un giorno avrebbe avuto questa attività; tuttavia pensavano anche che se si trattava di selezionare ebrei da far sopravvivere, gli ebrei dovevano fare da sé questa selezione. (Nella selezione si era deciso di salvare gli “ebrei illustri” ovvero quelli più ricchi, di qualsiasi età; prestando anche un’attenzione particolare ai giovani formati professionalmente, utili alla costruzione del nascente Stato sionista, nda). [] Fu a causa di questo fondamentale errore di valutazione che alla fine gli ebrei non selezionati – la stragrande maggioranza – si trovarono inevitabilmente di fronte a due nemici: da un lato le autorità naziste, dall’altro le autorità ebraiche”.

A dimostrazione di questa convergenza ideologica, riprendiamo le parole di Eliahu Ben Elissar, in La Diplomatie du IIIReich et les Juifs, 1933-1939“L’organizzazione sionista fu autorizzata ad aprire dei centri di formazione agricola e professionale per i candidati all’emigrazione che intendevano prepararsi a una nuova vita in Medioriente. In diverse città furono organizzati corsi di ebraico e, sotto la direzione di un uomo di grande valore, Robert Weltsch, il giornale sionista Jüdische Rundschau portò la speranza di una vita migliore a migliaia di famiglie ebree. Il ministro dell’Interno autorizzò una delegazione di sionisti tedeschi a partecipare al diciannovesimo Congresso sionista. A dispetto della decisione del 19 dicembre 1934 di proibire ai membri dei movimenti giovanili ebraici di indossare le loro uniformi, il 13 aprile 1935 la polizia politica bavarese, all’epoca un vero e proprio feudo di Himmler e Heydrich, permise in via eccezionale che i membri di uno di questi movimenti indossassero l’uniforme, perché «è accertato che i ‘sionisti di Stato’ sono proprio coloro la cui organizzazione sta cercando con tutti i mezzi, anche quelli illegali, di inviare i suoi membri in Palestina». [] Lo stesso Alfred Rosenberg, in un’intervista concessa il 3 maggio 1935 a Raymond Cartier dell’Echo de Paris, riconobbe i membri del sionismo perché si opponeva all’assimilazione degli ebrei”. 

I sionisti strumentalizzano lo sterminio degli Ebrei d’Europa da parte dei loro sodali nazisti ma è abbondantemente documentato che non hanno mai fatto nulla, nonostante i loro ricchi contatti internazionali, per organizzare la resistenza armata contro il nazismo e il fascismo.

Gli ebrei non sionisti lottarono aspramente e con coraggio contro la barbarie nazi-fascista, come fecero in Italia entrando nelle formazioni partigiane, così fecero in Polonia e in Russia combattendo soprattutto con i comunisti, come è ben raccontato da Reuben Ainsztein in Jewish Resistance in Nazi-Occupied Eastern Europe: With a Historical Survey of the Jew as Fighter and Soldier in the Diaspora, (London, Paul Elek, 1974).

I sionisti non hanno mai risolto il problema del razzismo: sin dagli albori del loro movimento questa questione li ha fortemente caratterizzati. Prendiamo il protosionista per eccellenza, Moses Hess, colui che scrisse nel 1862 Rom und Jerusalem dove gettava le basi del nazionalismo ebraico, ma con connotazioni razziste, riprendendo teorie messe in circolazione da “studiosi” funzionali alle mire colonialiste britanniche, germaniche, francesi e statunitensi. 

Infatti Hess fu fortemente condizionato dalle teorie razziste di diversi autori come lo scozzese Robert Knox, lo statunitense James W. Redfield, il tedesco Carl Gustav Carus e il francese Joseph-Arthur de Gobineau. In gioventù Hess fu anche amico di Marx e di Engels, da cui si divise per le oggettive differenze politiche nel 1842. Marx lo prende di mira un anno dopo ne La questione ebraica, approfittando della polemica con Bauer, in quanto vedeva in Hess il divulgatore di un socialismo non scientifico ma a sfondo moraleggiante e profetico; ma la massima stroncatura politica Hess l’avrà da Marx ed Engels nel 1848 con le tesi contenute ne il Manifesto del partito comunista.

Moses Hess imbevuto da teorie razziste in Rom und Jerusalem afferma: “che sotto le questioni di nazionalità e di libertà si nasconde un problema più profondo che non può essere risolto con frasi generiche e cioè la questione della razza [] vecchia quanto la storia []”.

E prosegue imperterrito nelle sue castronerie: “La razza ebraica è una razza originaria dell’umanità che ha mantenuto la propria integrità, nonostante i continui cambiamenti delle condizioni climatiche. Il tipo ebraico è rimasto immutato attraverso i secoli”.

Fino ad affermare che: “agli ebrei e alle ebree serve pressoché a nulla rinnegare la propria origine ricorrendo alla conversione o contraendo matrimonio con le razze indogermaniche e mongole, poiché il tipo ebraico è inalienabile”.

Martin Buber, il direttore del quotidiano del movimento sionista Die Welt, in Sette discorsi sull’ebraismo (1923) ribadisce le tesi razziste di Hess, affermando: [] la scoperta del sangue come potenza radicale e nutrice dell’individuo; la scoperta che gli strati più profondi della nostra natura sono determinati dal sangue, che il nostro pensiero e la nostra volontà sono da esso colorito nelle loro intime latebre. Or egli trova e sente: il mondo che gli sta intorno è il mondo delle impressioni e degli influssi, il sangue è il mondo della sostanza capace di ricevere impressioni e azioni, di cui fa il suo contenuto e che elabora nella sua forma [].Il popolo è adesso per lui una comunanza di uomini che furono, sono e saranno; una comunanza di morti, vivi e non nati, che rappresentano tutti insieme una unità; e questa è appunto l’unità []. E se pur nondimeno essa può diventare per l’Ebreo una realtà, ciò dipende da questo: che l’origine d’una persona non significa soltanto nesso col passato; che essa ha deposto in noi qualche cosa che non ci abbandona in alcun’ora della nostra vita, che determina ogni tono ed ogni colore della nostra vita, in ciò che noi facciamo ed in ciò che accade a noi; il sangue come la più profonda potenza dell’anima”.

Alla relativa cautela di Buber in gioventù nell’esprimere concetti di nazionalismo biologico, che in seguito verranno da lui nascosti, succedono i più espliciti richiami razzisti del padre della destra sionista, Vladimir Jabotinski, colui che durante il fascismo fondò a Civitavecchia, sotto la protezione di Mussolini, le basi della futura marina israeliana e fu tra i fondatori dell’Organizzazione Nazionale Militare ebraica detta Irgun, che afferma in Lettera sull’autonomia, nella raccolta Scritti scelti del 1936: [] È chiaro che l’origine del sentimento nazionale non sia da ricercarsi nell’istruzione dell’uomo ma in qualcosa che la precede. E dove, allora? Ho approfondito questo interrogativo e mi sono dato la seguente risposta: nel sangue. Anche ora rimango della medesima opinione. Il senso di consapevolezza nazionale si fonda nel «sangue» dell’uomo, nel suo tipo fisico-razziale e solo ed esclusivamente in esso. [] La struttura mentale dell’uomo riflette il suo tipo fisico in modo ancor più perfetto e completo di quanto non faccia lo spirito individuale []. Per questo non crediamo nell’assimilazione intellettuale. È impossibile dal punto di vista fisico che un ebreo che discende da diverse generazioni di sangue privo di ogni contaminazione sia in grado di assumere lo spirito di un tedesco o di un francese, esattamente come è impossibile per un negro smettere di essere un negro”. 

L’ultrasionista Jabotinski così continua in una sua lettera manoscritta, citata da Gideon Shimoni in Zionist Ideology“Una terra, una lingua, una religione e una storia comune non costituiscono l’essenza di un popolo, ne sono solamente una rappresentazione. [] L’essenza di una nazione, l’alfa e l’omega della sua unicità, sono le sue precipue caratteristiche fisiche, la formula della sua composizione razziale. [] In fin dei conti, eliminati tutti i sedimenti dovuti alla storia, al clima, all’habitat, e alle influenze esterne, la «nazione» si riduce al proprio nocciolo razziale”.

Dov’è la differenza tra questo modo di pensare e il nazismo? Non c’è, ambedue rappresentano le punte più radicali dell’ideologia capitalista che è razzista e classista, ma addirittura il sionismo fa da apripista alle tematiche nazi-fasciste. 

Per questa convergenza i sionisti sono sempre stati zitti anche se conoscevano benissimo chi finanziava i fascisti e i nazisti. Tra questi delinquenti c’erano i più importanti banchieri d’affari, come i Warburg, i Rockefeller e le Banche Rothschild, le stesse al vertice del sionismo – con lord Lionel Walter Rothschild presidente della Federazione sionistica britannica – vi erano gli industriali delle multinazionali Usa e molti nobili inglesi, appoggiati addirittura dal re Edoardo VIII.

L’appoggio da parte del blocco di potere massocapitalistico alle politiche di Hitler era così evidente e totale che il loro giornale Time gli dedicò ai primi di gennaio del 1939 la copertina come uomo dell’anno 1938.

L’omino all’organo è Adolf Hitler.
Time, ai primi di gennaio del 1939, lo decretò “uomo dell’anno per il 1938”

Sin dalle origini il sionismo, come braccio reazionario dell’alta finanza e del capitalismo internazionale all’interno del variegato mondo ebraico, teorizzava l’allontanamento degli ebrei dall’Europa. Ecco come parla il fondatore del sionismo, Theodor Herzl, nei Diari, scritti tra il 1895 e il 1904: “Gli antisemiti saranno i nostri amici più fidati e i paesi antisemiti i nostri alleati. L’importante è che le sofferenze degli ebrei peggiorino […] Questo ci aiuterà nella realizzazione dei nostri piani. […] Ho un’idea eccellente, indurre gli antisemiti a liquidare la ricchezza ebraica. […] Gli antisemiti ci aiuteranno rafforzando la persecuzione e l’oppressione degli ebrei”.


Il nazismo diventa esecutore dei piani dei padroni del sionismo, prefigurati da Herzl, costruendo un contesto antiebraico di tale portata da terrorizzare ogni ebreo del mondo. Il vertice del capitalismo mondiale – con le sue innervazioni massoniche da cui deriva il nazismo tramite le logge del Vril e della Thule Gesellschaf – di cui facevano parte Hitler, Rosenberg, Himmler, Göring e il medico personale di Hitler, Morell – costruiscono i presupposti per raggiungere gli obiettivi principali di questa politica che sono lo spostamento degli ebrei d’Europa verso il Medioriente e il Canale di Suez, zone ricche di petrolio e crocevia di commerci a cui da sempre gli angloamericani sono interessati; in secondo luogo la fanatizzazione della Germania in senso iper nazionalista e nazista, per poi spingerla contro l’Unione sovietica; poi la risoluzione con la guerra mondiale della terribile crisi di sovrapproduzione del 1929; infine rendere intoccabili i sionisti tramite una mirata campagna mediatica che li facesse passare come vittime principali del nazismo. 

Strumento di queste politiche criminali è l’austriaco con origini ebraiche Adolf Hitler, nipote di un ebreo di Graz di nome Frankerberger, in casa del quale era stata a servizio la nonna Maria Anna Schicklgruber. Quando la donna restò incinta, il ricco commerciante fu obbligato a mantenere il figlio Alois fino all’età di quattordici anni, come scrive lo storico tedesco antinazista, Joachim Fest nella sua monumentale biografia sul capo del nazismo: Hitler – Il Führer e il nazismo

Il sionismo ha avuto un ruolo anche nei fatti eversivi italiani del secondo dopoguerra: nei kibbutz sono transitati terroristi come Gianfranco Bertoli autore della strage alla Questura di Milano del 1973 che, nei quasi 15 mesi di permanenza in Israele, si allontanò almeno quattro volte per venire brevemente in Italia e ha avuto la possibilità di incontrare ed ospitare nel kibbutz dove vive personaggi del calibro dei fratelli Jemmy, esponenti di Ordre nouveau, gruppo francese fratello di Ordine nuovo. Questo gruppo – che aveva una corrente filo-israeliana, collegata con il Mossad, e che in Israele aveva organizzato un “viaggio di studio”, nei primi anni Settanta – possedeva armi israeliane: come dimostrato dal sequestro del 1966, quando nelle abitazioni di due militanti di Ordine nuovo, a Verona e a Livorno, furono sequestrate armi, munizioni e barattoli di esplosivo gelatinizzante israeliano.

I sionisti, tramite i loro agenti del Mossad in Italia, hanno contatti con le Brigate Rosse – come racconta Alberto Franceschini, il capo storico delle Br, nel libro scritto con Giovanni Fasanella Che cosa sono le Br – con Rolando Bevilacqua, agente confesso del Mossad, che gli viene presentato da Aldo Bonomi, amico del Bertoli e oggi nella Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema.

il brigatista Mario Moretti “sbaglia stella”, disegna la stella di Davide sul cartello di rivendicazione del sequestro di Michele Minguzzi

Inoltre c’è la vicenda dell’areo militare Argo 16. Secondo il giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni sono stati i servizi segreti israeliani ad abbattere l’Argo 16, l’aereo dei servizi segreti italiani, precipitato a Marghera il 23 novembre 1973, con quattro uomini a bordo, che sono tutti deceduti. Il magistrato ha incriminato per concorso in strage il generale Zvi Zamir, allora capo del Mossad e il capo dello stesso servizio segreto israeliano in Italia, Asa Leven (poi deceduto) e altre persone rimaste ancora sconosciute. Il sabotaggio all’aereo che veniva usato dai gladiatori per andare e venire dal centro di Capo Marrargiu, sarebbe stato organizzato dagli uomini del Mossad poco prima che l’aereo si levasse in volo da Marghera. Motivo dell’attentato, una ritorsione nei confronti dei servizi segreti italiani, colpevoli, agli occhi degli israeliani, di aver consegnato a Gheddafi quattro terroristi arabi arrestati in Italia. Era stato proprio l’Argo 16 a trasportare i terroristi fino a Malta, dov’erano stati consegnati agli emissari del leader libico.

Altri eversori filo-atlantici frequentano i kibbutz nel 2007, come Toni Negri – il cattivo maestro di Potere Operaio e dell’Autonomia, relatore alla reazionaria Fondazione Rockefeller sulle condizioni politiche in cui si trovava il nostro paese nell’anno del rapimento Moro. Gianni Alemanno, segretario provinciale romano del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile missino. Negli anni ’80 è uno dei leader della corrente rautiana-ordinovista, quella interna al Fronte della Gioventù, insieme a Marco Valle, Riccardo Andriani, Flavia Perina, Antonello Ferdinandi, Paola Frassinetti e Fabio Granata. Gianni Alemanno oltre ad essere un fascista è anche iscritto al Partito Radicale di Marco Pannella, il più estremo difensore del sionismo in Italia, ed è anche iscritto all’Associazione Nessuno tocchi Caino, gestita da Sergio D’Elia, che il 19 marzo 1980 a Milano, assassinò il magistrato e criminologo Guido Galli, assieme al gruppo di fuoco di Prima Linea di cui facevano parte Sergio Segio, Maurice Bignami, Michele Viscardi. Colpito inizialmente alla schiena, una volta a terra, i terroristi lo finirono sparandogli due colpi alla nuca.Tutti “sinceri democratici” e tutti a piede libero.

Tutta questa trasversalità da parte dei sionisti e dei loro servizi segreti con l’eversione in Italia era ed è funzionale ad un disegno preciso: indurre gli Usa e il vertice del massocapitalismo a trasformare Israele nel loro unico punto di riferimento nel Mediterraneo e avere da loro il massimo sostegno politico e militare.

I sionisti, come abbiamo visto, sono sempre e comunque dalla parte degli sfruttatori: hanno occupato la Palestina, subito dopo la seconda guerra mondiale, per impedire al Movimento comunista internazionale, nella sua lotta contro il colonialismo e l’imperialismo, di espandere la sua egemonia nel Medioriente. 

Pretendere, dunque, che Gerusalemme, città palestinese, diventi capitale di Israele, perché lo fu mille anni fa è come pretendere che Roma divenga oggi capitale del mondo solo perché più di mille anni fa dominava sul mondo allora conosciuto; o come se parenti dei Bruzi ritornassero in Calabria pretendendo la terra a discapito degli odierni calabresi. 

Va da sé che questo è inconcepibile.

Alla provocazione di Trump-Nethanyau occorre rispondere non con proposte politiche nazionaliste, come la creazione di due stati in Palestina, ma rivendicando la nascita di un unico Stato laico, con piena libertà di professare o di non professare la propria fede religiosa, con perfetta eguaglianza tra tutti i cittadini e con una Costituzione condivisa. Uno Stato che elimini le armi di distruzione di massa, come le atomiche detenute da Israele e che sia portatore di una politica di pace e cooperazione nell’area mediorientale.

Nel frattempo non si è ancora vista una presa di posizione dei sionisti israeliani sull’entrata nel governo austriaco dei neonazisti, a cui sono stati affidati il ministero della Difesa, degli Interni e degli Esteri. 

4 Comments

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: