Paolo Mieli nasce a Milano il 25 febbraio del 1949. Studia al liceo classico di Roma Torquato Tasso; partecipa al movimento del ’68 militando in Potere Operaio con Toni Negri, Franco Piperno e Oreste Scalzone.
È stato allievo e poi assistente all’università di Renzo De Felice, il revisionista storico per eccellenza, che ha operato nel secolo scorso, riabilitando il ruolo del fascismo e di Mussolini nella coscienza nazionale.
Paolo Mieli ha svolto essenzialmente due professioni fondamentali per la veicolazione delle idee dei massocapitalisti: il giornalista e lo storico revisionista.
Paolo Mieli inizia la sua carriera di giornalista all’Espresso, dove lavora per una quindicina d’anni. Poi Eugenio Scalfari, nel 1985, lo chiama a la Repubblica in quel periodo dei De Benedetti-Caracciolo-Rothschild, oggi degli Elkann-Rothschild, pensando di aver trovato il suo erede, ma dopo poco cambia idea e Mieli passa a La Stampa, giornale della famiglia Agnelli (Lazard-Elkann/Rothschild). Nel 1990 ne diventa direttore, sostituendo Gaetano Scardocchia; Mieli portò a La Stampa, Ezio Mauro, l’ex direttore de la Repubblica. A La Stampa eliminò tutto il vecchio staff, modificò l’impostazione del giornale mettendo sulla prima pagina notizie di costume, la cronaca, le curiosità e la storia da lui revisionata, continuando quel processo iniziato con il suo maestro di lenta e progressiva equiparazione tra destra e sinistra, con il sotteso intento di togliere valore alla sinistra per spostarlo sulla destra.
Operazione culturale interna al paradigma sulla fine delle ideologie, che ha lo scopo di farne rimanere una sola quella capitalista.
Tra i nuovi collaboratori de La Stampa, Mieli chiama il filosofo Marcello Pera (la cortesia viene resa da Pera come presidente del Senato quando ne chiede la nomina al vertice della Rai).
La trasformazione operata a La Stampa fece dire a Giovanni Agnelli che Mieli aveva messo la minigonna al quotidiano e se ne congratulava; questa tendenza viene sviluppata da Mieli quando è chiamato, nel 1992, a dirigere il Corriere delle Sera dove utilizza le fotografie e la titolazione in modo da rendere più superficiale la lettura del giornale che non andava oltre, il titolo, l’occhiello e il sottotitolo, bypassando così l’approfondimento contenuto nell’articolo, in perfetta linea con i dettami della TV commerciale del piduista Berlusconi.
Paolo Mieli viene preferito alla guida del Corriere al posto di Giulio Anselmi, vice del direttore uscente Ugo Stille, perché giudicato troppo anticraxiano direttamente da Craxi che gli oppone il veto.
Mieli è stato recentemente vittima di un episodio di razzismo: una scritta in cui si ricordano le sue origini ebraiche è comparsa sui muri della Rai di Milano, in occasione della sua candidatura alla presidenza della TV di Stato; è interessante vedere che sul Corriere della Sera nel ’97, nel periodo della sua direzione, viene raggiunto il massimo uso del termine dispregiativo “vu’ cumprà” riferito alle persone provenienti dall’Africa: 28 volte nei testi, 9 volte nella titolazione e anche in una vignetta.
Il Corriere aveva iniziato questa campagna di stampo razzista il 27 agosto ’87; è chiaro che se il più importante quotidiano nazionale attacca degli esseri umani declassandoli favorisce l’insorgere di quei fenomeni culturali che poi in politica trovano sponda nei partiti razzisti e fascisti, che fanno leva sull’ignoranza e i pregiudizi per spostare a destra il quadro politico.
La famiglia Mieli nel lavorare per i massocapitalisti ha una vera tradizione: il padre Renato, fisico-matematico, giornalista è stato direttore dell’edizione milanese dell’Unità, si allontanerà dal Partito Comunista Italiano nel 1956 dopo i fatti d’Ungheria, ma anche perché il partito aveva saputo dei suoi rapporti – fin dai tempi della Resistenza – con il Psychological Warfare Branch (PWB), settore dei servizi segreti, guidato in Italia dall’ufficiale Michael Noble, struttura che si occupa della guerra psicologica, ovvero di manipolare l’opinione pubblica utilizzando qualsiasi mezzo di comunicazione. Il nome in codice di Renato Mieli è “Colonnello Merryl” e con quel ruolo di agente segreto britannico sarà messo ai vertici dell’Information Research Department (IRD) e avrà il compito di fondare alcuni giornali e nel 1945 la più grande agenzia di stampa italiana, l’Ansa.
Tra i giornali controllati dal PWB c’è anche il Giornale Lombardo che passerà a Edgardo Sogno diventando il Corriere Lombardo coi soldi dei massocapitalisti della Fiat, della Edison, della Snia, della Montecatini e della Rizzoli.
Renato Mieli parteciperà a Roma, nel 1965, al convegno all’Hotel Parco dei Principi e promosso dall’Istituto Alberto Pollio dal titolo La guerra rivoluzionaria, in cui gli organizzatori si proponevano lo studio critico della “guerra rivoluzionaria”, cioè dell’offensiva del comunismo a livello mondiale. L’Istituto Pollio, finanziato dal Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR), invita per quel convegno anche venti studenti universitari tra i quali i fascisti Stefano Delle Chiaie e Mauro Michele Merlino, in seguito colpiti da mandato di cattura per la strage di Piazza Fontana. Tra i relatori Guido Giannettini, i repubblichini Enrico De Boccard e Pino Rauti del Centro Studi Ordine Nuovo su La tattica della penetrazione comunista in Italia. Subito dopo prende la parola Renato Mieli che nel suo intervento: L’insidia psicologica della guerra rivoluzionaria in Italia dice: «Dovremmo adoperarci perché i comunisti conoscano se stessi. L’esperienza del comunismo porterà il comunismo al suo dissolvimento e possiamo trovare il punto debole del comunismo proprio all’interno del comunismo stesso. Dobbiamo contrapporre una nuova strategia più efficace alla strategia comunista se vogliamo dissolvere il mondo comunista che si presenta compatto e minaccioso, ma che in verità non è così compatto come si crede anche se è molto minaccioso».
Tutto quello che in Italia puzza di reazione trova presente Renato Mieli che partecipa all’ARCES (Associazione per il Rinnovo della Cultura dell’Economia e della Società) struttura messa in piedi dalla destra intellettuale per arginare i comunisti anche dal punto di vista culturale. Questa Associazione verrà appoggiata anche dalla destra cattolica di Civiltà Cristiana; nel Consiglio dell’Associazione entreranno a fianco di Renato Mieli: Renzo De Felice (docente del figlio Paolo) Domenico Bartoli, Sergio Ricossa, Luigi Barzini, Enzo Bettiza, Cesare Zappulli, Gustavo Selva (P2), Alberto Ronchey. Segretario generale Lino Caputo, altri aderenti Giuseppe Are, Sergio Cotta e Pietro Bucalossi. Strumento della propaganda sarà il Giornale nuovo, di Indro Montanelli che il 29 marzo 1977 dirà: «Una nuova alleanza di intellettuali che non si arrendono al compromesso storico».