PERCHE’ ERA LA P2 BANK
Gelli e Ortolani usavano davvero l’istituto svizzero per muovere i fondi. come dimostra… Banca ROTHSCHILD 2. I rapporti con Roberto Calvi. Dall’inchiesta: ” i segreti dell’ uomo di Zurigo ”
di Luciano Luffarelli tratto da Il Mondo – 4 gennaio 1993
E il 30 dicembre 1976. Una lettera su carta intestata della Rothschild bank di Zurigo parte alla volta della Rizzoli editore. “Con la presente”, si legge nella missiva,” vi confermiamo la concessione a vostro favore di un credito per 11,8 milioni di dollari. La scadenza viene fissata a tre anni, con la possibilità di un rinnovo, non superiore a ulteriori tre anni, da concordare per iscritto dalle due parti”. Apparentemente è la normale formalizzazione di un prestito accordato da una banca straniera a un’impresa italiana. In realtà è proprio da quel documento che hanno avuto origine i rapporti finanziari tra l’istituto allora presieduto dal barone Elie de Rothschild e i capi storici della loggia P2, Licio Gelli e Umberto Ortolani.
Numerosi intrecci sembrano rendere credibili le rivelazioni dell’ex dirigente della banca svizzera Juerg Heer, che venerdì 11 dicembre ha dichiarato di aver ricevuto da un emissario della loggia massonica l’ordine di consegnare 5 milioni di dollari a ipotetici assassini di Roberto Calvi.
Il ruolo di Cefis. Secondo la ricostruzione fatta dal giornalista inglese Charles Raw nel libro La Grande truffa, la vera fonte del prestito concesso alla Rizzoli era la Montedison, allora guidata da Eugenio Cefis. A rilevare il debito, nel settembre del 1978, fu proprio Roberto Calvi, già legato a doppio filo agli uomini della P2. La Rothschild in entrambi i casi si era offerta come semplice prestanome al fine di nascondere la vera identità dei finanziatori: nel consiglio Rizzoli, per fugare ogni dubbio, entrarono sin dall’inizio due rappresentanti dell’azienda di credito svizzera, Gilbert de Botton e Walter Steifel.
L’appoggio della Montedison alla casa editrice aveva origine da un accordo segreto sottoscritto tra Andrea Rizzoli e Cefis nell’estate del 1975, un anno dopo che lo stesso Cefis aveva convinto i Rizzoli a comprare il Corriere della Sera. In cambio dei finanziamenti (quello canalizzato attraverso la Rothschild non era il primo), la Montedison pretese per iscritto che il quotidiano milanese garantisse un trattamento di favore al gruppo chimico. Il documento venne affidato all’avvocato di Lugano Marco Gambazzi, lo stesso che, secondo Heer, avrebbe aiutato il barone de Rothschild a creare la Orion, societa’ panamense utilizzata per nascondere la vera proprietà del Lloyd adriatico.
Si mobilita Gelli. Dopo la fuoruscita di Cefis dalla Montedison Calvi e i capi della P2 decisero di accollarsi nel settembre del 1978 il debito della Rizzoli, concedendo contemporaneamente un credito per ulteriori 17,2 milioni di dollari. Fu il primo passo della P2 verso il controllo della casa editrice milanese. E l’aiuto della Rothschild si rivelò a questo proposito decisivo. Non solo la banca continuò a operare come copertura per tale prestiti, ma due anno dopo mise a disposizione di Calvi due società prestanome: Telada corporation e Zirka corporation, sui cui conti correnti furono accreditati in due tranche 141,5 milioni di dollari, corrispondenti al premio che lo stesso Calvi doveva versare a Gelli, Ortolani e Bruno Tassan Din (allora direttore finanziario della Rizzoli e membro della P2) per la ricapitalizzazione della Rizzoli. I fondi provenivano dall’Ambrosiano attraverso una società panamense, Bellatrix, che a sua volta faceva capo alla Manic e quindi alla United trading corporation (due societa’ di Calvi). Erano questi i soldi che Calvi intendeva recuperare, credendo che fossero ancora presso la Rothschild. Il denaro in realtà era stato redistribuito da Ortolani e Tassan Din.
Dove Heer non convince. Nonostante questo, il fatto che tutti i fondi della Bellatrix fossero spariti già nell’estate del 1981 pone un interrogativo che apparentemente sembra minare la versione di Heer: i 5 milioni di dollari dati ai killer di Calvi da dove provenivano? Le ipotesi sono diverse: è probabile che nel giugno del 1982 gli uomini della P2 abbiano effettuato altri bonifici alla Rothschild. Ma in quel caso i dirigenti dell’istituto avrebbero dovuto informare i magistrati del luogo, che hanno condotto specifiche indagini dopo la morte di Calvi sui movimenti finanziari dei membri della P2.
Si può al contrario ipotizzare, come dichiara al Mondo Raw, “che Heer abbia cercato di arricchire le proprie accuse di illegalità nei confronti della banca Rothschild con una storia a effetto, forse legata a un episodio vero ma non correlato alla morte del banchiere milanese”.