lunedì, Settembre 25

STEREOTIPI DI GENERE E PUBBLICITA’

di Nora Montella

Gli stereotipi di genere sono diffusi e rafforzati nella nostra società (e non solo) tramite la socializzazione. Tra gli agenti di socializzazione abbiamo anche i mass media e la televisione, che trasmettono quotidianamente stereotipi di genere tramite film, programmi politici e con le pubblicità. Quest’ultime rappresentano il mondo femminile e maschile solo ed esclusivamente secondo la tradizionale divisione dei ruoli, in cui si hanno donne che si occupano della cura dei figli e della casa, e uomini avventurosi e virili che hanno carriere lavorative molto privilegiate.

Nuovamente nelle pubblicità il ruolo della cura dei figli è attribuito alla figura materna, sola in questo compito, dal momento che il padre non compare mai in nessuna delle scene della réclame.

Alla donna è da sempre richiesta la presenza costante durante la crescita dei propri figli, occupandosi della loro salute e quindi della loro protezione. In questo modo il messaggio che viene trasmesso è quello della donna dolce e sensibile, sempre a disposizione dei suoi cari. Le donne selezionate negli spot pubblicitari sono tutte giovanissime, pacate, impeccabili nell’aspetto e nel modo di esprimersi, sono quasi, direi, “irreali” e “omologate”. Un altro stereotipo che emerge durante la visione delle pubblicità, è l’uso esclusivo che si fa del colore blu, “ovviamente” utilizzato nei casi in cui si fa riferimento a bambini di sesso maschile, e il rosa, utilizzato solo per rappresentare il mondo femminile. Addirittura le confezioni dei pannolini usano questa differenziazione dei colori, che rende più facile per l’acquirente la comprensione del chi dovrebbe utilizzare quei pannolini, se una bambina o un bambino. Ma perché un colore può essere così carico di significato? Abbiamo detto che il genere è un costrutto sociale e culturale, dunque per poterlo rafforzare bisogna continuamente riproporre per le figure femminili e maschili atteggiamenti che si rifanno alla loro immagine stereotipata, che innesca un meccanismo vizioso che blocca l’emancipazione, limitando così lo sviluppo sociale di entrambi i sessi. Quanto incidono le pubblicità sul comportamento di uomini e donne e sulla società in generale? Come gli individui reagiscono a queste? Vi si adattano? Studi americani degli inizi degli anni Ottanta, sviluppati dalla National Institute of Mental Health, dichiarano che i bambini che guardano continuamente scene violente alla televisione avranno meno sensibilità nei confronti di chi soffre ma che soprattutto saranno più propensi a riprodurre quegli atteggiamenti violenti che sono stati abituati a guardare. Dunque, se la visione di scene violente, crea persone violente, a mio avviso, la visione di uomini e donne standardizzati in ruoli specifici e “immutabili”, crea la riproduzione nella società di tali stereotipi. Infatti, durante le relazioni di tutti i giorni, donne e uomini, bambini e bambine, sono sottoposte a questo stress psicologico che spinge loro a un continuo riadattamento della loro identità, a quella che è l’identità condivisa in base al proprio sesso.

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