di Alessandra Algostino , tratto da “Il costituzionalismo democratico moderno può sopravvivere alla guerra?” Atti del Seminario di Roma 1° aprile 2022
«Bisogna avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata…»1
(P. P. Pasolini)
Sommario: 1. Movimenti, principio pacifista e democrazia: una breve premessa. – 2. Le anime contro la guerra. – 3. Contro la guerra: come? Considerazioni intorno alle interpretazioni del principio pacifista. – 3.1. L’invio delle armi fra legittima difesa e ripudio della guerra. – 3.2. La semplificazione binaria amico/ nemico, il pensiero complesso e la democrazia conflittuale. – 3.3. L’unione delle lotte e l’inscindibilità della democrazia politica, sociale ed economica. – 4. Il mutualismo fra movimenti e Costituzione.
1. Movimenti, principio pacifista e democrazia: una breve premessa
Nel 2003, contro la seconda guerra in Iraq – ma si pensi anche al peso del movimento contro la guerra in Vietnam – si era creata una forte protesta, sulla scia del movimento “no global”, dell’esperienza dei Fo- rum Sociali Mondiali (Seattle, Porto Alegre e Genova, per ricordare i più noti)2. Allora il New York Times scrisse, dopo la manifestazione globale del 15 febbraio 2003 (centodieci milioni di persone in tutto il mondo, tre a Roma), del movimento pacifista come “seconda potenza mondiale”.
Ora, chiaramente, il processo è in fieri e le mobilitazioni stanno faticosamente ricostruendo reti e partecipazione3, in una sindemia che ancora non finisce e nelle sue macerie economiche e sociali, tentando di insinuare una crepa nella «vertigine della guerra»4: facile essere pes- simisti sulle sorti del principio pacifista di fronte a posizioni politiche e ad una campagna mediatica che non prospetta altra soluzione che la prosecuzione della guerra e proietta nel futuro, con la crescita delle spese militari, l’immagine di una comunità internazionale che si regge sul precario equilibrio delle armi, in bilico sul baratro della terza guerra mondiale e della «morte universale»5.
Tuttavia, vestendo l’abito del realista combattivo, nelle forze “dal basso” si può scorgere un segnale di resistenza e sperare che cresca un «vivente movimento delle masse»6 e che sia in grado di sostenere principi, quali «la pace e la giustizia» (art. 11 Cost.), appartenenti alla tradizione giuridica del costituzionalismo moderno democratico. I segnali, invero, sono timidi, ma al momento è nel pensiero critico, nelle realtà sociali e politiche che animano il terreno “dal basso” che si muovono fermenti che agiscono e immaginano una inversione di rotta rispetto allo scenario terrificante che alla catastrofe ambientale e alle diseguaglianze crescenti ha aggiunto la normalizzazione del «flagello della guerra», finanche nella forma autodistruttiva dell’olocausto nucleare.
Intento dell’intervento è in primo luogo provare a comprendere come viene inteso il principio pacifista nel movimento per la pace, verificando la possibilità di rintracciare punti di incontro fra movimenti e Costituzione. Il fil rouge, dunque, è la ricerca della Costituzione nelle iniziative contro la guerra: Costituzione intesa come richiamo esplicito all’art. 11 e come implicito orizzonte di riferimento, in relazione al tema guerra e pace, ma non solo (ad essere coinvolta è in senso ampio la democrazia); per riflettere quindi sul significato che l’uso della Costituzione da parte dei movimenti può assumere per il costituzionalismo, ovvero se dai movimenti possano nascere forze sociali e politiche che
ne veicolano i principi, e quale possa essere il compito di costituzionalisti che utilizzano la Costituzione non «come strumento di legittimazione del reale», bensì come «garante e promotrice del cambiamento sociale»7.
In secondo luogo, sulla scia delle argomentazioni e delle parole d’ordine delle mobilitazioni pacifiste, si propone un’interpretazione in ordine alla risposta alla guerra in Ucraina coerente con una lettura del principio pacifista tesa a valorizzare il ripudio della guerra e i fini di pace e giustizia. Last but not least, si riflette sull’impatto della logica della guerra sulla democrazia come conflittuale e pluralista, tra una propaganda pervasiva ed omologante e il dominio della dicotomia amico/nemico, senza trascurare come la negazione della complessità e della storia ipotechi il futuro.
2. Le anime contro la guerra
Allo stato si può ragionare di iniziative contro la guerra e non (almeno non ancora) di un vero e proprio movimento per la pace, identificato, se pur nella pluralità e informalità che caratterizza i movimenti, da rivendicazioni condivise e da una minima rete organizzativa8: ci sono presidi, cortei, assemblee, seminari, documenti, mobilitazioni in solidarietà ai profughi, frammentati e segnati da significative divisioni.
Con i primi presidi del 26 febbraio 2022, si assiste ad un risveglio, ancora un po’ intorpidito, della galassia dei soggetti appartenenti in senso lato al movimento per la pace.
È un risveglio, perché, dopo le manifestazioni contro la seconda guerra in Iraq (2003), un lungo sonno, o sonnolenza, ha avvolto il movimento per la pace, che è quasi scomparso dalla scena politica, nonostante che conflitti attraversino il mondo in maniera endemica (Libia, Yemen, Siria, Etiopia, Somalia, …)9, non di rado come espressione dello scontro per procura fra imperialismi, e nonostante la perdurante attualità dei temi del disarmo, delle spese militari o del commercio di armamenti, che, pur oggetto di campagne, non sono riusciti a far breccia fra le forze politiche e a essere oggetto di un’ampia partecipazione popolare.
Fra le prime realtà a mobilitarsi, è la Rete Italiana Pace e Disarmo, «nata il 21 settembre 2020 dalla confluenza di due organismi storici del movimento pacifista italiano: la Rete della Pace (fondata nel 2014) e la Rete Italiana per il Disarmo (fondata nel 2004)»10; fra le organizza- zioni aderenti, oltre molte associazioni locali: ACLI, AGESCI, ARCI, CGIL, Coordinamento comunità palestinesi, FIOM Cgil, FOCSIV, Fondazione Finanza Etica, Lega per i diritti dei popoli, Legambiente, Link – coordinamento universitario, Lunaria, Rete degli studenti medi, Rete della conoscenza, Un ponte per…, Associazione Obiettori Non- violenti, Associazione Papa Giovanni XXIII, Associazione per la Pace, Assopace Palestina, Beati i costruttori di Pace, Gruppo Abele, Libera, Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR), Movimento Nonviolento, Pax Christi Italia.
Fra i primi a organizzare cortei contro la guerra, vi sono anche i coordinamenti degli studenti medi, impegnati nelle proteste sull’alternanza scuola-lavoro, e mobilitazioni sono indette anche da soggetti politici della sinistra radicale, dai sindacati di base, dai centri sociali; degno di nota è anche il protagonismo dell’ANPI11 e della CGIL12, o la partecipazione di soggetti “nuovi”, come Fridays for Future, il Collettivo di Fabbrica della GKN, Non una di meno.
Tentando una prima schematizzazione, pare di rintracciare nelle mobilitazioni per la pace odierne, come nei movimenti nati contro le due guerre in Iraq (1991 e 2003), la “guerra contro il terrorismo” in Afghanistan (2001) o l’“intervento umanitario” in Kosovo (1999), una triplice anima, con la precisazione che si tratta di profili che si intrecciano: politica (la posizione della sinistra radicale e antagonista, dei sindacati di base e settori della CGIL, dei centri sociali, dell’area anarchica), nonviolenta (pluralità di associazioni che hanno il proprio focus nella non-violenza, disarmo e perseguimento della pace)13, solidale (associazioni e interventi finalizzati ad aiutare le vittime della guerra e ad accogliere i profughi)14.
Tutte queste anime vedono in periodi di “emergenza” ampliarsi la propria base di militanza “strutturale” e storica con un coinvolgimento di persone, per così dire, in stand-by rispetto ad un impegno diretto.
Si aggiunga che fra i cittadini, nonostante l’insistente e pervasiva propaganda bellica, permane un atteggiamento di preoccupazione nei confronti della guerra e di favore per soluzioni pacifiche15.
La “vicinanza” della guerra in Ucraina, come in parte già accaduto per il conflitto che ha insanguinato la ex-Jugoslavia, rispetto a guerre geograficamente più lontane (senza tacere il peso di una pregiudiziale occidentalocentrica, per non dire tout court razzista), rende particolarmente evidente il terzo profilo, quello della solidarietà, o quantomeno dell’empatia, nei confronti del popolo aggredito. Quanto, invece, alla solidarietà come risposta all’impatto sulla società italiana rispetto alle ricadute economiche della guerra, il discorso è per ora presente soprattutto nella “componente politica”16.
I differenti profili, peraltro, come anticipato, si intersecano e si sovrappongono, e, se di distinzioni si vuole ragionare, la linea di faglia, nel movimento contro la guerra in Ucraina, è nei confronti del c.d. “pacifismo interventista”, mentre si registra una convergenza fra la componente politica appartenente alla galassia del “pacifismo radicale” e il mondo della nonviolenza.
3. Contro la guerra: come? Considerazioni intorno alle interpretazioni del principio pacifista
Inizialmente pare di cogliere quasi un senso di smarrimento di fronte a questa guerra e, senza innalzare la Costituzione al ruolo di panacea, forse si può rilevare come il principio pacifista abbia costituito nel terreno dell’associazionismo e dei movimenti, nel “basso”, una prima bussola con cui orientarsi: nelle assemblee e nei presidi, frequente è il richiamo all’art. 11 della Costituzione.
Dopo il primo momento, fioriscono le posizioni e le analisi, se pur scontando la difficoltà di cogliere gli scenari futuri e il carattere di una guerra che è stata definita per il suo impatto potenzialmente “costituente” rispetto all’assetto mondiale17 e nella consapevolezza che il rischio di una terza guerra mondiale e dell’innesto di un conflitto nucleare suicida è sempre più – irresponsabilmente – contemplato fra le ipotesi possibili18. L’escalation nucleare – non si può non sottolineare – contraddice il minimo comun denominatore, in senso hobbesiano, alla base di ciascuna comunità politica, dello Stato19: l’autoconservazione20, che spinge, attraverso l’uso della ragione, l’uomo a cercare la pace e un potere comune che la assicuri21.
Elemento comune delle mobilitazioni è la condanna dell’aggressione e della guerra mossa dalla Russia, ovvero da Putin: anche se l’unanimità nella denuncia si caratterizza sin da subito per la presenza di alcuni distinguo.
Da un lato, vi è la condanna della guerra, che richiama in modo più di- retto ed esplicito il principio pacifista e tende ad esprimere una condanna in sé della guerra, ovvero delle guerre al plurale; dall’altro, vi è l’insistenza sulla condanna della “guerra della Russia”, che pone l’accento sull’aggressione compiuta dalla Russia e sulla indubbiamente legittima difesa dell’Ucraina22.
3.1. L’invio delle armi fra legittima difesa e ripudio della guerra
Quanto testé osservato mi pare costituisca anche il sostrato di quel- la che è la “grande frattura”: fra coloro che sostengono l’invio delle armi (di cui all’art. 1 del decreto legge n. 16 del 28 febbraio 2022)23 e coloro che in nome della pace vi si oppongono.
È una frattura che attraversa il mondo della cultura in senso lato “di sinistra”, per tutti basti citare le posizioni favorevoli all’invio delle armi, fra gli altri, di Paolo Flores D’Arcais (direttore di MicroMega)24 e di Luigi Manconi25, contra, per limitarsi a qualche nome, Tomaso Montanari26, Donatella Di Cesare27, Carlo Rovelli28, ed è una frattura che segna le piazze.
Da un lato, vi sono le mobilitazioni, che in sintesi si possono definire “pro Ucraina”, spesso indette dalle istituzioni, o che vedono comunque una partecipazione anche istituzionale, e sono connotate da uno schieramento e da un appoggio che contempla anche l’invio di armi (come, ad esempio29, quella promossa il 19 marzo 2022 a Milano dal consiglio comunale, con l’illuminazione di giallo e blu dell’Arco della Pace; o, emblematicamente, quella di Firenze del 12 marzo 2022, Cities stand with Ukraine, con il collegamento del Presidente ucraino Zelensky30); dall’altro, i cortei pacifisti, che contestano l’invio di armi e l’aumento delle spese militari (a Milano, contestualmente al presidio ricordato, si svolge un corteo della sinistra radicale, dei collettivi studenteschi, dei centri sociali, Emergency, Arci, parte dell’Anpi e della Cgil31)32.
La prima posizione richiama l’orizzonte etico della “guerra giusta”, in nome della libertà e della democrazia, o dell’aiuto all’«inerme che soccombe»33, e, sul piano giuridico, la legittima difesa. L’invio delle armi, dunque, si situa come sostegno all’aggredito e alla causa della democrazia, quando non genericamente come difesa dei “valori” (occidentali)34; nonché legittimato attraverso l’evocazione di orizzonti resistenziali.
Ora, pur senza in questa sede approfondire il punto, non ci si può esimere da alcune brevi notazioni, in particolare in relazione al dato costituzionale, nella consapevolezza dell’impossibilità di ripercorrere, anche se solo per sommi capi, il dibattito sterminato intorno alla “guerra giusta” e limitandosi a rinviare ad altri in merito alla de-contestualizzazione e al carattere distorto del riferimento alla Resistenza35.
Il diritto internazionale insegna come non sia in discussione il diritto dell’Ucraina di esercitare la legittima difesa, ovvero «il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva», a fronte di un’aggressione, ovvero di un attacco armato, ai sensi dell’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite. Da non sottovalutare, peraltro, è anche quanto si precisa nello stesso art. 51, in coerenza con la volontà di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra»: «fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale».
La legittima difesa è associata alla previsione di un’azione da parte della comunità internazionale tesa al mantenimento o al ristabilimento della pace; un’azione che ai sensi della Carta dell’Onu prevede un ruolo incisivo del Consiglio di Sicurezza, il che, nel caso di specie, costituisce evidentemente un elemento di debolezza quanto al possibile ruolo delle Nazioni Unite, ma non esime tutti gli appartenenti alla comunità internazionale dal compito di ricercare una soluzione pacifica36.
Quanto all’Italia, i principi guida nelle relazioni internazionali sono «la pace e la giustizia» come obiettivi che attraversano trasversalmente le tre proposizioni dell’art. 11 Cost., fondano la partecipazione dell’Ita- lia alle Nazioni Unite e costituiscono la cornice nella quale si inserisce armonicamente il ripudio della guerra.
Il ripudio – forte – della guerra (basti ricordare come il termine «ripudia» fu scelto dai costituenti rispetto a «condanna» e «rinunzia» perché più «energico»)37, come noto, contempla solo l’eccezione della guerra di legittima difesa ed è inscindibilmente legato all’azione per la pace38: dunque, ne consegue per l’Italia l’obbligo di perseguire il “cessate il fuoco” e una soluzione pacifica, mentre l’invio di armi si configura come una forma di partecipazione alla guerra, in quanto tale vietata39. La doverosa solidarietà nei confronti del popolo ucraino aggredito – senza dimenticare che essa è/dovrebbe essere un principio universale, seguito nei confronti di tutti i popoli oppressi – deve seguire le vie della pace, in coerenza con la volontà di rifuggire, e non prolungare, la spirale di violenza e di sofferenza che la guerra reca con sé.
Il principio pacifista e, in esso, il ripudio della guerra rappresentano un controlimite a fronte di qualsivoglia consuetudine internazionale e obbligo internazionale volti ad estendere l’ambito della legittima difesa (rispetto all’attacco armato ad un territorio), vuoi introducendo l’ossimoro della guerra umanitaria vuoi l’aggressione mascherata della guerra preventiva vuoi ricorrendo ad una interpretazione “estensiva” della Responsibility to Protect.
Similmente può dirsi a fronte dell’esistenza di «una norma consuetudinaria che legittima l’aiuto»: se è indubbio che «le consuetudini internazionali hanno rango costituzionale, tramite l’art. 10, comma 1, della Costituzione» e che «non si può quindi considerare il dettato dell’art. 11 separatamente dalla lettura di queste consuetudini»40, non si può peraltro che rilevare come a fronte di una consuetudine internazionale operi il limite dei principi fondamentali41, fra i quali il principio di ripudio della guerra con il concetto stretto di difesa come unica eccezione e l’esplicito bando della guerra «come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Si aggiunga che nel caso di specie non si pone nemmeno la questione di un eventuale sostegno ad un membro dell’Alleanza atlantica (Trattato Nord Atlantico, 4 aprile 1949, art. 5) o dell’Unione europea (art. 42 TUE), non essendo l’Ucraina parte di nessuna delle due organizzazioni.
Il riferimento, dunque, è all’art. 11 Cost., mentre non sono perti- nenti l’art. 52 Cost., con la previsione della «difesa della Patria» come «sacro dovere del cittadino», o gli articoli 78 e 87 Cost., che trattano dello stato di guerra, stabilendo il ruolo di Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, in una prospettiva garantista e di equilibrio fra i poteri: tutte le norme citate trovano inderogabilmente attuazione solo all’interno dei confini delineati nell’articolo 11 (ovvero nell’ipotesi della guerra di legittima difesa)42.
Quanto alla partecipazione alla NATO, trattasi di un’organizzazione dalla quale discendono obblighi internazionali sulla base della sottoscrizione di un trattato internazionale, che si riferisce all’art. 11 Cost. (solo) in quanto è tenuto a rispettarne i parametri, a partire dal ripudio della guerra, con conseguente illegittimità dell’adesione nel caso di sconfinamento rispetto agli stessi (si pensi al Kosovo 1999, Iraq 2003, Libia 2011)43.
In altri termini: non è certamente la NATO, ma sono le Nazioni Unite l’organizzazione alla quale pensavano i costituenti quando ragio- navano di «limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni» (art. 11 Cost.) e pace e giustizia permeano, come detto, tutto l’articolo 11 costituendo un unicum con il ripudio della guerra, donde la simbiosi fra il principio pacifista e il principio internazionalista44. L’apertura alla comunità internazionale avviene all’insegna del ripudio della guerra e del perseguimento della pace: la partecipazione ad organizzazioni internazionali non solo non può giustificare deroghe al principio pacifista, bensì può avvenire solo se non determina una sua violazione.
Tornando alla posizione favorevole all’invio delle armi, si può ancora rilevare come la guerra in tal caso tende ad essere imputata alla Russia, senza discernere fra responsabilità del governo (di Putin) e il popolo russo (sottacendo, fra l’altro, il ruolo di una dissidenza repressa): il caso della lezione di Paolo Nori su Dostoevskij, cancellata (e ripristinata solo dopo lo scoppio del caso), all’Università Bicocca di Milano, è in tal senso emblematico45. È una mancata distinzione che esacerba la dicotomia amico/nemico e rischia di isolare chi, in uno stato autoritario, tenta comunque di esprimere il dissenso46.
La seconda posizione (contrarietà all’invio di armi), oltre che riflettere l’approccio della nonviolenza, si lega ad una interpretazione che valorizza il ripudio della guerra, ma anche il riferimento a «pace e giustizia» come obiettivo che connette le tre proposizioni dell’art. 11 Cost.
È una mobilitazione “contro la guerra” che, da un lato, muove dal rifiuto di ogni forma di violenza e dalla consapevolezza che il prosieguo delle ostilità non può che aggravare le sofferenze del popolo ucraino; dall’altro, esprime una condanna più marcatamente politica di un con- flitto inteso come espressione di una “guerra per procura” tra imperia- lismi, di una ristrutturazione geopolitica sui corpi dei cittadini ucraini.
Ad essere evocati sono, dunque, i due principi-obiettivi dell’art. 11 Cost.: la pace, con il ripudio della guerra, della violenza, delle armi, e con le azioni tese a perseguirla (nell’orizzonte del “si vis pacem para pacem”)47, e la giustizia, come parametro di comportamento e fine al quale mirare nella costruzione di una comunità internazionale. Pace e giustizia entrano in gioco separatamente ma altresì nel loro indissolubile nesso, che converge nel rifiuto della violenza che è insita in ogni forma di dominio, alias ingiustizia.
È un’“interpretazione costituzionale”, quella proposta, che rara- mente è articolata esplicitamente nelle mobilitazioni (pur, come anti- cipato, essendo tutt’altro che raro il richiamo all’art. 11 Cost.); è un’in- terpretazione, tuttavia, che affiora implicitamente dalle analisi e dalle parole d’ordine delle mobilitazioni per la pace, mostrando l’interioriz- zazione e l’affezione nei confronti del principio pacifista.
L’adesione al valore della “pace” trova una concretizzazione sia nell’insistenza della richiesta del “cessate il fuoco” e di una intensificazione degli sforzi diplomatici sia nelle proposte e nelle azioni di pratiche di interposizione nonviolenta o diplomazia dal basso: dall’idea di una marcia per la pace a Kiev48 alla creazione di corpi civili di pace, al richiamo al concetto di “città aperta”, non difesa49; come dagli appelli alla diserzione e alla proposta di indizione di una conferenza di pace nello spirito di Helsinki50.
Si manifesta quindi, come diretta attuazione dell’art. 11, nella prospettiva di una disobbedienza civile che evoca una resistenza nel nome della Costituzione, l’azione dei lavoratori portuali e aereoportuali che si rifiutano di caricare materiale bellico51.
Una visione irenica? Non si può non precisare che si ragiona di minoranze, in uno scenario aperto su un futuro sospeso fra terza guerra mondiale, estinzione nucleare e catastrofe ambientale, dominato da una assordante retorica bellica, che chiude lo spazio politico, scivolando sulla china dell’ossimorica democrazia senza conflitto, mentre gli imperialismi si scontrano in una competizione viepiù spietata: dunque, no, non è una visione irenica, semplicemente è un realismo non arreso.
3.2. La semplificazione binaria amico/nemico, il pensiero complesso e la democrazia conflittuale
Tornando alle mobilitazioni, un altro elemento che genera divisioni è la contestualizzazione della guerra, che si traduce nello slogan “né con Putin né con la NATO”: un tentativo di storicizzare e leggere l’aggressione all’Ucraina nella sua complessità52, sfuggendo alla logica semplicistica amico/nemico. E, nello stesso tempo, una condanna di tutte le guerre.
L’opposizione alla NATO è argomentata sia con il riferimento alla sua espansione ad Est sia con la sua metamorfosi da alleanza difensiva ad attore di interventi militari preventivi, “umanitari”, contro il terrorismo, etc.53: un mutamento, quest’ultimo, che chiama in causa l’articolo 11 Cost., nel senso che, tracimando dai compiti di difesa, il ricorso alla forza da parte dell’Alleanza atlantica travalica i confini dell’art. 11 Cost., violandolo, con conseguente illegittimità dell’adesione all’organizzazione stessa.
Ne conseguono, oltre le parole d’ordine “né con Putin né con la NATO”, contestazioni alle basi NATO: l’aeroporto militare di Ghedi con il suo arsenale di bombe atomiche, Camp Darby, Comiso (il 4 aprile ricorrono i quarant’anni dalla marcia contro l’installazione dei missili Cruise), Niscemi.
Sottotraccia, quindi, vi è la considerazione che, ferma restando la condanna di questa guerra e di chi (il governo russo) l’ha causata, il giusto orrore per le sofferenze del popolo ucraino perde in credibilità quando è espresso da chi ha promosso e condotto altre “operazioni speciali”, altrettanto foriere di atrocità.
La guerra in Ucraina appare come una “guerra per procura”, o per interposta persona54, fra imperialismi alla ricerca di una ristrutturazione degli equilibri, o squilibri, mondiali, in uno scenario che vede la vocazione egemonica degli Stati Uniti, e della NATO, che opera come in una riedizione estensiva della dottrina Monroe del 1823, con un’Europa viepiù schiacciata su posizioni atlantiste (politicamente ed economicamente), in un contesto multipolare, dove lo scontro, oltre che con la Russia, è con un soft power cinese che estende sempre più la sua influenza55. Una comunità, anzi una moltitudine, internazionale – si può chiosare – lontana dall’essere ispirata, «in condizioni di parità» (art. 11 Cost.), alla pace e alla giustizia e pervasa da una competitività per il dominio sempre più feroce. Eppure la sovranità statale – di tutti gli Stati –, come prevede l’art. 11 Cost. in relazione all’Italia, non dovrebbe essere pensata, e “agita”, come assoluta, ma soggetta ai limiti che assicurano la pace e la giustizia nel mondo, in aderenza a quanto stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite.
Da sottolineare è la difficoltà di proporre una contestualizzazione, una lettura all’insegna della complessità56: istituzioni e forze politiche hanno indossato un abito belligerante, che reprime ogni tentativo di analisi e di mobilitazione non appiattita sulla dicotomia “Russia criminale” e “Ucraina eroica”.
Ad essere colpita è la libertà – effettiva – di manifestazione del pen- siero, nel suo essere libertà di critica, di protesta e di dissenso, nel suo imprescindibile nesso con il pluralismo57, con le ricadute che ne conseguono in termini di costruzione di una democrazia effettiva.
La propaganda bellica espelle, tacciandole di tradimento, le opinioni non allineate, acutizzando, e dotandolo di un’aura etico-eroica, il moto omogeneizzante del pensiero unico neoliberista.
I «discordi» sono disposti «in un pulviscolo individuale e disorganico» e una sola forza, controllando gli «organi dell’opinione pubblica: giornali, partiti, parlamento», modella «l’opinione e quindi la volontà politica nazionale»58.
La semplificazione binaria amico/nemico, in chiave schmittiana, non appartiene all’orizzonte di una democrazia conflittuale e pluralista59. La militarizzazione del discorso pubblico acuisce il clima emergenziale e la criminalizzazione del nemico sperimentata nei confronti dei no vax, e, ancor prima, dei migranti, in un crescendo di omologazione culturale e distrazione dal conflitto sociale. Dietro l’immagine di uno scontro manicheo fra “Bene” e “Male”, fra democrazia e au- tocrazia60, viene occultata la realtà di una guerra per l’egemonia dove, tra i molteplici interessi in gioco, nel sovrapporsi di politica di potenza ed interessi economici, emerge la volontà di stroncare ogni possibile tentativo di creare un blocco europeo indipendente (un tentativo, invero, che una tentennante Europa non manifesta particolarmente), così come di indebolire il potenziale asse russo-cinese; con l’effetto collaterale di sviare l’attenzione da un modello economico accomunato da diseguaglianze e predazioni dell’ambiente, che proiettano l’umanità verso terrificanti distopie.
Chiunque intenda riflettere sul contesto geopolitico con un approccio storico e non artificialmente semplificato, chiunque voglia applicare le categorie del pensiero complesso, è tenuto a preventive giustificazioni di non appartenenza filo-putiniana61; così come il pacifista contrario all’invio delle armi è ritenuto un disfattista e una persona incurante della sorte degli ucraini62; il cittadino russo un “criminale” in quanto tale.
La figura del nemico compatta e, come anticipato, distoglie l’attenzione da diseguaglianze e disastri ambientali, arruola i cittadini in una guerra, in una visione del mondo, nella quale in realtà essi sono sudditi: non della loro emancipazione si tratta ma della competizione per il dominio di altri. E nemico dopo nemico, si approfondisce il solco della criminalizzazione e della repressione del dissenso.
Guerra ed emergenza quindi sono alleate del processo di verticalizzazione del potere, di ormai lungo corso e già accelerato con la gestione dell’epidemia di Covid-19, contribuendo a svuotare il senso della sovranità popolare e la democrazia politica63. L’esautoramento o auto-marginalizzazione del Parlamento è evidente nella risoluzione approvata il 1 marzo 2022 dall’Assemblea del Senato della Repubblica e dall’Assemblea della Camera dei deputati, che nel suo fraseggiare vago e indefinito configura una delega in bianco al Governo.
La guerra ridisegna la geopolitica degli Stati ma rimodella anche la de- mocrazia, comporta «una certa dose di militarizzazione della democrazia»64. La democrazia è vittima della guerra come pluralista e conflittuale, come terreno aperto all’espressione del dissenso, ed è vittima della guerra anche in quanto terreno di trasformazione sociale.
Da un lato, stanno il discorso dell’occultamento del conflitto sociale e delle sue potenzialità emancipanti attraverso l’arruolamento in una società unita contro il nemico esterno e la mobilitazione di risorse per la guerra a discapito di quelle destinate alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale. L’invio di armi, così come l’aumento delle spese militari, sono contro la pace e la democrazia sia in quanto espressione e veicolo di una cultura della guerra che restringe spazi politici sia in quanto sottraggono risorse alla costruzione di una democrazia sociale, mostrando, a contrario, anche sul piano nazionale la forza e la coerenza del legame fra “pace e giustizia”. Dall’altro lato, sta la considerazione che il dominio di una pro-
paganda bellica pervasiva si ripercuote sul passato, sul presente e sul futuro: «La prima intenzione del dominio spettacolare era far sparire la conoscenza storica in generale; e in primo luogo, quasi tutte le in- formazioni e tutti i commenti ragionevoli sul passato più recente»65. «Con la distruzione della storia l’avvenimento contemporaneo stesso si allontana immediatamente in una distanza favolosa, tra le sue narrazioni non verificabili, le sue statistiche incontrollabili, le sue spiegazioni inverosimili e i suoi ragionamenti indifendibili»66: con la “fine della storia”, scompaiono la critica e la prospettiva di cambiamento del futuro. Il controllo sul presente, attraverso la perdita della dimensione storica e della complessità, ipoteca la trasformazione del futuro.
La democrazia, dunque, si accompagna alla pace: è una forma di Stato che si fonda sull’espressione pacifica dei conflitti, è lo spazio dell’uguaglianza nel quale i diritti vengono garantiti e si perseguono emancipazione e giustizia sociale67; la guerra si accompagna alla sopraffazione, alla negazione del pluralismo e del conflitto, a violazioni dei diritti, alla diseguaglianza e al dominio.
È estremamente coerente, dunque, la Costituzione quando, attraverso il principio pacifista, trasla nella comunità internazionale la volontà di costruire una società uguale e giusta: «la dottrina democratica non è fatta per arrestarsi e per concludersi alle frontiere nazionali. È verità ormai troppe volte tragicamente scontata che totalitarismo e dittatura all’interno significano inesorabilmente nazionalismo e guerra all’esterno»68.
Riprendendo, infine, le fila del discorso sugli argomenti delle mobilitazioni, si può ancora notare come l’approccio “no alle guerre” al plurale è associato altresì ad un posizionamento nel versante solidarietà che rimarca come l’accoglienza debba riguardare tutti i profughi, sia nel senso di tutti coloro che fuggono dall’Ucraina (a prescindere dallo status giuridico e dal colore della pelle)69 sia in relazione ai potenziali rifugiati da altri conflitti o situazioni di violazioni dei diritti.
3.3. L’unione delle lotte e l’inscindibilità della democrazia politica, sociale ed economica
Un elemento interessante che si profila nelle mobilitazioni contro la guerra è la saldatura fra il “no alla guerra” (nella sua versione “no all’invio di armi” e “no alla NATO”) e le lotte sociali e ambientali70.
Ad unire è la consapevolezza dell’interdipendenza, espressa ad esempio nitidamente nel comunicato di lancio delle mobilitazioni nazionali del 25 marzo 2022 per la giustizia climatica e di “Insorgiamo” del 26 marzo 2022, a firma di Fridays For Future e Collettivo di Fabbrica-Lavoratori GKN Firenze: «Due giorni che sfidano ogni tentativo di contrapporre questione sociale e questione ambientale, e che si fondono idealmente in un’unica giornata di lotta… E visto che non esiste processo più inquinante della guerra – per il suo impatto ambientale e per come ridefinisce le priorità economiche e sociali dei paesi – il 25 e 26 marzo non potrà che essere anche una scadenza di lotta contro la guerra»71.
Si coniugano slogan pacifisti e temi ambientali, emancipazione nel mondo del lavoro e prospettiva femminista72, insistendo sulla stretta correlazione tra forme diverse di oppressione e dominio73 e, parallelamente, di connessione delle lotte. Si sfugge così alla trappola del nemico – migrante, no vax, russo, pacifista – sempre utile in chiave di distrazione e occultamento del conflitto sociale.
È la stessa consapevolezza – si può annotare – che lega nella Costituzione i differenti profili della democrazia, politica, economica e sociale, e che individua nel lavoro come strumento di dignità, emancipazione e partecipazione, un trait d’union74. Inequivoco è il legame fra democrazia – sociale – e pace; basti qui citare le parole di Teresa Mattei: «…accanto alla formula che delinea il volto nuovo, fatto di democrazia, di lavoro, di progresso sociale, della nostra Repubblica, accanto alla solenne affermazione della nostra volontà di pace e di collaborazione internazionale, accanto alla riaffermata dignità della persona umana, trova posto… la non meno solenne e necessaria affermazione della completa eguaglianza di tutti i cittadini…»75.
Il pacifismo – può aggiungersi – non è equidistante, ma sta “dalla parte degli oppressi”; come il costituzionalismo (democratico, moderno ed emancipante)?
Certo, non vi sono oggi quelle «enormi possibilità di convergenze e azioni comuni… attorno a questi obiettivi di pace, di libertà e di progresso», di cui ragionava, ad esempio, Enrico Berlinguer nel 196876, ma se «il pensiero ad pessimum è un migliore compagno di strada che non la piatta, cieca fiducia», resta anche «la speranza materialisticamente concepita», nel senso di Bloch, di un «ottimismo militante»77.
Nell’unione dei movimenti dal basso78, dalle lotte per il lavoro alle proteste per l’ambiente, dai movimenti territoriali79 al variegato mondo dell’associazionismo, nella loro capacità di pensare, creare e praticare alternative e costruire nuove forze sociali e politiche, sta una speranza, che si pone nel solco e in armonia con quell’utopia concreta che è la Costituzione del 1948.
I movimenti pacifisti esercitano spirito critico, esprimono la volontà di comprendere, in senso gramsciano, oltre la cappa di un’informazione monolitica, si propongono di scardinare una narrazione omologante, rifiutano il dominio e la diseguaglianza dei quali la violenza è estrema espressione: con questo mantengono viva la democrazia (conflittuale, pluralista e sociale) e agiscono “in direzione ostinata e contraria”. Il thatcheriano TINA (There Is No Alternative), con una eterogenesi dei fini, si avvera nel senso che non c’è alternativa se non una inversione di rotta rispetto alla razionalità neoliberista come modello economico, so- ciale, politico e antropologico; oggi, a differenza del passato, la caduta nella barbarie può essere senza alcun vichiano ricorso, concretizzando le più terrificanti distopie sull’estinzione dell’umanità per via nucleare o per gli effetti della catastrofe ambientale.
4. Il mutualismo fra movimenti e Costituzione
I movimenti, oltre ad essere un sintomo in sé della vitalità della democrazia80, sono soggetti collettivi che spesso esprimono una visione coerente con l’orizzonte costituzionale, come avviene nel caso del movimento per la pace; anche se, come osservato, la sedimentazione del principio pacifista non impedisce che la frattura sull’invio delle armi e sul ruolo della NATO si rifletta sull’interpretazione dello stesso, sino a proporre una ossimorica “via armata alla pace” o “pacifismo interventista”.
Il rapporto tra movimenti e Costituzione si può configurare come di mutuo appoggio: nel senso che i movimenti richiamano come orizzonte di legittimazione delle proprie posizioni l’art. 11 e in tal modo conferiscono forza alla Costituzione come paradigma di riferimento, contribuendo a creare quelle forze che possono – e sottolineo possono (il momento, come detto, non indulge certo a una facile fiducia) – consentire, per riprendere il titolo dell’incontro, la sopravvivenza del costi- tuzionalismo (democratico).
Nel “possono” si innesta la questione del senso di un diritto costi- tuzionale che, paradossalmente, diviene “di minoranza”, rappresenta l’alternativa, l’immagine della Costituzione antagonista81. Perché il costituzionalismo possa vivere necessita di forze politiche e sociali, di un «popolo»82, di una «classe trasversale» che lo “viva dal basso”83, esercitando, se del caso, pressione su partiti politici e istituzioni dimentiche della Costituzione84.
Nella risoluzione delle Camere del 1 marzo 2022, nei decreti legge 25 febbraio 2022, n. 14, e 28 febbraio 2022, n. 16, recanti disposizioni e misure urgenti sulla crisi in Ucraina, così come nelle Comunicazioni sul conflitto fra Russia e Ucraina del Presidente del Consiglio, è assente l’articolo 11 della Costituzione: che sia citato nelle piazze è un segno di speranza per la sopravvivenza del costituzionalismo, un segno che ha bisogno di diffondersi, per divenire quindi conseguente scelta politica.
Da quanto osservato, deriva anche un possibile ruolo per i costituzionalisti che ritengono il costituzionalismo moderno democratico una via concreta, già scritta e dotata della forza dell’higher law, se pur accantonata (la prassi di agire e decidere “come se la Costituzione non esistesse” dilaga ormai in tutti i campi): il compito è dialogare, “stare” nella società, favorire l’incontro tra le istanze del costituzionalismo e i movimenti che la attraversano, e il dialogo fra questi, il circuito politico-rappresentativo e le istituzioni.
Ai costituzionalisti anche il compito, e la responsabilità85, di ricordare il legame fra pace e democrazia (pluralista, conflittuale e sociale) e fra pace e giustizia (sociale e ambientale), perché la guerra cancella pluralismo e dissenso, semplifica e omologa artificialmente la realtà, concentra e verticalizza le decisioni. La guerra rappresenta l’estrema espressione, nella sua cruda e nuda materialità, di quel potere senza limiti che il costituzionalismo nella sua essenza contrasta e travolge la possibilità di espressione del conflitto sociale e le istanze di emancipazione.
Nonostante l’angoscia e il senso di impotenza di fronte alla guerra che si avvertono, come persone, e il disagio, come costituzionalisti per il pacifismo della Costituzione ignorato, resta che la via del costituzionalismo non solo può essere un valido orizzonte, ma, anzi, si rivela sempre più necessaria, perché la mancanza di limiti, la sfrenata libertà “privata” (invece di una libertà sociale), uno stato di natura globale hobbesiano, con le sue guerre endemiche e le sue diseguaglianze strutturali, con la competizione che si fa violenza armata, a fronte della minaccia nucleare e del baratro di una distruzione ambientale senza ritorno, pone sia la questione di “stare dalla parte dell’uguaglianza” sia quella di stare da parte della sopravvivenza. La sopravvivenza del costituzionalismo democratico moderno è questione di sopravvivenza?
1 P. P. Pasolini, Io so, Garzanti, Milano, 2019, p. 48 (riprende «Il Mondo», 27 marzo 1975, poi Paragrafo quarto: come parleremo, in Gennariello, Lettere luterane, 1976); nel passo a «disperata» segue «inutile», ma è un’inutilità che non si declina come rinuncia, bensì contestualizzata in una protesta, che esprime, con forza, l’amore per «gli uomini in carne e ossa» che subiscono il regresso e la degradazione.
2 Cfr., ex plurimis, P. Ceri, Movimenti globali. La protesta nel XXI secolo, Laterza, Roma-Bari, 2002; I. Ramonet, Il mondo che non vogliamo. Guerre e mercati nell’era globale, Mondadori, Milano, 2003.
3 Per primi riferimenti, si veda M. Köhler, G. Marcon, I pacifisti e l’Ucraina. Le alternative alla guerra in Europa, sbilibri 26, http://www.sbilanciamoci.info/ebook, Roma, marzo 2022, spec. pp. 96 ss.
4 R. Caillois, La vertigine della guerra, Città Aperta, Troina (EN), 2002 (citato in relazione alla guerra in Ucraina da M. Revelli, La vertigine della guerra e il fascino del gioco crudele, in Volere la luna, https://volerelaluna.it, 6 aprile 2022).
5 Manifesto Russel-Einstein, 9 luglio 1955.
6 R. LuxemburG, Zur russischen Revolution (1918), trad. it. La Rivoluzione russa, Massari, Bolsena (VT), 2004, p. 74.
7 G. Azzariti, I costituzionalisti al tempo di Babele, in Costituzionalismo.it, n. 2/2010.
8 I movimenti per la loro natura integrano un fenomeno refrattario all’incasella- mento in definizioni rigide e statiche (cfr. L. Caruso, Per una teoria dialettica del rapporto tra movimenti e sistema sociale: communitas, immunitas, individuazione e azione collettiva, in Partecipazione e conflitto, n. 3/2010, p. 129).
9 Cfr. The Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), https:// acleddata.com/
10 https://retepacedisarmo.org/le-reti-fondatrici-di-ripd/.
11 Segreteria nazionale ANPI, Comunicato “Condanniamo fermamente l’invasione dell’Ucraina”, 24 febbraio 2022 (disponibile in https://www.anpi.it/); G. Pagliarulo (presidente nazionale ANPI), Cuore caldo, mente fredda, in Patria Indipendente, 3 marzo 2022.
12 Comitato Direttivo Nazionale CGIL, Ordine del giorno, Roma, 10 marzo 2022 (disponibile in https://www.cgil.it/).
13 Sulla nonviolenza, cfr. almeno A. Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano, 1967.
14 I tre piani ad esempio si sovrappongono nell’iniziativa della carovana Mediterranea Safe Passage organizzata da Mediterranea Saving Humans (cfr. S. Alawia, E. Di Maula, Scappano dalla guerra, https://comune-info.net/, 24 marzo 2022) o nel convoglio che il 13 aprile 2022 ha raggiunto Leopoli nell’ambito della campagna Stop the War Now e, mentre si scrive, prepara altre presenze e carovane a Kiev, Odessa e Leopoli (M. E. Iacovone, Stop the war now. In carovana per dare supporto e chiedere pace, in Retisolidali. Storie di volontariato, https://www.retisolidali.it/stop-the-war- now-racconto/, 5 aprile 2022; E. Giordana, Dopo Assisi, i pacifisti a Kiev (e a Mosca), in il manifesto, 26 aprile 2022).
15 I. Diamanti, Sondaggi politici, preoccupati per la guerra gli italiani preferiscono la pace al condizionatore, in la Repubblica, 14 aprile 2022, che rileva come vi sia un consenso verso i provvedimenti contro la Russia, quali sanzioni economiche, rinuncia al gas e alle risorse energetiche di provenienza russa, «mentre il favore scende sensibilmente di fronte a iniziative che prevedano l’incremento di aiuti e spese militari»; secondo il sondaggio della società EMG del 6 maggio 2022 (presentato da L. Pregliasco, Propaganda Live, La7, https://www.la7.it/) il 58% degli italiani è contrario all’invio di armi pesanti all’Ucraina.
16 Cfr., ad esempio, Confederazione Unitaria di Base (CUB), Verso lo sciopero generale e sociale contro la guerra e l’economia di guerra, https://www.cub.it/, 2 aprile 2022.
17 Così Luigi Bonanate (F. De Ponte, L’esperto: “In arrivo una fase segnata da conflitto e declino dell’Occidente”, 18 marzo 2022, https://www.rainews.it/); cfr. l. Bonanate, La guerra, Laterza, Roma-Bari, 2011.
18 N. Sokov, Guerra nucleare: ecco perché può scoppiare, dibattito (con P. Barnard) organizzato da Scuola Capitale Sociale, 7 aprile 2022, disponibile in https://www.ra- dioradicale.it/ (la trascrizione del dibattito è altresì in https://volerelaluna.it/, 20 aprile 2022); M. Hirsh, Cosa vogliono gli Stati Uniti, in Internazionale, n. 1459, 6 maggio 2022, pp. 16 ss.
19 È abbandonato il principio “salus mundi suprema lex esto”, con l’accettazione del rischio del «suicidio dell’umanità attraverso la guerra termonucleare» (M. dogliani, Amica Ucraina, sed magis amica veritas, in Costituzionalismo.it, n. 1/2022, p. VIII).
20 Si ragiona della «libertà, propria di ciascun uomo, di usare come vuole il suo potere per la conservazione della sua natura, cioè della vita; e, di conseguenza, di fare tutto ciò che secondo il suo giudizio e la sua ragione riterrà essere il mezzo più adatto ad attuare quel fine» (T. Hobbes, Leviathan, or the matter, forme and power of a commonwealth ecclesiasticall and civill (1651), trad. it. Leviatano, a cura di T. Magri, Editori Riuniti, Roma, 1998, I, 14, p. 76).
21 «La prima e fondamentale legge di natura» consiste proprio – afferma Hobbes – nel «cercare la pace e conformarsi ad essa» (T. Hobbes, Leviatano, I, 14, cit., pp. 77-78)
22 Cfr. art. 51, Statuto delle Nazioni Unite.
23 Un invio che conosce un’escalation progressiva, che allontana la prospettiva di una soluzione diplomatica, e si accompagna ad un aumento delle spese militari.
24 P. Flores D’arcais, La pace si difende difendendo la libertà degli ucraini, in MicroMega on line, 2 marzo 2022; id., Un deserto chiamato pace?, in MicroMega on line, 5 marzo 2022; id., Massacri, resistenza, logica, in MicroMega on line, 12 marzo 2022 (tutti reperibili in https://www.micromega.net/).
25 l. Manconi, La resistenza armata è etica, in la Repubblica, 9 marzo 2022, pp. 1, 35.
26 T. Montanari, Il militarismo da divano farà strage di ucraini, in Il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2022.
27 D. Di Cesare, La nostra assurda campagna di Russia, in La Stampa, 9 marzo 2022, pp. 1, 27.
28 C. Rovelli, «Ecco perché penso che mandare armi a Kiev si rivelerà un errore», in Corriere della sera, 15 marzo 2022, pp. 18-19.
29 Può citarsi anche il caso della doppia manifestazione romana del 5 e 6 marzo 2022.
30 … una mobilitazione «interventista» (D. Di Cesare, Pace, Putin e Occidente. Il mio diverso parere, in La Stampa, 14 marzo 2022, pp. 1, 27).
31 Milano, due manifestazioni oggi per l’Ucraina: i pacifisti disertano la manifesta- zione di Beppe Sala, a cura di Redazione Milano Fanpage.it, 19 marzo 2022, https:// http://www.fanpage.it.
32 Significative sono le piazze del 25 aprile 2022, che «straripavano di una diffusa, popolare domanda di pace. Di pace, non di armi» (M. Revelli, Gli italiani scesi in piazza chiedono pace, non armi, in il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2022); nette parole contro la guerra e la «corsa al riarmo», contro le «leggi della violenza», contro la «logica amico-nemico», si leggono anche nell’appello della Marcia straordinaria Perugia-Assisi della pace e della fraternità, 24 aprile 2022, Fermatevi! La guerra è una follia.
33 l. Manconi, La resistenza armata è etica, cit.
34 Per una prima riflessione che sfata la narrazione della guerra per e contro la democrazia, cfr. M. Prospero, Ucraina, la nebbia deformante di una bolla ideologica, in Centro per la Riforma dello Stato, https://centroriformastato.it/, 2 aprile 2022.
35 Cfr. M. Revelli, Il virus della guerra – L’antidoto della memoria, in Volere la luna, https://volerelaluna.it/, 7 marzo 2022; A. Portelli, Perché è sbagliato il paragone con la Resistenza, in il manifesto, 11 marzo 2022.
36 Di «dovere di trattare» e di «responsabilità istituzionale dell’Onu» ad agire per la pace, ragiona l. ferrajoli, Pacifismo e costituzionalismo globale, in Questione Giustizia on line, 23 aprile 2022.
37 M. Ruini, Assemblea costituente, sed. pom. 24 marzo 1947; in argomento, per tutti, si veda (anche per ulteriori indicazioni bibliografiche), l. Carlassare, L’art. 11 Cost. nella visione dei Costituenti, in Costituzionalismo.it, n. 1/2013.
38 La pace è «non una mera aspirazione ideale, ma un risultato da costruire» (B. Pezzini, Per un ordine della sovranità disarmata, in Osservatorio AIC, n. 3/2022, p. 4).
39 Di «tipici connotati del dragging into war», a proposito dell’invio delle armi, ragiona C. De Fiores, Quel «ripudio» dimenticato, voluto dai resistenti, in il manifesto, 18 marzo 2022.
40 G. De vergottini, La Costituzione e il ritorno della guerra, in Osservatorio costituzionale, n. 3/2022, p. 19, che, quindi conclude: «L’art. 11, in altri termini, non vieta l’utilizzo della forza per prestare assistenza a uno stato che stia reagendo a un attacco armato. Limitandoci quindi a valutare il soccorso all’aggredito prestato tramite invio di armi questo appare conforme al diritto internazionale e quindi non contrario all’art. 11».
41 Per tutti, cfr. Corte cost., sent. n. 238 del 2014.
42 Si veda, per primi riferimenti, la Conferenza stampa del Presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, in occasione della Relazione annuale, 7 aprile 2022 (disponibile sul sito istituzionale della Corte costituzionale) e le annotazioni critiche di Gaetano Azzariti (A. Nocioni, Intervista a Gaetano Azzariti. L’idea che la pace si fa con la guerra stride con la nostra Costituzione, in il Riformista, 9 aprile 2022).
43 Sottolinea come non sia la NATO «l’organizzazione idonea a conseguire l’obiettivo supremo della pace e la giustizia tra le Nazioni», G. Azzariti, La Costituzione rimossa, in Costituzionalismo.it, n. 1/2022, p. II.
44 Insiste sull’unitarietà e la «profonda coerenza interna» dell’art. 11 Cost., l. Carlassare, L’art. 11 nella visione dei Costituenti, cit.; l’Autrice vede nel «tentativo di ricavare dalla lettura separata significati parziali non coordinati» il «preciso scopo di neutralizzare il valore forte del “ripudio”».
45 In proposito si segnala l’appello del Direttivo della Società per gli Studi sul Medio Oriente (SeSaMO), 2022 L’università nello stato di emergenza, 3 marzo 2022 (http://www.sesamoitalia.it/luniversita-nello-stato-di-emergenza/).
46 Cfr. la lettera degli scienziati russi contro la guerra in Ucraina, Open letter of Russian scientists and science journalists against the war with Ukraine, 24 febbraio 2022 (reperibile in https://t-invariant.org/en/); M. C. Franceschelli, Quella Russia contro la guerra, in Sbilanciamoci.info, 19 marzo 2022.
47 Donde, può aggiungersi, la guerra non è contemplata come «mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» e le stesse devono essere risolte attraverso la via diplomatica.
48 G. Merli, Casarini: «Caro Enrico Letta, andiamo a Kiev per fare la No Fly Zone con i nostri corpi», in il manifesto, 16 marzo 2022.
49 N. Paech, Come salvare le città ucraine, in Sbilanciamoci.info, 15 marzo 2022.
50 Si veda l’iniziativa organizzata da Alternative per il socialismo, Fondazione Basso e Fondazione CRS, Per una soluzione di pace, Roma, 5 maggio 2022; sulla proposta, cfr. G. azzariti, Una conferenza di pace, a Roma, sul modello di Helsinki, in il manifesto, 9 aprile 2022; id., Per fermare la guerra una nuova conferenza di Helsinki per la pace, in il manifesto, 5 maggio 2022.
51 Cfr. R. Chiari, Aeroporti di pace ma anche di guerra. E l’esercito è in allerta, in il manifesto, 16 marzo 2022; id., Allo scalo di Pisa la protesta contro i «voli di guerra», in il manifesto, 20 marzo 2022; sulla vicenda è stata presentata un’interpellanza a riposta orale indirizzata al Ministro della Difesa, a firma di Mantero, La Mura, Nugnes (Atto n. 3-03176, pubblicato il 17 marzo 2022, seduta n. 415).
52 Sull’Ucraina fioriscono ora le analisi, ci si limita qui a citare quanto scriveva già nel 2014 h. KissinGer, Henry Kissinger: To settle the Ukraine crisis, start at the end, in The Washington Post, March 5, 2014: «if Ukraine is to survive and thrive, it must not be either side’s outpost against the other — it should function as a bridge between them», e le parole di papa Francesco, quando si riferisce ad un «abbaiare della Nato alle porte della Russia», che avrebbe spinto Putin a reagire e a scatenare la guerra: «Un’ira che non so dire se sia stata provocata… ma facilitata forse sì» (l. Fontana, Intervista a Papa Francesco: «Putin non si ferma, voglio incontrarlo a Mosca. Ora non vado a Kiev», in Corriere della Sera, 3 maggio 2022); e, ex plurimis, a citare n. ChomsKy, Perché l’Ucraina. Interviste di C.J. Polychroniou e V. Nicolì, Ponte alle Grazie, Milano, 2022; Limes. Rivista italiana di geopolitica, n. 2/2022, La Russia cambia il mondo, e n. 3/2022, La fine della pace.
53 Definisce «proiettiva e non difensiva, espansiva e non soltanto reattiva», la strategia del nuovo atlantismo, D. Zolo, Chi dice umanità. Guerra, diritto e ordine globale, Einaudi, Torino, 2000, p. 61.
54 … ovvero «guerra indiretta» (così E. Morin, L’escalation della disumanità, in la Repubblica, 3 maggio 2022, che sottolinea come essa si sia progressivamente internazionalizzata e come rischi di allargarsi ulteriormente).
55 Una sintetica ma serrata argomentazione sul punto è in N. Chomsky, Perché l’Ucraina, cit.
56 Siamo in presenza di un «crollo della complessità» e di un «escalation del semplicismo» (E. morin, L’escalation della disumanità, cit.).
57 Di «salvaguardia della libertà di critica» ragiona M. volpi, La guerra in Ucraina e il costituzionalismo democratico, in Costituzionalismo.it, n. 1/2022, p. XI.
58 A. Gramsci, Quaderno 7 (VII), 1930-1931, in Quaderni del carcere, v. II, Quaderni 6-11 (1930-1933), a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino, 2014, par. 83, p. 915.
59 Si alimenta «la rivincita della visione schmittiana del combattimento su quella kelseniana del conflitto» (F. Pallante, La rivincita di Carl Schmitt su Hans Kelsen, in il manifesto, 16 aprile 2022).
60 … con l’annotazione che nulla togliendo al carattere autocratico del regime di Putin, imperfezioni, contraddizioni e ambiguità delle democrazie rendono difficili sovrapporle tout court al “Bene” (sulla democrazia come mera maschera, dietro cui si cela il governo dell’élite, si veda A. Di Giovine, Dal principio democratico al sistema rappresentativo: l’ineluttabile metamorfosi, in Rivista AIC, n. 1/2020, pp. 59 ss.).
61 Per tutti si citano gli attacchi subiti dall’ANPI per la sua posizione; cfr., ex multis, D. Conti, Attacchi all’Anpi, il default dell’informazione, in il manifesto, 22 aprile 2022.
62 «La prospettiva pacifista è messa al bando, ogni giorno c’è una lista di proscrizione con i nomi e i cognomi dei non allineati» (I. Dominijanni, L’escalation delle parole, in Centro per la Riforma dello Stato, https://centroriformastato.it/, 5 maggio 2022).
63 Sull’«assoluta emarginazione del Parlamento», in relazione alla guerra in Ucraina, cfr. M. Volpi, La guerra in Ucraina e il costituzionalismo democratico, cit., p. XIII; sul punto, cfr. altresì M. Benvenuti, Le conseguenze costituzionali della guerra russo-u- craina. Prime considerazioni, in Osservatorio costituzionale, n. 3/2022, spec. pp. 19 ss.
64 A. Asor Rosa, La guerra. Sulle forme attuali della convivenza umana, Einaudi, Torino, 2002, p. 205.
65 G. Debord, Commentari sulla Società dello spettacolo, 1984-1988, ed. Massari, Bolsena (VT), 2018, p. 40.
66 G. Debord, Commentari sulla Società dello spettacolo, cit., p. 42.
67 … al netto della consapevolezza dello iato fra ideale e reale e del carattere intrinsecamente dinamico della democrazia.
68 P. Calamandrei, Costituente italiana e federalismo europeo, settembre 1945, ora in Id., Opere giuridiche, III, Diritto e processo costituzionale, edizione Roma TrE-Press, Roma, 2019, p. 212.
69 Si vedano, invece, le distinzioni introdotte dalla decisione di esecuzione 2022/382 del Consiglio dell’Unione europea del 4 marzo 2022 (art. 2), con la quale, accertata l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina, in applicazione dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE si introduce un meccanismo di protezione temporanea; per un primo commento, cfr. C. Scissa, La protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina in UE e in Italia: alcuni profili critici, in Questione Giustizia on line, 31 marzo 2022.
70 Una sfida, invero impari, per il movimento per la pace sarà sviluppare una battaglia per la riconversione dell’industria bellica, nel momento in cui si aumentano ovunque le spese militari e si avvia una corsa agli armamenti.
71 https://fridaysforfutureitalia.it/fridays-for-future-e-il-collettivo-di-fabbrica-gkn-annunciano-due-giornate-di-mobilitazioni-convergenti-%ef%bf%bclo-sciopero-globale-del-25-marzo-per-la-giustizia-climatica-e-la-mobilitazione-naziona/. Sull’impatto ambientale della guerra, cfr. D. Averin, F. van der Vet, I. Nikolaieva e N. Denisov, La guerra in Ucraina è anche una catastrofe ambientale, Green European Journal, Belgio e in Internazionale, https://www.internazionale.it/, 3 maggio 2022.
72 Cfr. Non Una Di Meno, 8 marzo, sciopero contro la guerra, per il disarmo!, https://nonunadimeno.wordpress.com/, 7 marzo 2022.
73 Analoga consapevolezza emerge, fra gli altri, nel comunicato Contro la guerra, per la solidarietà globale del Committee of Relations of the International of Anarchist Federations, Marsiglia, 19-20 marzo 2022 (disponibile in https://federazioneanarchica. org/).
74 Sul lavoro come asse di una strategia di trasformazione della società, cfr. G. Bucci, La sovranità popolare nella trappola delle reti multilevel, in Costituzionalismo.it, n. 1/2008, 5; S. D’Albergo, Cultura giuridica, stato democratico e fascismo, in Aa.Vv., Per una analisi del neofascismo, in Quad. Democr. e Dir., n. 1, 1975, p. 104.
75 T. Mattei, Assemblea costituente, sed. pom. 18 marzo 1947 (che di seguito esplicita anche il legame con l’antifascismo).
76 L. Longo, E. Berlinguer, L’unità del movimento operaio, Editori Riuniti, Roma, 1968, p. 67.
77 E. Bloch, Il principio speranza (1959), trad. it. v. 1, Sogni a occhi aperti, Mimesis, Milano, 2019, pp. 234-235.
78 Alla necessità di combinare «la lotta contro la guerra con una mobilitazione permanente sui temi sociali ed economici, con una nuova lotta di classe» per «costruire in Europa una configurazione di forze capace di sostenere una politica mondiale di pace», che contrasti «la ricomposizione aggressiva e militarista», si riferisce s. mezzadra, L’Occidente va alla guerra, in EuroNomade, http://www.euronomade.info/, 1 aprile 2022; senza sconti sull’«impotenza in cui versa il movimento per la pace (non perché l’antimilitarismo sia sinonimo di passività, ma perché siamo pochi, confusi, e divisi)», ritengono che «oggi, soltanto un movimento per la pace immediata senza annessioni territoriali, autonomo dai governi nazionali e dai chiari tratti antimilitaristi, antinazionalisti e ambientalisti (contro il nucleare civile e militare), può nutrire la speranza di fermare questo conflitto, frenare la catastrofe imminente… e forse riaprire una nuova fase per le politiche di emancipazione», M. Quirico, G. Ragona, L’Apocalisse e il Leviatano: la guerra, la sinistra e la storia, in Volere la luna, https://volerelaluna.it/, 17 marzo 2022, che situano la loro riflessione nella prospettiva della ricerca e sperimentazione «di istituzioni politiche alternative allo Stato sovrano».
79 Sul punto, si rinvia a A. Algostino, I movimenti territoriali: una nuova manifestazione del conflitto sociale?, in Parolechiave, 60, Voice, dicembre 2018, pp. 35 ss.
80 U. Allegretti, Il Movimento internazionale come attore costituzionale, in Democrazia e diritto, n. 1/2004, spec. pp. 68-70.
81 A. Algostino, Settant’anni di “uso” della Costituzione: da patto sociale a progetto alternativo? Brevi note per un contributo al seminario di Costituzionalismo.it, in Costituzionalismo.it, n. 2/2018, pp. 123 ss.
82 La necessità di invertire la «crisi del demos», che «è il vero problema» (p. 255), è il fil rouge che percorre il volume di G. Azzariti, Diritto o barbarie. Il costituzionalismo moderno al bivio, Laterza, Roma-Bari 2021: occorre un popolo, consapevole e determinato, organizzato in forme politiche, che lotta per «un progetto di emancipazione e liberazione» (p. 52), «un popolo risoluto, non più governato dalle leggi del mercato, ma che operi autonomamente in base ai valori della Costituzione e per la loro realizzazione» (p. 125).
83 Sul concetto di classe trasversale sia consentito richiamare quanto precisato in A. Algostino, Costituzione o barbarie? Riflessioni intorno al volume di Gaetano Azzariti, Diritto o barbarie. Il costituzionalismo moderno al bivio (Laterza, Roma-Bari, 2021), in Osservatorio costituzionale, n. 6/2021, p. 567 s.
84 Ragionano esplicitamente di rimozione dell’art. 11 Cost. in relazione alle decisioni relative alla guerra in Ucraina G. Azzariti, La Costituzione rimossa, cit., p. I;C. De Fiores, Quel “ripudio” dimenticato, ma voluto dai resistenti, in Il manifesto, 18 marzo 2022; ad una «sconcertante assenza», si riferisce B. Pezzini, Per un ordine della sovranità disarmata, cit., p 3.
85 Si vedano le riflessioni sul ruolo del giurista di G. Azzariti, Il costituzionalismo moderno può sopravvivere?, Laterza, Roma-Bari, 2013, pp. 177 ss.
COSTITUZIONALISMO DEMOCRATICO MODERNO PUÒ SOPRAVVIVERE ALLA GUERRA?
Atti del Seminario di Roma della rivista “Costituzionalismo.it” , 1° aprile 2022 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “La Sapienza”.
https://www.youtube.com/watch?v=kzTpLzLhHzQ